Dal 12 novembre 2002 al 19 febbraio 2003 , ma anche in tempi recenti, è stato un autentico “mito” della televisione italiana nonché personaggio ammirato e seguito da due generazioni di telespettatori ed amanti della televisione di costume: l’Uomo Gatto. Ma come ogni personaggio salito alla luci della ribalta proveniente da un’esistenza tranquilla e posata, anche lui ha una sua storia tutta da raccontare.
Oggi quarantasettenne, originario di Porto San Giorgio, Gabriele Sbattella (vero nome del nostro) prima di arrivare al noto programma di Canale 5 e di mutare identità assumendo le forme del felino musicofilo e musicologo, ha alle spalle un’esperienza di traduttore e di animatore turistico. Non rimpiange nulla di quanto fatto poiché si è sempre reso conto che tutte le sue attività, volute o capitatagli per caso sul suo cammino della vita, gli sono state provvidenziali per il suo dopo come una sorta di “pista di rullaggio” per l’identità del suo personaggio-alter ego.
Sarabanda ci ha consegnato, in un paio di anni compresi i suoi spin-off, un Uomo Gatto costruito su misura per un pubblico televisivo esigente ed amante del personaggio azzeccato per l’ambiente in cui si trova che per il suo gioco, un pubblico che ama le rivalità ed i personaggi, le liti e le risse televisive. Ma Sarabanda non era solo questo, tutto ciò faceva parte del gioco. Sarabanda era anche intuito, cultura, mettersi in gioco e Gabriele di tutto questo è stato campione per settantanove puntate, il terzo più presente in assoluto, diventando l’idolo di grandi e piccoli. Anche quando il motivo da indovinare era troppo arduo anche per gli esperti più raffinati, i suoi avversari hanno sempre fatto propria la massima del “mai dire gatto se non l’hai nel sacco”.
Gabriele, tu hai cominciato la tua carriera come traduttore. Quante lingue parli?
Inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese.
Secondo te, è possibile che sussista un legame che unisca la traduzione delle lingue allo scoprire una canzone dalle prime note?
Certamente. Personalmente sia nello studio delle lingue, sia nella traduzione che nell’applicarmi ad ogni puntata di Sarabanda ho messo il massimo della dedizione. Sia per tradurre le lingue che per diventare un talento musicale è essenziale lo studio, l’applicazione e soprattutto la serietà che unisce entrambe le cose. La passione è il lievito del tutto.
Dall’esperienza del villaggio turistico alla ribalta nazionale di Sarabanda. Puoi raccontare queste due tappe fondamentali della tua vita?
L’esperienza della televisione non è arrivata subito. Come ho già ricordato, sono laureato in Traduzione ed il mio percorso è cominciato con un’esperienza di lavoro come traduttore ed interprete. Non è stato per nulla facile; come succede a molti oggi, inviavo il mio curriculum e ricevevo la fredda, ipocrita frase del “Le faremo sapere” senza che nessuno si facesse mai vivo. Mi capitò poi, di sapere che un’agenzia era alla ricerca di un animatore turistico che fosse alla prima esperienza e che sapesse parlare le lingue, soprattutto il tedesco. Feci un colloquio presso un ‘agenzia a Pisa nel 1999 che mi fece fare uno stage sul versante veneto della Marmolada. Ricordo quelle esperienze come alcune tra le più belle e formative; mi sono divertito, formato ed ho conosciuto delle persone meravigliose.
Fu in quel periodo che Sarabanda entrò prepotentemente nella tua vita…
Dovevo andare a maggio 2002 ma avevo già firmato il contratto per una stagione in un villaggio ai Lidi Ravvennati. Fu questa una brutta esperienza lavorativa dovute alle cattiverie del capo animatore che fungeva anche da Capo Villaggio. per quanto riguarda Sarabanda avevo passato il secondo provino.
A volte occorre una brusca rottura per farci cambiare la rotta e a farci andare incontro al nostro reale destino. Come fu la causa della tua inversione?
Brusca e violenta. Questo Animatore provocava, scherniva, giunse ad alzare le mani contro di me. La vicenda si risolse in una diatriba giudiziaria al Tribunale di Ravenna che terminò, ricordo ancora, il 7 luglio 2005 con la causa vinta da parte mia. Era il giorno degli attentati di Londra. In contemporanea che ascoltavo le notizie di quella tragedia mi giunse la lieta notizia.
Ma questo episodio è posteriore alla tua notorietà. Tu nel 2005 eri già l’Uomo Gatto, il Campione di Sarabanda..
Cominciai ufficialmente a Sarabanda mercoledì 6 novembre 2002. Mi chiamarono a casa il pomeriggio dicendomi “Gabriele, probabilmente domani farai la tua prima puntata”. Avevo già fatto il provino e avevo avuto la sensazione che era stato soddisfacente, che avevo fatto una buona impressione. In quei tempo, il supercampione era Max, batterlo era impossibile. Per un appassionato di musica come me,mi sarei potuto accontentare di arrivare al “7 e 30”. Successivamente, mi accorsi che lui era teso, sbagliava le canzoni ed io le sapevo tutte! Ma mai, mai pensavo che sarei stato il primo a batterlo. Ricordo che prima del duello finale, tutto lo studio televisivo sentì la richiesta precisa che gli feci :”Caro Max, se devi battermi fallo con stile”..
Mettevi le mani avanti…
Si. Uno dei brani che ci proposero era “Passengers” di Elton John, che mi piace molto.
Abbiamo una passione in comune…
Mi fa molto piacere!
E così il personaggio dell’Uomo Gatto ha preso piede nell’immaginario televisivo italiano In questi anni Gabriele ed il “Gatto Man” (a proposito, chi non ricorda la sua sigla “Gatto Man” sulle note di “Macho man” dei Village People?), hanno messo e smesso i loro massi in diverse occasioni. Sei stato ospite a “Caduta libera”, il gioco condotto da Gerry Scotti su Canale 5…
Si, anche in quell’occasione mi sono divertito tanto. Gerry è davvero una brava e bella persona e poi è il simbolo di Mediaset. E lo sai? Anche in quell’occasione pensavo semplicemente di divertirmi, ma non di vincere. Ho sfidato Ferdinando Sallustio, un mostro sacro del telequiz paragonabile a Massimo Inardi di Richiatutto. A “Caduta libera” ho vinto undicimila euro, una tessera all’abbonamento alla Pay Tv ed un viaggio a Dubai togliendomi l’immagine di “campione sfigato”.
Ma il tuo personaggio come nasce? In tante puntate si può dire che è mutato? Anche lui, come Gabriele, ha vissuto un pezzo importante di storia della televisione italiana. Come vede l’Uomo Gatto la televisione di oggi?
Nasce da un Musical, in villaggio, ho interpretato “Old Deuteronomy”, il dio dei gatti, nel musical “Cats”. L’idea piace e così nasce il soprannome “Uomo Gatto”». Certo, il mi personaggio è cambiato, è mutato. L’Uomo Gatto oggi la televisione la guarda poco, o meglio, il giusto. Guardo molto i notiziari. Quello che mi disgusta davvero è il constatare che ancora esistono ed hanno successo quei programmi che possono solo offrire la cultura della rissa televisiva invitando personaggi che sanno fare solo quello. Io trovo davvero mortificante accettare un invito sapendo di essere cercato solo perché l’unica cosa che so proporre è una volgare “cagnara”. Recentemente mi ha molto impressionato la lite tra Fabrizio Corona ed Ilary Blasi. Ma una persona che sfascia un camerino messogli a disposizione dalla Mediaset come fa a non avere nemmeno una multa ed a non ricevere una porta in faccia dalla Produzione?
Anche tu, tuo malgrado, ti sei ritrovato nel mezzo di alcune risse televisive.Certo, era un altro stile ed un altro livello di programma. Tutti ricordiamo la tua acerrima rivalità con El Tigre, tuo storico sfidante. Ma chi era davvero El Tigre?
Mi ritrovai, nel corso delle puntate, ad avere a che fare con dei concorrenti che tutto facevano tranne che giocare. Era un continuo punzecchiarsi.Ero arrivato all’esaurimento. Ricordo che una sera dissi ai miei genitori, ai quali sono molti legato :”Cara mamma, caro papà, domani io nel corso della puntata di Sarabanda mi autoelimino”. Prevalse” la Rabbia e l’Orgoglio, citando una scrittrice che ho letto e studiato molto, Oriana Fallaci.
Cosa ti fece cambiare idea?
Una lettera che ricevo a casa. Dentro vi era la foto di un gatto che esce da una coppa di Champagne ed una lettera scritta da alcuni detenuti scritta di loro pugno che mi raccontavano che aspettavano con ansia le otto di sera per vedere Sarabanda. Era uno dei momenti della giornata loro preferiti, se non l’unico. Mi commossi e desistetti dall’abbandonare.
Fui tentato perché, credimi, si era arrivati a non distinguere più la civiltà dall’inciviltà. Qualche anno fa ho subito una pesante e velenosa campagna diffamatoria sui social da parte di un ex campione napoletano.Sia chiaro: Io non sono per nulla razzista, l’avrei condannato anche se fosse stato, per esempio, di Bologna o del Sud Italia; tra l’altro ho tantissimi amici nel meridione. Fu un caso assurdo anche perchè non gli avevo fatto niente. Questa campagna diffamatoria aveva colpito la mia famiglia e rischiò di minare anche la mia convivenza con una ragazza indiana. Avvertì questa persona dicendogli che se non avesse smesso sarei passato alle vie legali ed effettivamente ero intenzionato ad andare in fondo ma poi rinunciai perchè in me prevalse lo spirito pacifico.
Ripensandoci feci male perchè so che quella persona parla ancora male di me. Di lui non me ne curo perchè la sua è tutta invidia. La gente nemmeno si ricorda di lui. Io sono un signore a differenza sua e degli altri che stanno con lui.
Tutta colpa del misterioso El Tigre? O della “Donna Gufo?
El Tigre era un membro dello staff, è morto anni fa.
Sei, come abbiamo già detto, esperto musicologo oltre che musicofilo. Che musica ascolti e quale è il tuo giudizio sulla musica di oggi? Qual è il tuo giudizio sul Festival di Sanremo?
Secondo me il mondo della musica al giorno d’oggi è un grande ripescaggio ed un ritorno al passato. Un musicofilo come me che ha passato, come molti, ogni passaggio degli strumenti per ascoltare musica, dal vinile al walkman, dall’ipod al lettore mp3 conosce cosa si prova a sentire la puntina che si posa sul vinile..una sensazione unica; sentire la musica che ti concede emozioni.Non è solo commercio, è anche poesia. Per cui sono molto scettico riguardo le canzoni che “vanno di moda” o i pezzi più ascoltati. Certo, con le dovute eccezioni. Anche la moda non è altro che un ritorno.
Su Sanremo condivido una frase che mi rimase impressa pronunciata da Pippo Baudo” Il Festival di Sanremo è una festa nazionale. Se ne parla tutto l’anno, bene o male ma se ne parla. Gli italiani gli sono affezionati, come all’Inno di Mameli”.