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Rodolfo uccide la moglie e poi si impicca, il figlio: “Non devo perdonarlo io, ma Dio”

È passato un mese dal dramma di San Mango Piemonte dove Rodolfo Anastasio ha ucciso la moglie Paola Larocca prima di togliersi la vita. La scorsa settimana il ristorante Pinocchio, da sempre gestito dalla famiglia Anastasio, ha riaperto su volontà di Giovanni e Michele, 32 e 29 anni, i figli della coppia al centro di una drammatica storia che ha sconvolto tutt’Italia.

Paola Larocca uccisa da Rodolfo Anastasio: parla il figlio un mese dopo

In una intervista al Corriere del MezzogiornoMichele Anastasio ha ricordato la madre nel giorno del trigesimo, celebrato questa mattina nella chiesa del Sacro Cuore, in piazza Vittorio Veneto: “Per mamma e anche per nonna che morì un mese prima di lei. Messa per mio padre. Non lo so, penso di sì, ma in un’altra chiesa… se ne è occupata mia zia”.

“Eravamo una famiglia tranquillissima, direi perfetta, che viveva bene la sua quotidianità. Negli ultimi due anni mio padre ha cominciato a star male. Depressione, stress, nervosismo, un crollo coinciso con la malattia di mia nonna che ha costretto mia madre ad avvicinarsi di più a lei”.

Il rapporto tra i due genitori era cambiato: “Mamma comunque c’era, sempre sorridente e bellissima, il faro della famiglia. Non l’ho mai vista arrabbiata”. Il padre, invece, “ha cominciato a pressarla, era molto possessivo, litigava sempre e aveva un linguaggio scurrile. In un paio di occasioni l’ha pure picchiata. Ma lei non l’ha denunciato, ha sempre fatto di tutto per proteggere i figli anche tenendoci nascoste le percosse”.

Poi, la decisione di farli separare: “Negli ultimi tempi mio padre stava malissimo e il rapporto con la moglie si era fatto difficile, si era fissato che avesse un altro, non accettava l’idea che fosse stanca di lui. Così ci eravamo anche separati fisicamente, lui dormiva in un b&b. Però ogni mattina veniva da noi a San Mango Piemonte dove abitiamo per fare colazione e portare i cani. Cacciato di casa? Assolutamente no. Mia madre voleva solo tranquillità, in un momento difficile in cui doveva gestire la malattia di nonna. Lui invece era il tipo che alle quattro del mattino la svegliava dicendole: “tu hai sfasciato la famiglia”. Ma a mia madre la famiglia è sempre piaciuta”.

Il dramma del 16 novembre

“Quelle immagini mi bloccano, sono come un martello, non potrò dimenticarle mai. Nei primi giorni sembrava che non mi appartenessero, che io fossi una terza persona e che stessi vedendo un film. Posso solo dire che ebbi una specie di colluttazione con mio padre, lo tirai verso di me e riportai una ferita alla mano. Mia madre invece l’ho tenuta tra le braccia finché mio fratello non l’ha caricata in auto per portarla in ospedale. Ma inutilmente, è morta durante il tragitto. Mamma nonostante fosse alla fine cercò di rispondere alle mie sollecitazioni”.

Perdonare il padre

“Mio fratello lo ha già perdonato, io mi sento di dire che non sono io a doverlo perdonare ma il Signore o qualcun altro”.

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