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Città più inquinate d'Italia: c'è anche Salerno nel dossier Legambiente

L’aria è sempre più irrespirabile nelle città italiane. A conferma di ciò arrivano i dati scientifici di Mal’Aria di città 2016, il dossier annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico e acustico nelle città italiane. L’ultimo dossier, pubblicato pochi giorni fa, riporta i dati dell’anno 2015.

Anche Salerno è tra i capoluoghi d’Italia che hanno superato i limiti normativi.

Un dato confermato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nella sua classifica.

Delle 90 città monitorate dall’associazione ambientalista nella campagna PM10 ti tengo d’occhio, nel 2015 ben 48 (il 53%), hanno superato il limite dei 35 giorni di sforamento consentiti di Pm10. Le situazioni più critiche si sono registrate a Frosinone che guida anche quest’anno la classifica dei capoluoghi di provincia dove i giorni di superamento nel 2015 sono stati 115; seguita da Pavia con 114 giorni, Vicenza con 110, Milano con 101 e Torino con 99.

Dei 48 capoluoghi fuori legge il 6% (Frosinone, Pavia e Vicenza) ha superato il limite delle 35 giornate più del triplo delle volte, andando oltre i 105 giorni totali; il 33% lo ha superato di almeno due volte e il 25% ha superato il limite legale una volta e mezza.

Anche a livello regionale, la situazione non è delle migliori: in Veneto il 92% delle centraline urbane monitorate ha superato il limite dei 35 giorni consentiti; (in particolare quelle di Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza), in Lombardia l’84% delle centraline urbane (tutte quelle di Milano, Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Como e Monza), in Piemonte l’82% delle stazioni di città (en plein per le centraline di Alessandria, Asti, Novara, Torino e Vercelli), il 75% delle centraline sia in Emilia-Romagna (Ferrara, Modena, Piacenza, Parma, Ravenna e Rimini) sia in Campania (Avellino, Benevento, Caserta e Salerno).

Per quanto riguarda gli altri inquinanti, PM2,5, ozono troposferico, e ossidi di Azoto, il bilancio è relativo al 2014. Per il PM2,5 i capoluoghi di provincia Monza, Milano e Cremona hanno superato il limite del valore obiettivo di 25 µg/m3 di PM2,5 (erano 11 le città nel 2013 e 15 nel 2012).

Dati poco rassicuranti riguardano invece dall’Ozono: un terzo dei capoluoghi di provincia monitorati (28 su 86) ha superato il limite dei 25 giorni (dati 2014). Prime in classifica Genova e Rimini con 64 giorni di superamento, seguono Bologna (50), Mantova (49) e Siracusa (48). Particolarmente critica la situazione nell’area padana per le elevate concentrazioni di questo inquinante. Per gli ossidi di Azoto, sempre nel 2014, sono 10 i capoluoghi di provincia sui 93 monitorati (il 12%) che hanno superato il limite normativo (Torino, Roma, Milano, Trieste, Palermo, Como, Bologna, Napoli, Salerno, Novara).

Non fa eccezione Salerno. Che, anzi, è presente in bella vista sulla copertina del dossier insieme ad altre città italiane. Non è ai livelli, di Napoli o Avellino, ma la situazione va comunque tenuta sotto osservazione.

La classifica riporta il dato relativo alle centraline peggiori presenti in ciascuna città, che potremo definire gli hotspot dell’inquinamento. Ma rivolgendo uno sguardo più ampio sulle situazioni a livello regionale – analizzando le regioni in cui il problema è maggiormente diffuso – si evince come gli alti livelli di inquinamento siano spesso presenti su tutto il territorio:

 In Veneto il 92% delle centraline urbane monitorate ha superato il limite dei 35 giorni consentiti; in particolare tutte le centraline delle città di Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza hanno superato il limite a disposizione, mentre l’unica centralina di Belluno non ha superato il limite essendo stati registrati solo 8 superamenti nel 2015;

 In Lombardia l’84% delle centraline urbane ha superato il limite normativo; tutte le centraline urbane di Milano, Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Como e Monza hanno registrato oltre 35 giorni di superamento; solamente le centraline di Lecco e di Sondrio hanno rispettato il limite legale;

 In Piemonte l’82% delle stazioni di città hanno superato la soglia limite; en plein per le centraline delle città di Alessandria, Asti, Novara, Torino e Vercelli; una su due a Biella mentre si salvano Cuneo e Verbania dove non ci sono stati superamenti.

 Il 75% delle centraline in Emilia-Romagna e in Campania ha registrato più di 35 giorni di superamento della media giornaliera consentita durante il 2015; Ferrara, Modena, Piacenza, Parma, Ravenna e Rimini per l’Emilia Romagna e Avellino, Benevento, Caserta e Salerno in Campania hanno superato il limite nel 100% delle centraline urbane.

Città che hanno superato il limite 7 anni su 7: Alessandria, Asti, Benevento, Bergamo, Brescia, Cremona, Frosinone, Lodi, Mantova, Milano, Modena, Monza, Napoli, Padova, Parma, Pavia, Pescara, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Roma, Rovigo, Torino, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza.

Città che hanno superato il limite 6 anni su 7: Avellino, Biella, Bologna, Como, Ferrara, Novara, Palermo, Prato, Ravenna, Terni, Varese, Vercelli.

Città che hanno superato il limite 5 anni su 7: Cagliari, Firenze, Forlì, Lucca.

Città che hanno superato il limite 4 anni su 7: Ancona, Pordenone, Sondrio, Trieste.

Città che hanno superato il limite 3 anni su 7: Caserta, Cuneo, Lecco, Macerata, Perugia, Pesaro, Salerno.

Città che hanno superato il limite 2 anni su 7: Genova, Pisa, Pistoia, Trento.

Città che hanno superato il limite 1 anno su 7: Aosta, Arezzo, Bari, Latina, Siracusa1 , Taranto, Teramo, Udine.


Il biossido d’azoto

Il biossido d’azoto (NO2) è un gas irritante per l’apparato respiratorio e per gli occhi che può causare diversi problemi respiratori. E’ un sottoprodotto di qualsiasi processo di combustione avvenuto in presenza di ossigeno (dalla combustione che avviene nei motori a scoppio fino alle combustioni delle grandi centrali termoelettriche, compresa la legna che brucia nel camino). Altro elemento importante da tener presente è che gli ossidi di azoto sono considerati un precursore importante per la formazione di inquinamento atmosferico secondario (ovvero l’inquinamento che non si forma per emissione diretta dalle varie fonti ma per reazioni chimiche tra le sostanze già presenti nell’aria), in particolare per la formazione di particolato atmosferico e ozono.

Il biossido di azoto è un parametro utile a stimare la diffusione dell’inquinamento nell’intera città in quanto si prende in considerazione la media dei valori medi annuali registrati di tutte le centraline urbane, sia di traffico e che di fondo. I limiti stabiliti nel D.Lgs. 155 del 2010 prevedono, per il biossido di azoto, una concentrazione media annua massima di 40 μg/m3 ed un valore medio orario di 200 μg/m3 che non deve essere superato per più di 18 giorni all’anno.

Nel 2014 sono 10 i capoluoghi di provincia sui 93 monitorati (il 12%) che hanno superato il limite normativo, nonché raccomandato dall’OMS, di 40 μg/m3 come media annua, segnando un miglioramento rispetto agli anni precedenti (vedi tabella 3).

Nel 2012 i capoluoghi che avevano superato il limite erano stati il 24%, nel 2010 il 33%, nel 2008 il 40% e nel 2006 il 46%. Malgrado questo le medie in molte città sono ancora elevate, si arriva a 64 μg/ m3 a La Spezia, 52 a Torino, 49 a Roma e 48 a Milano.


Le altre tabelle




Numeri che si trasformano in rilevanti impatti sulla salute. Secondo le stime dell’Agenzia ambientale europea pubblicate nel 2015 (nel Report “Air Quality in Europe”), l’Italia per l’anno 2012 ha il triste primato legato alle morti per PM2,5 (circa 59.500) – in linea con i dati dell’anno precedente che ne attribuiva circa 60mila, l’Ozono (3.300) e gli Ossidi di azoto (circa 21.600).

Un intervento per la riduzione dell’inquinamento avrebbe effetti immediati anche su questi numeri. Li quantifica il progetto VIIAS (Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute in Italia), coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio con la collaborazione del l’ENEA, dell’ISPRA, delle ARPA e delle Università di Firenze, Urbino e “La Sapienza” di Roma.

Lo studio dimostra che al 2020, riducendo del 20% i livelli di PM2,5 nelle città italiane, si arriverebbe ad avere circa 10.000 morti premature in meno, e riducendo della stessa quantità le concentrazioni di ossidi di azoto all’incirca 15mila. Senza contare che in Italia i costi collegati alla salute derivanti dall’inquinamento dell’aria si stimano fra i 47 e i 142 miliardi di euro nel 2010. Dati che descrivono ancor di più l’urgenza di politiche concrete di miglioramento della qualità dell’aria.

Per Legambiente per contrastare in maniera efficace l’inquinamento atmosferico, è indispensabile un cambio di passo nelle politiche della mobilità sostenibile, potenziando il trasporto sul ferro, l’uso dei mezzi pubblici e la mobilità nuova, e rendere così le auto l’ultima delle soluzioni possibili per gli spostamenti dei cittadini. Oggi l’Italia continua ad avere il record per numero di auto per abitante: il tasso di motorizzazione arriva a 62 auto ogni 100 abitanti della città di Roma o ai 67 di Catania, contro le 25 auto ogni 100 abitanti di Amsterdam e Parigi o le 31 di Londra. Per l’associazione ambientalista è perciò indispensabile una strategia nazionale per la qualità dell’aria e un piano per la mobilità in città, accompagnato da studi accurati sulle fonti di emissione, eseguiti a scala locale e urbana, per pianificare le giuste politiche di intervento.

«L’emergenza smog – dichiara Rossella Muroni, la presidente nazionale di Legambiente – difficilmente si potrà risolvere con interventi sporadici che di solito le amministrazioni propongono in fase d’emergenza tra targhe alterne, blocchi del traffico, mezzi pubblici gratis, come avviene attualmente in gran parte delle città italiane, e senza nessuna politica concreta e lungimirante. Per uscire dalla morsa dell’inquinamento è fondamentale che il Governo assuma un ruolo guida facendo scelte e interventi coraggiosi, mettendo al centro le aree urbane e la mobilità sostenibile, impegnandosi per approvare a livello europeo, normative stringenti e vincolanti, abbandonando una volta per tutte le fonti fossili e replicando quelle esperienze anti-smog virtuose messe già in atto in molti comuni italiani in termini di mobilità sostenibile, efficienza energetica e verde urbano».

«Il protocollo firmato lo scorso 30 dicembre – continua Muroni – tra ministero dell’ambiente, rappresentanti di comuni e regioni, non è stato all’altezza del problema e il rischio è che si rincorra sempre l’emergenza senza arrivare a risultati concreti e di lunga durata. Per questo è urgente e indispensabile che l’Italia adotti un piano nazionale per la mobilità urbana, dotato di risorse economiche, obiettivi misurabili e declinabili. La priorità deve essere la realizzazione di nuove linee metropolitane e di tram, a cui devono essere vincolate da subito almeno il 50% delle risorse per le infrastrutture, da destinare alle città, dove si svolge la sfida più importante in termini di rigenerazione urbana e di vivibilità».

Mal’aria 2016

L’emergenza smog 2015, che nel mese di dicembre è stata al centro di una forte attenzione mediatica, non è stata di certo un fulmine a ciel sereno. Nel dossier Legambiente evidenzia come il superamento del Pm10 sia avvenuto già all’inizio del 2015: ad esempio Frosinone scalo, prima in classifica nel 2015, ha raggiunto il limite del 35° giorno di superamento il 16 febbraio scorso, Pavia e Torino, rispettivamente seconda e quinta in classifica, il 22 e il 27 febbraio e Milano il 10 marzo. Dati che lasciano pochi dubbi su come sia stata mal gestita fino ad oggi l’emergenza smog.

Confrontando poi i dati del 2015 con quelli raccolti da Legambiente negli ultimi anni, emerge come per il Pm10 il numero di città che ha superato il limite dei 35 giorni di sforamento consentiti (48 nel 2015) sia in linea con la media del numero di città fuorilegge degli ultimi sette anni (48 di media dal 2009 ad oggi). Inoltre le città coinvolte sono quasi sempre le stesse: ben 66 infatti compaiono almeno una volta nella classifica dei capoluoghi che hanno superato i 35 giorni ammessi e di queste ben 27 (il 41%) lo ha fatto sistematicamente 7 anni su 7.

Numeri che si trasformano in rilevanti impatti sulla salute: ogni anno l’inquinamento dell’aria causa oltre 400.000 morti premature nei paesi dell’Unione Europea. Fra questi, l’Italia ha uno dei peggiori bilanci in Europa: la Penisola detiene il record di morti per smog con 59.500 decessi prematuri per il Pm2,5 – 3.300 per l’Ozono e 21.600 per gli NOx nel solo 2012 (Dati Agenzia Europea dell’ambiente). Stime che potrebbero crescere esponenzialmente se come valori limite di riferimento per gli inquinanti si prendessero quelli consigliati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità; in base a questi valori dell’OMS, la percentuale di popolazione in ambiente urbano esposta a concentrazioni di polveri sottili dannose per la salute salirebbe dall’attuale 12% a circa il 90%; per l’Ozono si passerebbe dall’attuale 14-15% al 97-98%.

Legambiente ricorda poi che i danni alla salute della popolazione si traducono in costi economici dovuti alle cure sanitarie, che nella Penisola si stimano tra i 47 e 142 miliardi l’anno (dati riferiti al 2010). Ci sono poi i danni economici legati al mancato rispetto delle norme italiane ed europee sulla qualità dell’aria. Sono due le procedure d’infrazione contro il Belpaese, entrambe nella fase di messa in mora. La prima, la 2014_2047, avviata nel luglio 2014 riguarda la “cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e il superamento dei valori limite di PM10 in Italia”; mentre la seconda, la 2015_2043, avviata nel maggio 2015 riguarda “l’applicazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria ambiente ed in particolare obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (NO2)”.

Aria sempre più irrespirabile, ma anche città sempre più rumorose. Legambiente ricorda che in Italia sono quasi sei milioni (il 10% della popolazione) i cittadini esposti, negli ambiti considerati, al rumore prodotto dal traffico stradale a livelli giornalieri inaccettabili secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le persone esposte, invece, ad elevati livelli di inquiamento acustico durante la notte sono quasi cinque milioni. La risposta a questa situazione è però ancora del tutto insufficiente. Non per nulla l’Italia è in procedura d’infrazione, in stato di messa in mora, per il mancato rispetto della normativa comunitaria relativa ai livelli di inquinamento acustico, la Direttiva 2002/49/CE.

Le proposte

Tra le altre proposte che Legambiente rilancia a Governo, Regioni e amministrazioni locali, per liberare le città dallo smog e renderle più vivibili ci sono: quella di incrementare il trasporto su ferro con 1000 treni per i pendolari; incentivare la mobilità sostenibile attraverso, 100 strade per la ciclabilità urbana, realizzando un primo pacchetto di nuove corsie ciclabili all’interno dell’area urbana. Limitare la circolazione in ambito urbano dei veicoli più inquinanti (auto e camion) sul modello di Parigi.

Ed ancora prevedere, con una disposizione nazionale, l’estensione del modello dell’Area C milanese a tutte le grandi città con una differente politica tariffaria sulla sosta, i cui ricavi siano interamente vincolati all’efficientamento del trasporto pubblico locale. Fermare i sussidi all’autotrasporto per migliorare il TPL. (Nella legge di stabilità 2016 i sussidi all’autotrasporto sono 3miliardi di esonero sull’accisa e 250milioni di sconti su pedaggi autostradali). Vietare l’uso di combustibili fossili, con esclusione del metano, nel riscaldamento degli edifici a partire dalla prossima stagione di riscaldamento. Ridurre l’inquinamento industriale applicando autorizzazioni integrate ambientali (AIA) stringenti e rendere il sistema del controllo pubblico più efficace con l’approvazione della legge sul sistema delle Agenzie regionali protezione ambiente ferma al Senato da oltre un anno. Infine servono nuovi controlli sulle emissioni reali delle auto.

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