SALERNO. Il caso di Antonio Attianese, militare 38enne ammalatosi di cancro a seguito di due operazioni in Afghanistan, ha nei giorni scorsi avuto un impatto non indifferente sull’opinione generale nei confronti delle organizzazioni militari.
Il caporal maggiore degli alpini, dopo essere stato diagnosticato un carcinoma alla vescica, non solo non ricevette il supporto tanto sperato dai suoi superiori durante il suo calvario, ma venne addirittura minacciato in seguito ad una sua richiesta di risarcimento: «ho registrato le minacce e le intimidazioni che mi sono arrivate da chi avevo vicino, oltre al danno economico e di salute mi sono reso conto di aver perso anche chi consideravo amico».
Il consulente dell’osservatorio militare il dottore Eugenio Leggiero rincara la dose: «bisogna capire perché le organizzazioni militari, i superiori, si comportino in tali modi. Contiamo ogni anno 340 morti a causa dell’uranio impoverito. Sospettiamo che questo possa essere un vero e proprio modus operandi adottato dai superiori. Tali circostanze non dovrebbero verificarsi visti gli enormi sacrifici che i nostri militari già compiono per la nostra salvaguardia».
Sul caso uranio in generale la situazione è più complessa, come lo stesso Leggiero ha dichiarato: «ad oggi non abbiamo possibilità di individuare dove e come i militari siano entrati in contatto con così alte quantità di uranio. Il bilancio è tragico e si deve agire al più presto».
Leggiero conclude specificando: «prendiamo le distanze da quelle organizzazione che vogliono strumentalizzare tali tragedie per fini politici o simili. C’è una commissione in corso, i risultati si vedono, c’è un disegno di legge. Bisogna evitare di trasformare in profitto le tragedie altrui».