Nella richiesta di misura cautelare per l’omicidio di Angelo Vassallo, firmata da quattro magistrati della Procura di Salerno e controfirmata dal procuratore capo Giuseppe Borrelli, emergono dettagli inquietanti sui metodi operativi di Fabio Cagnazzo e Lazzaro Cioffi. Le 434 pagine del documento delineano un quadro complesso, in cui si evidenziano presunti rapporti illeciti con personaggi legati alla criminalità organizzata come riportato dall’edizione odierna del quotidiano Il Mattino.
Omicidio Angelo Vassallo, retroscena sull’assassino di Pittoni
Tra le vicende ricostruite dagli inquirenti spicca il patto che Cagnazzo e Cioffi avrebbero stretto per individuare il giovane responsabile dell’omicidio del tenente Marco Pittoni, avvenuto durante una rapina all’ufficio postale di Pagani. Centrale nel racconto è la figura di Francesco Casillo, noto narcotrafficante, che avrebbe consegnato alle autorità Carmine Maresca, all’epoca minorenne, reo dell’omicidio di Pittoni.
Secondo quanto riportato nella richiesta cautelare, Casillo riferì di essere stato contattato nel 2008 da tre carabinieri, tra cui Cioffi, che gli proposero un accordo: offrire informazioni in cambio della protezione da iniziative investigative nei confronti del suo sodalizio criminale. Successivamente, il patto sarebbe stato formalizzato da Fabio Cagnazzo in un incontro presso la caserma di Castello di Cisterna.
Il racconto di Francesco Casillo
Nel suo racconto, Casillo ricorda un dialogo emblematico avvenuto presso la sua piscina:
“Mi chiesero chi fossero i miei nemici. Io risposi che erano loro, i carabinieri, ma loro replicarono che intendevano i miei nemici in mezzo alla strada. Indicare il clan Acquino-Annunziata come nemico scatenò la loro proposta: collaborare con loro fornendo informazioni su latitanti, armi e droga. In cambio, avrei potuto continuare la mia attività di trafficante”.
I rapporti con le forze dell’ordine
Casillo sottolinea come tali relazioni fossero segnate da un’esplicita disponibilità all’illegalità. “Quando un carabiniere dice “la comandiamo noi e possiamo uccidere un tuo nemico”, è evidente che è disposto a tutto. Nei fatti, il rapporto si basava su uno scambio illecito: informazioni in cambio della possibilità di eliminare concorrenti, anche con arresti mirati”.
Secondo Casillo, il gruppo di Castello di Cisterna, guidato da Cagnazzo, agiva come un vero e proprio clan all’interno della caserma. Questa rete di rapporti sarebbe stata ben nota negli ambienti malavitosi e avrebbe garantito vantaggi strategici ai criminali che collaboravano con loro.
Gli incontri ad Acciaroli
Un altro episodio significativo riguarda il primo incontro diretto tra Casillo e Cagnazzo ad Acciaroli, organizzato dai fratelli Palladino. Da quel momento, i due si incontrarono più volte, ma il rapporto si deteriorò a causa del rifiuto di Casillo di aderire completamente alle richieste di Cagnazzo. Il rifiuto avrebbe portato a ritorsioni: durante un’estate ad Acciaroli, Cagnazzo avrebbe orchestrato il sequestro di yacht, auto di lusso e scooter appartenenti a Casillo.
Un altro carabiniere, ascoltato dai magistrati, ha espresso perplessità sulle modalità investigative di Cagnazzo, ritenendole inappropriate, soprattutto considerando che l’operazione riguardava un personaggio di Torre Annunziata agendo ad Acciaroli.