CAPACCIO. I volontari, in gran parte migranti, coordinati dall’associazione One, oggi hanno cominciato a ripulire l’area del santuario di Santa Venere, un tesoro abbandonato nell’area retrostante l’ex stabilimento della Cirio.
La fabbrica per la lavorazione del pomodoro risalente all’inizio del Novecento, fu acquistata nel 2005 dalla Soprintendenza per circa tre milioni di euro. Nel 2007 fu presentato un progetto per ottenere un finanziamento che, però, fu negato.
La Soprintendenza ha dovuto combattere anche con chi forzava le porte di accesso per entrare dentro dove sono custoditi reperti archeologici rinvenuti durante gli scavi. L’ipotesi progettuale prevedeva il recupero dell’immobile moderno per destinarlo a sede museale di esposizione delle necropoli e dei materiali del territorio di Paestum, e a sede di servizi connessi con il parco archeologico. Con le poche risorse si è provveduto alla messa in sicurezza di una parte dello stabile, ma col tempo, il bene si è degradato ed ora necessita di una cifra considerevole per ristrutturarlo.
L’iniziativa “Riportiamo alla luce il santuario di Santa Venere” è stata lanciata dalla testata giornalistica Voce di Strada e accolta dal giornale La Città e dall’amministrazione. Con la bonifica si spera di rendere accessibile il sito il prima possibile.