Sono 4 le persone che sarebbero coinvolte nel furto delle opere d’arte di monsignor Scarano, poi rivendute al mercato nero di Roma. Si tratterebbe di Brando Pompili, 57 anni; Silvano Mazzoni, 31 anni; Sergio Piperata 59 anni e Davide Pompili, 59 anni. Per loro, tutti romani, il Sostituto Procuratore Elena Guarino ha chiesto un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, poi rigettata dal gip Massimiliano De Simone. Il Sostituto procuratore ha fatto ricorso in appello.
L’ipotesi d’accusa per i 4 romani è di furto in appartamento, ad accezione di Davide Pompili che risponde solo di ricettazione. L’accusa sostiene che il furto sarebbe stato organizzato dai 4 che avrebbero poi cercato di piazzare sul mercato nero le opere del religioso salernitano.
Tra le opere appartenenti al prelato ci sarebbero stampe, monili in oro, pezzi d’argenteria, sei litografie a colori di Giorgio De Chirico, una serigrafia a colori di Renato Guttuso, un olio su tela a firma di Eliano Fantuzzi, due oli su tela di Clemente Tafuri, una tecnica mista attribuita a Marc Chagall e un crocifisso in argento collocato all’interno di una cornice a intaglio, che gli esperti ritengono “verosimile riproduzione” di un originale realizzato da Gian Lorenzo Bernini e custodito in Vaticano. Un patrimonio che Scarano aveva valutato tra i 5 e i 6 milioni, a dispetto di quanto inizialmente stimato di circa un centinaio di migliaia di euro.
Dalle intercettazioni telefoniche sembrerebbe coinvolto anche Piperata, socio di Massimiliano Marcianò, ex amico del monsignore che lo accompagnava nei viaggi tra Salerno e Roma. In una registrazione Piperata confermerebbe di aver preso le chiavi di casa dall’auto di Scarano e di averle consegnate ai complici, da cui si dice “terrorizzato”. È lo stesso Marcianò a ricostruire tutto agli inquirenti: «Don Nunzio amava fare sfoggio della sua bella casa e decantava i quadri che vi erano contenuti».
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