SALERNO. I professori universitari a tempo pieno non possono effettuare attività libero professionali. Secondo quanto riportato dal quotidiano La Città a mettere fissare i paletti sono stati i giudici della Corte dei Conti. Il dilemma è sorto in seguito ad uno dei tanti equivoci del mondo accademico, e la sentenza riguarda un professore della facoltà di Ingegneria dell’Università di Salerno.
La vicenda risale a luglio 2014, quando la Guardia di Finanza rilevò delle irregolarità durante le indagini svolte sui docenti a tempo pieno dell’Unisa. A quanto sembra il professore in questione avrebbe fornito delle prestazioni da professionista nonostante fosse docente a tempo pieno presso l’ateneo salernitano. I giudici sentenziarono un rimborso di 64mila euro per danni erariali arrecati all’Università.
La difesa però non ci sta e presenta ricorso. Secondo la legge in materia i professori potevano svolgere liberamente attività di collaborazione scientifica e di consulenza. Quanto fatto dal docente di ingegneria era quindi legittimo in quanto catalogabili come tali e contrariamente a quanto sancito dalla corte territoriale. I legali del professore citarono, inoltre una nota del rettore dell’ateneo salernitano, che dava piena possibilità di svolgimento di attività di consulenza senza la necessità di un’autorizzazione da parte dell’ente in quanto «l’esperienza professionale concreta, in talune materie, era fonte insostituibile di arricchimento per le attività didattiche». In poche parole, gli incarichi svolti dal docente non avrebbero danneggiato nessuno ed erano completamente legittimi.
La Corte dei Conti però non si smuove. Considerati i punti mossi dalla difesa secondo i giudici il docente avrebbe «fornito soluzioni a problematiche concrete». In breve, avrebbe espletato l’attività libero professionale, e non una semplice consulenza come dichiarato dalla difesa. I professori universitari, dunque, non possono condurre attività libero professionali se svolte con continuità ed in caso di prestazioni occasionali è necessaria l’autorizzazione dell’ateneo.
Secondo la Corte dei Conti l’attività di consulenza «non va intesa come qualcosa di diverso dalla collaborazione scientifica, di cui conserva la stessa natura e caratteristiche e non può in ogni caso coincidere, confondendosi, con l’attività libero-professionale con il privato o con il pubblico». Inoltre l’esercizio di libera professione è incompatibile con il regime d’insegnamento a tempo pieno. L’attività di consulenza è possibile, ribadiscono i giudici, ma solo nel caso si tratti di consulenza scientifica, altrimenti sarebbe facilmente aggirabile.
Confermata quindi la condanna per il professore di ingegneria. Unica concessione un piccolo sconto, da 64mila si è scesi a 38mila euro.