Omicidio Angelo Vassallo, oggi lunedì 11 novembre altra giornata di interrogatori. Le pressioni di Cagnazzo sul custode giudiziario degli impianti di benzina e i timori dell’ex pentito: «Sai con chi sono? Se tra sei ore non rientro avvisa i miei figli». Lo riporta l’odierna edizione del Mattino.
Omicidio Angelo Vassallo, oggi altra giornata di interrogatori
Oggi si svolgeranno gli interrogatori delegati per Lazzaro Cioffi e Romolo Ridosso, entrambi già detenuti per altri reati e attualmente coinvolti in un caso che li vede accusati di omicidio nei confronti del sindaco pescatore Angelo Vassallo, ucciso a Pollica la notte del 5 settembre 2010. Cioffi potrebbe decidere di avvalersi del diritto di non rispondere, mentre Ridosso, ex pentito di Scafati assistito dall’avvocato Michele Avino, potrebbe fornire la sua versione dei fatti. Ridosso, ex collaboratore di giustizia considerato vicino al clan Fezza De Vivo, ha sempre presentato racconti contraddittori e, insieme al figlio Salvatore, ha cercato di allontanarsi da quel contesto. È Antonella Mosca, la sua compagna, a fornire agli inquirenti, nel corso degli anni, una versione dei fatti che in parte coincide con quella del suo compagno di carcere, Eugenio D’Atri. Quest’ultimo è detenuto in un’altra regione per associazione a delinquere di tipo camorristico e per un omicidio avvenuto nella zona di Somma Vesuviana. Insieme, raccontano i dettagli di quei giorni, sia quelli precedenti all’omicidio che quelli successivi.
Il sopralluogo
Nel 2014, Salvatore Ridosso, figlio di Romolo, ha raccontato agli investigatori del viaggio ad Acciaroli, avvenuto uno o due giorni prima dell’omicidio di Vassallo. Si trattava di un sopralluogo per esplorare le “strade” legate al delitto e verificare la presenza di telecamere di videosorveglianza. Nel corso delle indagini, sotto la direzione del procuratore capo Giuseppe Borrelli, è emerso che i “sopralluoghi” effettuati sarebbero stati almeno due. Tornando al racconto del figlio del boss, quel giorno in auto si trovavano Salvatore Ridosso (indagato in un altro filone riguardante la droga, ma non soggetto a misure cautelari), il padre Romolo e Giuseppe Cipriano, noto come Peppe dell’Odeon.
I Ridosso, stando a quanto emerso dalle indagini, avrebbero cercato di inserirsi nel traffico di affari illeciti di Cipriano, dove, secondo la testimonianza diretta della Mosca, erano coinvolti anche i due carabinieri attualmente arrestati, Fabio Cagnazzo e Lazzaro Cioffi. Cagnazzo, come sottolinea la donna nelle sue dichiarazioni, ricopriva un «ruolo dirigenziale». I tre si recarono nella località costiera cilentana alcuni giorni prima dell’omicidio, poiché Peppe dell’Odeon avrebbe dovuto incontrare qualcuno. Tuttavia, secondo quanto riferito da Salvatore, quell’incontro non avvenne. Ridosso figlio ha rivelato che, dopo aver appreso dell’omicidio del sindaco pescatore, lui e il padre si sentirono in allerta, convinti di essere stati coinvolti in una trappola da parte della persona che li aveva condotti ad Acciaroli; in realtà, non avevano alcun legame con il delitto. Per quanto riguarda le ragioni dell’omicidio, Salvatore Ridosso ha dichiarato agli investigatori che Vassallo aveva scoperto un traffico di droga che si svolgeva via mare, a bordo di imbarcazioni in partenza dal porto di Castellammare di Stabia. La sostanza stupefacente veniva prelevata nelle aree di Secondigliano da alcuni membri del clan Amato-Pagano, caricata sulle barche e diretta verso il porto di Acciaroli. Successivamente, la droga sarebbe stata distribuita in Calabria e nel Cilento.
Gli affari
Dopo l’omicidio di Vassallo, Romolo Ridosso viveva nel timore. La sua compagna, Antonella Mosca, ha confermato questa paura. Ridosso temeva che, essendo a conoscenza dei fatti, potesse essere eliminato anche lui. Ogni volta che riceveva una chiamata da Cioffi o dal «maggiore» (Cagnazzo, che in quel periodo ricopriva quel grado), si sentiva in ansia. Tanto che si raccomandava con Antonella dicendo: «Hai capito con chi devo incontrarmi? Se non torno entro sei ore, avvisa i miei figli». Secondo la Mosca, i legami tra Ridosso e i due carabinieri erano molto stretti, non solo per la gestione condivisa di un distributore di benzina, ma anche per il rapporto di «muta assistenza» che Cioffi e Cagnazzo offrivano allo scafatese, come riportato dal gip. Cagnazzo era attivamente coinvolto nella creazione di una rete di distributori organizzata da Cioffi, collaborando con un amico commercialista di Caserta, che fungeva da amministratore giudiziario per 130 impianti a marchio «Ewa». Secondo Mosca, Cagnazzo si era dedicato personalmente a garantire che il suo compagno potesse gestire almeno tre di questi impianti.