Cronaca Salerno, Salerno

San Valentino Torio, sequestro da 650mila euro a due società

Maxi sequestro di beni a San Valentino Torio per intestazione fittizia di beni, truffa aggravata, ricettazione e autoriciclaggio. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Salerno, nella mattinata odierna, hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo della somma di 650mila euro a carico di tre persone (due salernitane e una napoletana titolare di una ditta individuale di Boscoreale) e una società agricola di Pagani.

San Valentino Torio, maxi sequestro di beni a due società

Hanno altresì sottoposto i due indagati della provincia di Salerno alla misura cautelare personale dell’obbligo di dimora e presentazione alla Polizia Giudiziaria, emessa dal GIP del Tribunale di Nocera Inferiore su richiesta della Procura. I reati contestati a vario titolo sono: intestazione fittizia di beni, truffa aggravata, ricettazione e autoriciclaggio.

Secondo l’impianto accusatorio, un 70enne di San Valentino Torio, L.C., noto per i suoi precedenti giudiziari anche di tipo associativo, ex sorvegliato speciale e già colpito da misura di prevenzione di tipo patrimoniale per un ammontare di 600mila euro avrebbe, in concorso con un prestanome incensurato di San Marzano sul Sarno aperto una fittizia attività di compravendita di auto di lusso ed epoca, conosciuta come “Pignataro Auto“, al fine di commettere truffe contro concessionari esteri (in particolar modo Olanda e Germania), e successivamente “ripulire” i proventi economici attraverso due imprese compiacenti. La sede della società è stata itinerante per oltre due anni (Roma, Firenze, Brescia, Bologna) per rendere più difficoltosa la sua individuazione.

Le indagini

Il modus operandi era sempre lo stesso, peraltro già utilizzato da L.C. nella commissione di svariate truffe nel corso degli anni, per le quali si trova già a giudizio con i suoi complici, poiché già colpito da numerosi provvedimenti cautelari a seguito di indagini coordinate da questa Procura della Repubblica. Preliminarmente L.C. e il suo complice costituivano un’azienda fantoccio registrandola alla Camera di commercio ed individuando come sede operativa un ufficio che affittavano presso strutture commerciali eleganti, comprensive di servizi di segretariato con personale dedicato (ignaro degli intenti illeciti della società), dando in tal modo una parvenza di affidabilità e serietà. Iniziavano poi a ricercare potenziali clienti di società estere di compravendita di auto di lusso, ritenuti più facilmente raggirabili, attraverso l’invio di centinaia di mail verso vari stati dell’Unione Europea, allegando liste di veicoli di pregio a prezzi concorrenziali. Le vittime, attirate da ciò ed avuti i primi contatti, venivano invitate in Italia per visionare fisicamente le autovetture propostegli.

La seconda fase della truffa

I malfattori, al fine di rendere quanto più credibile la messinscena, presentandosi presso grosse aziende private in possesso di veicoli d’elite, stipulavano dei contratti preliminari di compravendita con l’esborso di modeste caparre confirmatorie. In tal modo avevano copia della documentazione del veicolo e, carpendo la fiducia dei reali venditori che li reputavano intermediari di mercato, potevano mostrare di persona alle loro vittime le vetture presso i luoghi di custodia.

Con tali artifizi, i due truffatori convincevano i loro clienti stranieri della serietà dell’affare, riuscendo in tal modo a ricevere l’intero importo del prezzo pattuito o comunque un acconto, ben superiore alla caparra confirmatoria che avevano messo in conto di perdere.

A questo punto, L.C. e il suo complice avevano la necessità di “ripulirsi“. Falsificavano i contratti stipulati aumentando i prezzi pattuiti per replicare, in tal modo, alle doglianze dei clienti e giustificare la mancata consegna delle auto anche in sede civile. Successivamente, le somme di denaro illecitamente acquisite nella commissione delle truffe venivano trasferite su molteplici conti correnti della medesima “Pignataro Auto”, per poi essere bonificati verso i conti di aziende compiacenti, situate a Pagani e Boscoreale anch’esse raggiunte dall’odierno provvedimento di sequestro preventivo, poiché le operazioni di trasferimento del denaro sono state valutate come operazioni di ricettazione.

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