Emergono nuovi particolari nell’inchiesta sull’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso nel 2010 perché aveva scoperto un imponente traffico di droga. Il primo cittadino aveva denunciato la scoperta a un ufficiale dell’Arma di Agropoli del quale si fidava molto: con lui aveva fissato un appuntamento, in programma il giorno dopo il delitto.
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Omicidio di Angelo Vassallo a Pollica, i nuovi dettagli nell’inchiesta
Stando a quanto ricostruito dalle indagini della Dda di Salerno, ci sono alcuni aspetti che gli stessi magistrati hanno definito “inquietanti”. L’elemento più evidente – come scrive anche Il Corriere della Sera – è una telefonata senza risposta, esattamente due minuti dopo l’omicidio del sindaco pescatore, fatta dal carabiniere Luigi Molaro al tenente colonnello Fabio Cagnazzo. Un segnale, ritengono gli inquirenti che hanno perquisito le abitazioni di questi due militari e del terzo carabiniere indagato, Lazzaro Cioffi.
La telefonata due minuti dopo il delitto di Vassallo
Due minuti dopo l’omicidio con 9 colpi di pistola del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, sul telefono del tenente colonnello Fabio Cagnazzo arriva una telefonata da parte del carabiniere Luigi Molaro, all’epoca suo braccio destro, rimasta senza risposta; subito dopo i due si incontrano a cena e poi comincia la loro presunta attività di “sviamento delle indagini”.
I rapporti di Cagnazzo con gli imprenditori
Il tenente colonnello Cagnazzo, emerge dall’inchiesta, era un “grande amico” dei fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino, imprenditori di Acciaroli e ritenuti parte attiva nel traffico di droga la cui scoperta da parte del ‘sindaco pescatore’ gli sarebbe costata la vita. Cagnazzo, si legge negli atti dell’inchiesta, “aveva indirizzato in varie occasioni presso la struttura alberghiera ‘Tre palme’ dei Palladino le famiglie di collaboratori di giustizia appartenenti a clan camorristici del napoletano“. Inoltre, avrebbe agevolato un progetto imprenditoriale dei tre, riguardante la gestione di alcune pompe di benzina, consigliando loro di coinvolgere anche il suo fidato carabiniere Cioffi. La cosa che insospettisce gli inquirenti è quello che viene definito l’ “attivismo” di Cagnazzo e Molaro, ufficialmente in vacanza ad Acciaroli, subito dopo l’omicidio di Vassallo.
Cagnazzo, infatti, si trova sul luogo del delitto al momento dei rilievi effettuati dalla polizia giudiziaria competente; sente “informalmente” un possibile testimone (un altro carabiniere che viveva lì vicino) e poi, insieme a Molaro, si impossessa delle registrazioni delle telecamere di sorveglianza di un esercizio commerciale: riprese utilizzate, secondo l’accusa, “per indirizzare le attività investigative” nei confronti di uno spacciatore che con l’omicidio non aveva nulla a che fare.
Il depistaggio delle indagini
Secondo la Dda di Salerno è un’attività che nel suo complesso costituisce un “palese travalicamento delle proprie competenze da parte dell’ufficiale e del suo ex subordinato” e che, “allo stato degli atti, appare di oggettivo depistaggio delle investigazioni”.
Un depistaggio, però, che non sarebbe stato improvvisato dopo l’omicidio ma studiato a tavolino, “preordinato”, appunto. A sostegno di questa ipotesi gli inquirenti collocano, tra l’altro, “i dati inquietanti costituiti dalla chiamata rimasta senza risposta ricevuta da Cagnazzo alle ore 21.14 del 5 settembre 2010, proveniente dal carabiniere Molaro, con il quale egli si sarebbe unito pochi istanti dopo per partecipare ad una cena”.
Tutto ciò, “in perfetta coincidenza temporale con l’agguato al sindaco (esattamente due minuti dopo)” ed anche con una “aggressione intimidatoria posta in essere dall’ufficiale nei confronti” di un personaggio che aveva frequentato assiduamente Vassallo nei giorni precedenti l’uccisione e che, subito dopo, aveva riferito a più persone che il sindaco aveva scoperto il traffico di droga in cui i fratelli Palladino e Cagnazzo sarebbero stati coinvolti (l’uomo venne “picchiato violentemente ad Acciaroli” il 10 ottobre 2010). Queste circostanze, scrive sempre la Dda, “lasciano allo stato ritenere, sul piano indiziario, la possibilità che il successivo intervento depistatorio realizzato dal tenente colonnello Cagnazzo e da Molaro potesse essere stato preordinato, con evidenti ricadute in tema di loro responsabilità quanto al reato di omicidio volontario”.
Chi sono gli indagati per l’omicidio di Angelo Vassallo
Al momento sono 9 le persone indagate. Tre carabinieri: il tenente colonnello Fabio Cagnazzo, l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi e Luigi Molaro. Quattro invece gli imprenditori coinvolti: Giuseppe Cipriano, titolare di una sala cinematografica a Scafati, e i fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino, titolari di un hotel ad Acciaroli. Due persone sono ritenute dagli inquirenti legate a un clan camorristico della provincia di Salerno: Romolo e Salvatore Ridosso.
La droga da Secondigliano
La Procura di Salerno ha anche ricostruito il sistema del traffico di stupefacenti che aveva trasformato Pollica e Acciaroli come basi – lontane dalle grandi direttrici controllate – per far arrivare la droga che poi avrebbe invaso gran parte della costa sud dell’Italia: dal Cilento fino alla Calabria. Gli approvvigionamenti avvenivano a Napoli, a Secondigliano, nella roccaforte dell’Alleanza dei clan partenopei. Poi a bordo di gommoni la spedizione verso Acciaroli e da qui in auto o furgoni verso le altre mete prestabilite.
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Gli appostamenti
Vassallo aveva scoperto parte di questo meccanismo criminale. O almeno si era reso conto che Acciaroli era diventata una base di spaccio. Per questo, forse già non fidandosi dei carabinieri del posto, aveva dato mandato alla polizia municipale di effettuare dei controlli e di fare degli appostamenti al porto. Proprio quando arrivavano questi gommoni. Prima di denunciare, Vassallo fu ucciso. E già nelle ore immediate al suo assassinio iniziò l’azione di depistaggio dei carabinieri coinvolti in questo prolifico affare con la droga.
Cosa sappiamo sull’omicidio di Angelo Vassallo
La sera del 5 settembre 2010, intorno alle 22:15 ad Acciaroli (frazione di Pollica), mentre rincasava alla guida della sua automobile, Vassallo è stato ucciso da uno o più attentatori allo stato ignoti; contro di lui sono stati esplosi nove proiettili calibro 9, sette dei quali a segno. Benché allo stato la matrice dell’attentato sia ignota, il pubblico ministero Luigi Rocco, incaricato delle indagini, ha avanzato l’ipotesi che esso sia stato commissionato dalla camorra al fine di punire un rappresentante delle istituzioni che si era opposto a pratiche illegali un collegamento potrebbe risiedere nelle azioni svolte da Vassallo a tutela dell’ambiente, che erano viste dalla camorra come un ostacolo al controllo del porto che le avrebbe garantito libertà nei commerci illegali di droga.
Il 25 marzo 2015 Bruno Humberto Damiani è unico indagato per l’omicidio di Angelo Vassallo. Nel luglio del 2018, otto anni dopo, il pm Leonardo Colamonici ha notificato un avviso di garanzia per rendere interrogatorio da indagato per l’omicidio a Lazzaro Cioffi, il carabiniere colluso con il clan Caivano per averne protetto le attività di narcotraffico. Cioffi dal 1991 fino a pochi mesi prima di essere arrestato ha lavorato nel nucleo investigativo di Castello di Cisterna. Quindi ne faceva parte anche il 5 settembre del 2010.
De Magistris: “Finalmente, sembra la strada giusta”
“Finalmente più di una luce sulla verità dell’omicidio del sindaco “pescatore” di Pollica Angelo Vassallo avvenuto ad Acciaroli, nel Cilento, nel 2010″, ha commentato Luigi De Magistris, ex sindaco di Napoli, “La Procura della Repubblica di Salerno ha eseguito diverse perquisizioni per omicidio e traffico di droga. Il Sindaco ucciso perché non raccontasse ciò che aveva scoperto. Indagati anche carabinieri, tra cui un noto ufficiale dell’Arma. Agghiacciante scoprire, seppur ricordiamolo siamo solo nella fase delle indagini preliminari, del coinvolgimento per delitti gravissimi di uomini in divisa che avrebbero dovuto tutelare il Sindaco e poi accertare la verità sul suo omicidio. Invece si ipotizza che siano stati tra i suoi carnefici. Si era compreso che, come per altri delitti eccellenti della storia del nostro Paese, lo Stato all’inizio aveva più depistato che cercato la verità”, ha concluso De Magistris, “più volte, soprattutto la famiglia, ma non solo, avevano denunciato la gravità della condotta degli organi preposti all’accertamento della verità: depistaggi, manomissioni, falsificazioni. Ora la magistratura batte un colpo. Sembra la strada giusta, finalmente, per onorare la memoria e la storia del Sindaco Vassallo”.