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Salerno, detenuti in diretta su TikTok: il caso nel carcere di Fuorni

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Foto di repertorio

Dirette notturne su TikTok, trasmesse direttamente dalle celle o dal cortile del carcere di Fuorni, a Salerno. È quanto riportato oggi dal quotidiano La Città, che denuncia una situazione tanto paradossale quanto preoccupante. Attraverso smartphone di piccole dimensioni, detenuti organizzano “live” accessibili a chiunque, attirando un vasto pubblico e vantandosi apertamente del possesso illecito di telefoni cellulari all’interno della struttura penitenziaria.

Salerno, dirette su TikTok dal carcere di Fuorni

Nel corso delle trasmissioni, i detenuti mostrano frammenti di vita quotidiana dietro le sbarre, illustrando la loro condizione di reclusi e interagendo con gli spettatori. Le dirette, che si svolgono prevalentemente durante le ore notturne, includono spesso racconti in cui i protagonisti si vantano della loro capacità di aggirare i controlli e dell’uso non autorizzato di dispositivi mobili all’interno della struttura carceraria.

Questo fenomeno non solo viola le norme interne dei penitenziari, che proibiscono il possesso e l’utilizzo di cellulari, ma solleva interrogativi sulla sicurezza e sull’efficacia dei controlli all’interno del carcere.

Una questione sempre più diffusa

L’uso illecito di telefoni cellulari nei carceri italiani è una problematica nota, spesso legata alla difficoltà di monitorare efficacemente i detenuti a causa di carenze di personale e risorse. Gli smartphone di piccole dimensioni, facilmente occultabili, rappresentano una sfida crescente per le autorità penitenziarie. Le dirette sui social, inoltre, rendono pubblico un problema che finisce per alimentare polemiche sull’efficienza del sistema di sorveglianza e sulla capacità di garantire la sicurezza nelle strutture detentive.

La scoperta delle trasmissioni potrebbe portare a un’intensificazione dei controlli nel carcere di Fuorni e in altre strutture simili, con il rischio di conseguenze disciplinari per i detenuti coinvolti. Al contempo, questa vicenda riaccende il dibattito sulla necessità di strumenti più avanzati per prevenire l’introduzione di dispositivi non autorizzati, come i sistemi di blocco del segnale.

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