La frana di Rizzico, tra Ascea e Pisciotta, minaccia di troncare i collegamenti tra il Nord e il Sud del Paese. La linea ferroviaria rischia seriamente di interrompersi a Paestum, al massimo di arrivare senza grossi problemi di natura geologica fino ad Agropoli.
La frana di Rizzico e i rischi per il Cilento
L’entrata nel Cilento, invece, ha il sapore del rischio. A causa di una frana che minaccia l’area da decenni. Rfi la monitora 24 ore su 24 dai potenti computer presso la diga della diga dell’Alento, la Regione Campania ha annunciato un progetto di messa in sicurezza da oltre 19 milioni di euro. I movimenti sono impercettibili ma fanno paura. I sensori elettronici posti nel terreno di località Rizzico sono seguiti con il cuore in gola dai tecnici.
Le parole del geologo Ortolani
Il geologo Franco Ortolani , eletto da poco senatore nelle fila del Movimento 5 Stelle, rompe gli indugi: «Bisogna intervenire, facciamolo adesso non dopo i crolli che a me, da scienziato, appaiono ineluttabili».
Si tratta di quattro-cinque chilometri di rotaie, dai quali però dipendono i collegamenti tra Nord e Sud Italia. La spada di Damocle è la terra che scivola. Qui la rete ferroviaria si snoda quasi completamente attraverso due gallerie: il binario a Nord, più vicino al mare, corre su un viadotto costruito poco dopo l’Unità d’Italia. In origine, come ricorda Franco Ortolani, si trovava a un’altezza di 7-8 metri rispetto all’alveo. Tra il 2009 e il 2010 si era abbassato fino a 2 metri. La terra spinge, continua a muoversi. «Almeno dall’inizio del Dopoguerra».
Per questo Ortolani non ha dubbi: è solo questione di tempo. La frana – ha calcolato – è lunga circa 500 metri e larga circa 400; il volume di rocce coinvolte è dell’ordine di 2-4 milioni di metri cubi e il peso di un metro cubo varia da 1.500 a 2 mila chili. Il che significa che stiamo parlando di una massa che va dai 3 agli 8 milioni di tonnellate. «Il fenomeno evolverà, non c’è dubbio – ha messo in guardia il geologo – Non è possibile però prevedere se il peggioramento sarà lento o subirà un’accelerazione a causa di piogge eccezionali, per esempio».
Il dispositivo di sicurezza è sempre in funzione. In caso di pericolo la linea sarebbe immediatamente interrotta. Un assaggio di quello che potrebbe accadere lo si è avuto nel 2013. A causa di piogge consistenti, il torrente aveva sommerso il viadotto e il traffico ovviamente è stato interrotto. Questo per dire che la situazione è nota. Eppure nessuno interviene.
«La sensazione è che come sempre si aspetti l’emergenza», invece di agire. «Non ci si può limitare a monitorare il fenomeno – ha continuato Ortolani – Occorre intervenire, magari sollevando l’alveo del torrente di alcune decine di metri. I lavori potrebbero durare un anno, un anno e mezzo. Ma si potrebbero evitare danni economici enormi».