Dietro la morte della piccola Iolanda, si nasconde anche la difficile storia della madre Imma Monti: il padre e lo zio furono uccisi dalla camorra del clan Alfieri-Galasso.
Imma Monti: il padre fu ucciso dai Galasso
Il padre di Imma, Buonaventura Monti, fu ucciso con il fratello Matteo dal clan Alfieri-Galasso. Fu un caso di lupara bianca e i corpi furono ritrovati alcuni anni dopo in una fossa comune grazie alle rivelazioni del pentito Pasquale Galasso.
Il processo ribattezzato Maglio, con cinque volumi di ordinanza cautelare eseguita nel 1994, rappresenta un’enciclopedia della camorra, un complesso spaccato in grado di arrivare fino ai giorni nostri, con i clan in rotta, reinventati o scomparsi tra esecuzioni, ergastoli e, più raramente, morti naturali.
Tra gli indagati finiti in quei faldoni c’erano Franco Matrone, “Franchino a belva”, col boss Pasquale Loreto, suo sodale nell’omonimo clan cogestito. C’erano Giovanni Maiale di Eboli, l’angrese killer e usuraio Carlo Montella, il paganese Antonio Celano, i Moccia di Afragola, il boschese Alfonso Annunziata, il superkiller trasformista Geppino Autorino (catturato in Venezuela), Gennaro Brasiello, Catello Cioffi, il paganese Mario Cucitro, alias “Mario a’ tritola” (esperto di esplosivi), il boss della lamia Aniello De Vivo, “o’Russ” (morto in carcere), il boss dell’area Vesuviana Mario Fabbrocino (ribattezzato “O’Gravunaru”), Martino Galasso (Alias Ninuccio, trucidato nel 2005 a Sarno).
Tra gli episodi ricostruiti in quelle carte spuntano personaggi di primo piano, organici sia alla nuova famiglia di Alfieri che al gruppo del professore. In tanti, nel 1994, erano già morti, vittime della sanguinosa guerra che trasformò mezza Campania in un campo di battaglia.
Dagli imprenditori nocerini Antonio Sale e Gennaro Citarella, al numero uno del clan della lamia di Pagani, Giuseppe Olivieri, “Peppe Saccone,” ucciso all’ospedale di Cava nell’estate 1990.
Tra le centinaia di capi d’imputazione, decine di omicidi di spicco, dal ragioniere cutoliano Alfonso Rosanova a Ciro Nuvoletta, il torrese Luigi Limelli, i fratelli paganesi Matteo e Bonaventura Monti, con stragi eseguite da organizzati commando composti dai migliori assassini dell’organizzazione.
I fratelli Monti, dopo l’omicidio di Peppe Saccone, furono convocati, insieme a Mario Pepe, da Pasquale Galasso. Sequestrati, processati e buttati in una fossa comune in cima alla collina. Mario Pepe, usuraio di Nocera Inferiore, intuì la trappola e non si presentò.
Cosa che fecero i fratelli Monti di cui non si ebbero più notizie. Fino a quando, dopo il pentimento, Pasquale Galasso, non fece ritrovare le vittime della lupara bianca sotterrate in un terreno su una collinetta di Poggiomarino.