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Nocera, lacrime dei carcerati a scuola: “Ragazzi la vita è una sola, non sprecatela”

NOCERA INFERIORE. «Mia figlia ha fatto diciott’anni senza di me. Mio figlio si è operato io non c’ero. Quante cose mi sono perso. Ragazzi la vita è una. Il tempo non si recupera, non sprecatelo».

Lacrime dei carcerati a scuola: i dettagli

È con queste parole ed un velo di lacrime negli occhi che uno dei tre detenuti accolti, nel corso di un incontro tra detenuti e studenti organizzato dalla la professoressa Marianna Giugliano e la direttrice dell’Icatt Rita Romano, questa mattina alla scuola “Fresa – Pascoli” di Nocera Inferiore si rivolge agli alunni cercando di dargli una lezione e raccontargli la propria vicenda.

I tre detenuti, infatti, sono usciti, grazie ad un permesso, dal penitenziario di Eboli questa mattina alle 8.

Si trovano, infatti, all’Icatt di Eboli e lì hanno avuto la possibilità di seguire un percorso di reinserimento sociale che li porterà ad allontanarsi il più possibile dalla delinquenza una volta scontata la loro pena.

Le parole dei carcerati

«Sentiamo una responsabilità incredibile – dichiara uno di loro secondo quanto riporta Corriere.it – perché vorremmo spiegare a questi ragazzi che noi abbiamo commesso degli errori, che abbiamo fatto del male a delle persone, che abbiamo rovinato vite e ci siamo rovinati la vita . Noi siamo fortunati perché dopo aver scontato anni di carcere in istituti di pena che erano un inferno, oggi siamo all’Icatt di Eboli, un posto che ti cambia la vita, dove capisci che hai scelto la strada sbagliata e hai vicino persone come la direttrice e le guardie penitenziarie che restituiscono una dimensione umana anche alla detenzione.

Abbiamo letto tante notizie di cronaca che parlano di un aumento della criminalità giovanile e forse è utile oggi andare a portare la nostra testimonianza a chi è in un’età fragile ed può essere a rischio».

La speranza di non tornare mai più alla vecchia vita

Tutti e 3 sperano in un’occasione, la possibilità di avere un lavoro che li tenga lontani dalla vecchia vita, un lavoro qualsiasi, ovunque, in qualsiasi parte d’Italia.

«Noi che lavoriamo in carcere viviamo una grande frustrazione – spiega la direttrice del penitenziario di Eboli Rita Romano – quella di lavorare tanto insieme ai detenuti per fargli capire che c’è un’altra strada. Ma quando li lasciamo, quando escono cosa fanno? Quanto resisteranno senza lavoro prima che tornino a delinquere? Se dovessero tornare in prigione io non mi scandalizzerei come fanno tanti benpansanti. Siamo tutti coinvolti, come dice De Andrè, e sarà colpa anche nostra».

Alla fine della giornata, mentre si avviavano all’auto che li avrebbe riportati in carcere i detenuti parlando tra loro hanno detto: «Ne sarà valsa la pena se già solo uno di questi ragazzi, ripensando a questa giornata e alle nostre parole, sceglierà di non lasciarsi trascinare nel momento in cui la vita potrebbe portarlo a commettere un reato o a prendere la droga.

Se sceglierà di non farlo e ripensando a tutto questo, dirà quello che non abbiamo detto noi alla loro età: io sono meglio di così, io valgo di più. In quel momento si salverà lui e ci salveremo anche noi. Almeno per un piccolissimo pezzo della nostra vita sbagliata».

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