Arresto per omicidio a Giffoni. Questa mattina, i Carabinieri della sezione Operativa del Comando Compagnia di Battipaglia, della Stazione di Giffoni sei Casali e Giffoni Valle Piana, hanno eseguito un provvedimento cautelare, emesso dal GIP di Salerno su richiesta della locale Procura, nei confronti di un soggetto indagato per omicidio.
Omicidio a Giffoni, i dettagli
In manette Bruno Di Meo, residente a Giffoni Valle Piana, indagato per l’omicidio di Domenico Pennasilico, il pastore ucciso a colpi di pistola a Giffoni Sei Casali il giorno di Pasquetta. Il movente è rappresentata un litigio tra le due famiglie di pastori per motivi di pascolo, sfociando nel delitto di Pennasilisco in un momento di festa. A Di Meo viene contestata anche l’assenza di porto d’armi.
Non si esclude la premeditazione dato che durante la festa della Madonna della Carbonara si spara ai caciocavalli. Le indagini non sono terminate, potrebbero esserci dei complici.
Pennasilico fu colpito da un proiettile di fucile alla gamba. Il proiettile arrivò a toccare l’arteria femorale, provocandone il decesso in breve tempo nonostante il figlio, che era con lui, avesse chiamato subito le forze dell’ordine. Due uomini, padre e figlio, furono portati in caserma e il sospetto degli inquirenti era che il delitto fosse legato a dissapori per motivi di pascolo.
LA MORTE DI DOMENICO PENNASILICO
Il comunicato
Ieri sera 18 settembre i Carabinieri della Compagnia di Battipaglia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Salerno su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di Bruno Di Meo classe ’96, pastore, residente a Giffoni Valle Piana. L’accusa è di tentato omicidio, concorso in omicidio volontario e porto ingiustificato di arma da sparo.
Il provvedimento è stato chiesto ed emesso in relazione all’omicidio di Domenico Pennasilico ed al tentato omicidio del figlio Generoso Raffaele Pennasilico, avvenuto in zona “Cerzoni” nell’agro del comune di Giffoni Sei Casali, nel primo pomeriggio del 23 aprile scorso. La vittima si trovava con il figlio nella predetta località per recuperare alcuni bovini allontanatisi dalla zona di pascolo normalmente da loro utilizzata, quando improvvisamente vennero esplosi contro suo figlio due/tre colpi di arma da fuoco da parte dell’arrestato.
Quasi contemporaneamente, a breve distanza, Domenico Pennasilico veniva colpito da un primo colpo di fucile, caricato a pallettoni, da altri complici come riferito dalla vittima al figlio Generoso Raffaele in una concitata telefonata nel corso della quale lo avvisava di mettersi in salvo.
La vittima fu ritrovata morta qualche ora dopo nei pressi di un torrente ai piedi di un dirupo. Il figlio Generoso Raffaele, invece, grazie ad una maggiore agilità dovuta alla giovane età, rimasto incolume durante l’agguato, chiamò subito i soccorsi e le Forze dell’Ordine segnalando appunto che il padre era rimasto vittima di un agguato, che era ferito e non riusciva più a mettersi in contatto con lui. Il corpo di Domenico fu ritrovato poche ore dopo dai militari giunti sul posto e fu recuperato grazie all’intervento di una squadra del soccorso alpino dei vigili del fuoco.
In sede di visita esterna ed esame autoptico venne accertato che la vittima venne colpita da almeno due colpi: il primo lo colpiva alle gambe ed al gluteo sinistro immobilizzandolo, il secondo letale ed esploso ad una distanza ravvicinata di un metro e mezzo, lo attingeva in regione dorso lombare causando lo sfacelo degli organi interni e vitali ed in particolare del parenchima-splenico e polmonare.
Le indagini si sono indirizzate subito sull’indagato Bruno Di Meo riconosciuto dal giovane figlio di Pennasilico come colui che, tendendogli un agguato, gli aveva esploso contro due o tre colpi di pistola tentando di ucciderlo. Ulteriori decisive fonti di prova sono emerse dall’analisi dei tabulati telefonici e dalla registrazione della telefonata al 112 che hanno confermato il resoconto di Generoso Raffaele anche in relazione all’omicidio del padre.