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Salerno, 25enne tenta il suicidio nel carcere. Poliziotto gli salva la vita

SALERNO. Ore 7:00, carcere di Fuorni, Salerno. Un 25enne, finito dentro per reati comuni, tenta di togliersi la impiccandosi. Solo l’intervento tempestivo dei poliziotti della penitenziaria sono riusciti ad impedire la tragedia. Il ragazzo avrebbe tentato di usare le lenzuola come corda improvvisata per togliersi la vita. Soccorso immediatamente, è stato in seguito trasportato al presidio ospedaliero salernitano. Solo l’ultimo episodio di una lunga scia atti estremi che si verificano ogni 24 ore nelle carceri della regione Campania.

Secondo i dati rilasciati dal SAPPE ogni 9 giorni un detenuto si toglie la vita in cella. Ogni 24 ore avvengono, sempre tra le pareti delle case circondariali, almeno 23 atti di autolesionismo e 3 tentativi di suicidio, sventati dagli uomini della Polizia Penitenziaria. Dati allarmanti che si uniscono alla già preoccupante situazione di sovraffollamento, con la media di 7120 detenuti presenti negli Istituti penitenziari della Regione, ed alla scarsità di organico per la Penitenziaria.

Donato Capece, sottosegretario della Sappe, lancia l’allarme: «negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 21mila tentati suicidi ed impedito che quasi 168mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze».

Capece dunque attacca il capo della Dap: «in tutto questo contesto, il Capo dell’Amministrazione penitenziaria Consolo si preoccupa di cambiare taluni vocaboli ad uso interno nelle carceri e non a mettere in campo adeguate strategie per fronteggiare questi gravi eventi. La preoccupazione del DAP è che non si debba più dire cella ma camera di pernottamento, la domandina lascia il posto al modulo di richiesta, lo spesino diventa addetto alla spesa dei detenuti, non ci sarà più ilcdetenuto lavorante ma quello lavoratore e così via.

Questo aiuta a capire quali evidentemente siano le priorità per il Capo dell’Amministrazione Penitenziaria – dichiara – non, insomma, le soluzioni concrete alle aggressioni, risse, rivolte e incendi che sono all’ordine del giorno, visto anche il costante aumento dei detenuti in carcere, o all’endemica carenza di 7.000 unità nei ruoli della Polizia Penitenziaria. No. La priorità, per il Capo DAP, è la ridenominazione corretta delle parole in uso in carcere».

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