La Femca Cisl lancia un appello contro il lavoro nero ed istituisce un ufficio per aiutare lavoratori e lavoratrici.
“Il lavoro nero non è una questione irrisoria. Esso danneggia i singoli e la collettività. – scrive la Femca Cisl – Da una parte,i lavoratori regolari,vedono la loro posizione indebolita a causa di una concorrenza sleale,mentre dall’altra parte,quelli irregolari non beneficiano delle prestazioni previdenziali,sociali e assicurative previste dalle leggi e dai contratti collettivi di lavoro. Alla collettività vengono sottratte,tramite l’evasione fiscale e contributiva,importanti risorse”.
Il segretario generale della Femca Cisl Gerardo Giliberti lancia un appello affinché tali situazioni emergano: «la nostra organizzazione mette a disposizione la propria sede e tutti gli strumenti necessari al fine di regolarizzare il lavoro sommerso,orientando l.imprenditore alla individuazione del contratto da applicare al lavoratore,ed è a disposizione di tutte le lavoratrici ed i lavoratori che vogliono essere aiutati ad emergere da questa loro condizione.
Invitiamo i lavoratori e tutte le lavoratrici a non aver timore poiché anche la cassazione ha portato un duro affondo contro chi sfrutta il lavoro in nero;infatti,il datore di lavoro che, approfittando della situazione di mercato con grande domanda è poca offerta di occupazione,paga i dipendenti sotto il minimo sindacale e viola le norme imposte dai contratti collettivi minacciandoli con la perdita del posto, rischia una condanna per estorsione. Lo ha stabilito la Seconda Sezione Penale della Corte di appello di Cagliari che, ribaltando l’assoluzione pronunciata in primo grado, nel 2003 li aveva condannati a tre anni di reclusione e 800 euro di multa per il reato di estorsione aggravata e continuata.
La suprema Corte ha invece condiviso le argomentazioni dei giudici di merito, che avevano ravvisato nel comportamento dei datori di lavoro un intento ricattatorio, elencando” tali e tanti comportamenti prevaricatori dei datori di lavoro in costante spregio dei diritti delle lavoratrici “(si pensi non solo all’erogazione di retribuzioni inferiori ai minimi sindacali e alla correlativa pretesa di far firmare prospetti-paga per importi superiori a quelli corrisposti, ma anche all’assenza di copertura assicurativa,alla mancata concessione delle ferie, alla prestazione di lavoro straordinario non retribuito,ecc.)
Da rendere evidente, con la stessa eloquenza dei fatti da un lato,che “gli imputati,al di là del ricorso ad esplicite minacce, si sono costantemente avvalsi della situazione del mercato del lavoro ad essi particolarmente favorevole ” e dall’altro che “il potere di autodeterminazione delle lavoratrici è stato compromesso dalla minaccia larvata,ma non per questo meno grave e imminente, di avvalersi di siffatta situazione».