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Salerno, rifiuti sotto piazza della Libertà: era reato

SALERNO. Il reato è estinto per intervenuta prescrizione e tuttavia «risulta comprovato», sebbene con i caratteri della colpa e non del dolo. Così il giudice Fabio Zunica, che lo scorso luglio ha chiuso il processo di primo grado sullo smaltimento di rifiuti legato a piazza della Libertà, spiega nelle motivazioni della sentenza quello che è accaduto nel cantiere del fronte del mare. Se il dispositivo di luglio si limitava a prendere atto del decorso della prescrizione, nelle motivazioni si spiega che utilizzare per il riempimento della piazza i resti della demolizione del pastificio Amato fu una condotta illecita.

«Il fatto storico è stato ricostruito in modo pacifico dalle prove orali e documentali» sottolinea il giudice. E spiega che l’unico elemento controverso – quello che quel materiale potesse essere configurato come sottoprodotto (perciò utilizzabile) e non come rifiuto – è smentito dalla giurisprudenza della Cassazione. Tutti responsabili, quindi, dagli imprenditori della Esa che commissionarono il trasporto degli inerti, ai titolari della ditta Celentano che lo eseguirono, fino ai direttori dei lavori Paolo Baia Sergio Delle Femine.

Su quest’ultimo la sentenza si sofferma stigmatizzandone il doppio ruolo di direttore operativo del cantiere di piazza della Libertà e di direttore dei lavori per la demolizione dell’ex pastificio. «Una sovrapposizione di cariche di palese inopportunità», afferma il giudice, rivelatasi «in modo macroscopico» quando la Esa comunica al Comune di voler utilizzare per la piazza i resti degli abbattimenti in via Picenza e riceve proprio dal direttore dei lavori Delle Femine il via libera. «Versava in una situazione di assai palese conflitto d’interesse» si legge in sentenza. E la circostanza è ritenuta rivelatrice «di un modus agendi quantomeno disinvolto».

Detto ciò, l’assenza di prove di dolo emerge dall’assoluzione pronunciata per un altro capo d’imputazione, quello che accusava imprenditori e tecnici di traffico illecito di rifiuti in relazione sia al riempimento della piazza che allo smaltimento dei resti dello scavo in discariche non autorizzate. Anche per il ricorso a questi sversatoi è maturata la prescrizione, ma sull’accusa di traffico illecito di rifiuti il giudice si è pronunciato nel merito con un’assoluzione. «Non può escludersi – si spiega – che le violazioni ambientali pure riscontrate siano attribuibili non a una consapevole volontà dei protagonisti delle condotte illecite, ma piuttosto a una loro “negligenza interpretativa” rispetto a una disciplina peraltro oggettivamente complessa e mutevole come quella in tema di rifiuti».

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