Si era appropriato di una foto osè di una amica minorenne «indebitamente» aveva scritto nella richiesta di rinvio a giudizio il pm Elena Guarino per diffonderla poi sul web. Per questo motivo il sostituto procuratore aveva chiesto al gup Donatella Mancini una pena severa: tre anni e otto mesi di reclusione. Ma ieri pomeriggio il giudice per l’udienza preliminare ha prosciolto dalle accuse il ragazzo, A.L, difeso dall’avvocato Danilo Laurino, ritenendo che i reati a lui contestati non sono imputabili.
E questo perché è vero che si è appropriato di una foto della ragazza ma essendo questo un bene immateriale (una fotografia presa dal cellulare) non sussiste ai termini di legge l’accusa di furto. Essendo poi la foto stata presa dopo che la stessa le ha dato in mano il suo cellulare, non può essere riconosciuto neanche il reato di pedopornografia. Anche perché si tratta di una sola foto.
Finisce così, dinanzi ad un giudice, un assurdo gioco tra ragazzi. Tra amici, quasi tutti coetanei. Anche se a lui, però, poteva costare una macchia sulla propria fedina penale soltanto perché da qualche mese maggiorenne. La vicenda ha inizio per caso. I due si ritrovano insieme ad un gruppo di altri ragazzi. Ad un tratto la ragazza da all’indagato il proprio cellulare chiedendogli di farle una foto in compagnia di un’amica.
Lui asseconda la sua richiesta. Poi, come spesso capita tra amici, inizia a sfogliare la gallery della sua camera fotografica per guardare e commentare le foto. Ad un tratto, però, ce ne è una che lo colpisce. È quella della sua amica in una posa particolare e quasi nuda. Il ragazzo non ci pensa due volte: si invia quella foto e poi, una volta tornato a casa, inizia a diffonderla prima tra gli amici e poi in rete.
Tempo qualche giorno e la vittima si rende conto di ciò che è accaduto. Capisce che quella foto che la ritrae un atteggiamenti diversi da quelli usuali è stata data in pasto a tutti gli altri amici e non solo a loro: che sta facendo il giro del web e diventando virale. Decide così di raccontare la storia ai suoi genitori i quali, per tutelare la ragazza, presentano una denuncia in procura.
Si apre un fascicolo, si sente il ragazzo che tentata di giustificarsi dicendo che voleva essere solo un scherzo e al termine della fase delle indagini preliminari, al giovane viene contestato il reato di pedopornografia (vista l’età minorenne della vittima) e appropriazione indebita (per aver preso da un cellulare non suo una foto non autorizzata).
Ieri, al termine dell’udienza preliminare, il proscioglimento da ogni accusa per il ragazzo. Secondo una ricerca di Save the children, il 43% dei ragazzi si fa foto osè. La cosa atroce che gli inquirenti hanno scoperto, invece, è che in Italia ci sono dei siti dove vengono pubblicate foto osè di ragazzine ignare. Foto spesso rubate e ad appannaggio soprattutto di coetanei, spesso su portali che consentono di interagire su ampia scala soltanto registrandosi con un nickname.
Fu proprio su uno di questi portali che una ragazzina di 14 anni ricevette insulti e commenti sgraditi e poi si tolse la vita, nel centro Italia, perché vittima del cyberbullismo.