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Omicidio Vassallo, droga e affari sporchi dietro l’uccisione del sindaco pescatore | I RETROSCENA

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Gli arrestati per l'omicidio Vassallo - Fonte OcchioNotizie.it

La giornata di giovedì 7 novembre 2024 ha rappresentato un punto di svolta – dopo 14 anni – nell’inchiesta sull’omicidio di Angelo Vassallo, con 4 arresti per l’uccisione del sindaco di Pollica-Acciaroli. Da quanto è emerso, Romolo Ridosso voleva entrare nel gruppo che gestiva il traffico di droga nel Cilento e unirsi al cartello “delle pompe di benzina,” controllato dal duo Cioffi-Cipriani, per costruire una rete di stazioni di servizio in grado di rivaleggiare con quelle dei casalesi.

Questo interesse lo porta al centro dell’indagine sull’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica noto come “il sindaco pescatore,” assassinato brutalmente nel 2010 come riportato dall’edizione odierna del quotidiano Il Mattino.

Inchiesta Vassallo, il ruolo dei 4 arrestati nell’omicidio del sindaco pescatore

Dopo il delitto, Ridosso viene “scaricato” dal gruppo Cagnazzo-Cioffi, che gli intima di restare ai margini. Alcuni giorni dopo il delitto, Ridosso avrebbe riferito alla sua compagna Antonella Mosca la frase inquietante: “abbiamo sistemato anche il pescatore.” Questo dettaglio, emerso dalle intercettazioni, viene segnalato agli investigatori, aprendo la strada a una serie di approfondimenti su Ridosso e i suoi legami con il gruppo di Cagnazzo e Cipriani, noto come “Peppe Odeon.”

Romolo Ridosso, un tempo collaboratore di giustizia, era legato al clan Loreto-Ridosso di Scafati. Dopo essersi pentito nell’ambito dell’inchiesta Sarastra, che aveva indagato su una presunta alleanza tra l’amministrazione comunale di Scafati e gruppi criminali nelle elezioni del 2013 e 2015, Ridosso si era trasferito a Lettere con la famiglia.

Il legame tra lui e il gruppo di Fabio Cagnazzo era stato possibile tramite Giuseppe Cipriano, un imprenditore già noto nel mondo della criminalità organizzata che operava nel settore dei distributori di benzina tra l’area vesuviana e il salernitano.

La posizione di Giuseppe Cipriano

Secondo la procura, Giuseppe Cipriano, soprannominato “Peppe Odeon,” gestiva una serie di attività ad Acciaroli, tra cui anche un cinema vicino al ristorante della famiglia Vassallo. Queste attività commerciali sarebbero in realtà delle coperture per traffici illeciti legati allo spaccio di droga, controllati dal gruppo Maurelli e Cafiero, associato a Cagnazzo e Cioffi. La sua influenza crescente in queste operazioni, secondo gli investigatori, avrebbe rappresentato una minaccia per Vassallo, che proprio il 6 settembre 2010 avrebbe dovuto incontrare il comandante della compagnia di Agropoli per denunciare le attività illecite.

La posizione di Lazzaro Cioffi

Lazzaro Cioffi, fedele attendente di Cagnazzo, aveva già un passato controverso. Con oltre vent’anni di servizio nell’area metropolitana di Napoli, Cioffi era stato coinvolto in attività legate allo spaccio di droga e collusioni con i narcos di Caivano. Era già stato arrestato per reati analoghi, e alcune testimonianze raccolte dagli inquirenti suggeriscono che Cioffi avrebbe ricevuto una somma di 50mila euro in relazione all’omicidio Vassallo, sebbene questa cifra non trovi conferma definitiva.

È noto, invece, che Cioffi aveva frequentemente anticipato denaro al colonnello Cagnazzo, che lo giustificava come aiuto per spese personali, ma che in realtà era destinato a operazioni legate agli affari illeciti del gruppo.

La posizione di Fabio Cagnazzo

Fabio Cagnazzo, figlio di un generale e gemello di un altro carabiniere, temeva per la propria reputazione e per l’onore della famiglia, temendo di essere scoperto come colluso con i narcotrafficanti. L’inchiesta descrive come avrebbe deciso di eliminare la principale minaccia alla sua immagine: Angelo Vassallo.

Secondo i documenti dell’indagine, il colonnello avrebbe seguito il sindaco fino a poche ore prima del delitto, pianificando poi il crimine e intervenendo per manipolare le prove, come le registrazioni delle telecamere di sicurezza e le testimonianze. Tra i depistaggi risulterebbe anche il coinvolgimento di Bruno Humberto Damiani, noto come “il brasiliano,” attorno al quale sarebbe stato costruito un reticolo di menzogne per sviare l’attenzione dall’accaduto.

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