SALERNO. Capi di accusa gravi nei confronti di un giudice e di un viceprefetto: frode processuale, falso ideologico e abuso d’ufficio. L’inchiesta della procura di Salerno, che vede coinvolte in tutto sei persone, tra cui anche un medico e due dipendenti comunali di Pontecagnano, è legata a una storia di paternità contestata. E all’incenerimento di una salma, dopo una morte naturale, mentre si stava svolgendo un processo che avrebbe potuto portare a chiedere un’analisi del Dna proprio su quel cadavere bruciato.
I fatti risalgono al 2011: una donna di 42 anni rivendica per sua figlia di dieci anni il cognome dell’uomo che, sempre secondo lei, sarebbe il padre della piccola. Il presunto padre aveva 30 anni in più della donna dalla quale aveva avuto la figlia. Fino a quel momento, ancora il presunto padre, aveva garantito le spese di sostentamento della ragazzina, ma senza mai comparire. Ma la bambina chiedeva di sapere chi era il padre. E a quel punto la donna si è decisa a muovere il passo verso il riconoscimento.
Ma durante questo procedimento, come racconta il quotidiano “la Città”, il presunto padre muore. La vicenda diventa complicata perchè subentrano la moglie e i due figli legittimi dell’uomo. Che si oppongono al riconoscimento e rifiutano anche il test del Dna sul cadavere del padre. Il Tribunale, alla fine, acconsente, ma nel frattempo la salma non c’è più perchè cremata. E tra gli indagati finisce anche la vedova dell’uomo.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno.