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«L’Italia non crede più nella boxe», le scioccanti dichiarazioni del pugile sarnese

SARNO. Stando a quanto riporta il quotidiano “La Città”, Samuele Esposito, il pugile sarnese, racconta un po’ di cose mentre ci riprova ad acciuffare il titolo europeo dei superleggeri a Parigi: «A 11 anni, decisi di imparare a difendermi dai bulli di paese con l’aiuto della boxe», racconta, affermando di voler appendere i guanti al chiodo al termine di quest’ultimo incontro: «Dopo l’incontro, quasi certamente lascerò il pugilato. Ho pochi stimoli e le entrate ridotte di questo sport in Italia non mi permettono di continuare la carriera, avendo una famiglia con tre figli. Questo non è un paese per la boxe. Oggi al mio fianco, ci saranno mio fratello Luca Esposito, (anche lui un pugile), l’amico Francesco Marciano e il mio coach Desideri».
Raccontando, dunque, strascichi della sua onorata carriera: «Ero solo un bambino, quando per le vicissitudini che stavo attraversando, decisi di iniziare a fare pugilato in una palestra di Salerno. Era un modo per scaricare tutta la rabbia che avevo. Qualche anno dopo capì che l’ambiente della strada non era quello giusto per me. Stavo facendo scelte sbagliate, perché per difendermi dai bulli, diventai io stesso uno di loro. Un piccolo spaccone che ammirava la gente della malavita. Cosi, dentro di me si realizzò l’idea che dovevo diventare un campione ed uscire sui giornali per cose buone». Si confida Samuele, «All’età di 17 anni feci il mio primo incontro dilettantistico, vinsi per ko alla terza ripresa. Da li ebbi accesso alle gare interregionali, mentre continuavano i miei momenti di alternanza tra strada e palestra, in cui la mia rabbia cresceva. Io non volevo vincere, volevo buttarli giù. Arrivare ai punti per me era una sconfitta».

Ed è per questo che una leggenda come, Mike Tyson, ha ispirato l’orgoglio dell’Agro «Aveva un modo di boxare che a molti sembrava puramente aggressivo, ma in realtà era molto tecnico. Mi sono sempre visto in lui, per il carattere e l’aggressività e perciò l’ho tatuato sul braccio». A termine di una carriera dilettantistica, Samuele diviene professionista nel 2008. «Mi allenavo da solo in una stalla, mentre la mattina facevo il muratore. In quel periodo ebbi un’ottima occasione durante l’estate quando sono in pochi i pugili ad allenarsi. Così, come una ruota di scorta, fui chiamato a fare un incontro a San Prisco con un altro pugile, Antonio Santoro. Ricordo ancora quell’atmosfera ostile, tra 5 mila spettatori, dove tutti mi urlavano contro che Santoro mi avrebbe surclassato e non avrei avuto scampo. Ma salito sul ring, dopo venti secondi lo stesi per knock-out. Da li a poco arrivai nel professionismo» ripercorre il passato con accuratezza Esposito, che da quell’anno ad oggi, ha combattuto ben 24 incontri, perdendone solo tre. «L’incontro con Sandor Martin per il titolo europeo nel 2015 è stato un grande rimpianto, una vera è propria mazzata sul mio morale. Il mio coach era troppo sicuro che io avrei vinto. Cosi non preparammo al meglio il match e non studiamo bene l’avversario. Arrivato sul ring avevo di fronte un altro pugile da quello che mi aspettavo.Era troppo veloce e mi sfuggiva in continuazione». Ed ora, dopo averci riprovato nel 2014 e nel 2015, Samuele Esposito si dice molto più in forma rispetto al passato e affronterà con coraggio Frank Petitjean.«Adesso sono al 100%, sia atleticamente che mentalmente. Insieme al mio nuovo coah Emilio Desideri, abbiamo studiato bene l’avversario». Infine, l’addio pare quasi certo.

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