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Omicidio Marzia Capezzuti, dal carcere due lettere di Noschese: “Vi racconto la verità”

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La 29enne Marzia Capezzuti

Damiano Noschese, uno degli indagati per l’omicidio di Marzia Capezzuti, ha scritto due lettere dal carcere: “Ho raccontato tutta la verità anche al mio amico e ora ve lo metto per iscritto”. Lo riporta l’odierna edizione de La Città.

Omicidio Marzia Capezzuti, dal carcere due lettere di Noschese

Uno degli indagati per l’omicidio della 29enne milanese uccisa a Pontecagnano Faiano, Domenica Noschese, ha scritto due lettere in carcere in cui ‘avrebbe raccontato la verità’ su quanto accaduto alla badante Marzia Capezzuti. Sono arrivate in Procura in un’unica busta.

“Mi sono passato la mano per la coscienza e ho raccontato tutta la verità anche al mio amico e ora ve lo metto per iscritto come sono andate le cose” scrive Noschese nella prima lettera che aveva inizialmente ritirato perché ‘costretto a scriverlo dal compagno di cella’ ma ugualmente arrivare agli inquirenti. Scrive di aver lasciato in casa la moglie, il figlio Vito (che non è imputato) e la sua fidanzata insieme ad altre amiche della ragazza, per portare del cibo ai cani,poi sarebbe andato a raccogliere del ferro per le strade. Una volta rientrato a casa però non ha trovato nessuno così sarebbe andato a cercare la moglie in giro e successivamente ritrovata in casa insieme al figlio dopo essere rientrato per la seconda volta.

La lettera

“Sono andato in cucina e dentro le stanze e non ho visto la ragazza e ho chiesto dove stava e prima mi ha detto ‘Fatti i fatti tuoi’. Poi ho insistito e mia moglie e mio figlio mi hanno detto che l’avevano ammazzata. Mia moglie mi ha minacciato che se io dicevo qualcosa mi uccidevano pure a me, mio figlio mi ha detto ‘Mamma ci ha fatto ammazzare a Marzia per la morte dello zio Alessandro” si legge ancora nella prima missiva.

“Mia moglie – scrive ancora – ha preso il coltello e mi ha detto ‘Ora prendi la macchina che dobbiamo andare sulla tua terra, dobbiamo spostare il corpo’. Io tutto impaurito, arrabbiato, urlavo contro mia moglie ‘Come vi siete permessi di ammazzare sulla mia terra che non siete nessuno a togliere la vita a quella ragazza?”. Mariabarbara Vacchiano gli avrebbe puntato il coltello e insieme sarebbero andati a prendere il corpo della povera Marzia: “Mi ha detto che la dovevamo portare in quella casa abbandonata e mi ha detto ‘Non dire niente a nessuno, sennò farai la stessa fine’“.

La seconda missiva

Nella seconda lettera racconta quando Marzia, ancora viva, sarebbe stata accompagnata in una roulotte nel suo terren. “Lei la voleva spostare di casa per non farla più picchiare da nessuno. Non la volevo far picchiare più da nessuno, perché io la volevo salvare ma non c’è stato nulla da fare – scrive-. La mattina sono andato sulla terra con il camion, con mia moglie, e le ho detto ‘Vai a vedere Marzia e io pulisco i cani’. Dopo pulito i cani, sono salito sul camion: è venuta mia moglie Barbara e io le ho detto ‘Tutto a posto?’ e ho visto mia moglie con una faccia strana. Io ho domandato perché e lei mi disse che l’aveva trovata morta. Mi sono arrabbiato a morte con lei. In quella giornata mi costringeva che si doveva spostare per forza il cadavere di là e l’abbiamo portata a Montecorvino Pugliano in una casa abbandonata. Al ritorno lei mi ha detto ‘Non dire niente a nessuno sennò ti faccio fare la stessa fine“.

“Mia moglie e mio figlio mi dissero che l’avevano ammazzata loro due soffocandola” scrive ancora nella seconda lettera che, insieme alla prima, è stata smentita dallo stesso Noschese interrogato.

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