San Nicola di Bari, noto anche come san Nicola di Myra, san Nicola dei Lorenesi, san Nicola Magno, san Niccolò e san Nicolò (Patara di Licia, 15 marzo 270 – Myra, 6 dicembre 343), è venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da diverse altre confessioni cristiane, fu vescovo greco di Myra (oggi Demre), una città situata in Licia, una provincia dell’Impero bizantino, che si trova nell’attuale Turchia. La sua figura ha dato origine alla tradizione di Babbo Natale, personaggio noto anche al di fuori del mondo cristiano.
Le sue reliquie sono conservate a Bari e Venezia, sebbene la collocazione barese sia assai più nota e celebrata. Alcune tracce di resti sono conservate in altre località italiane (come il paese molisano di Guardiaregia, che venera questo Santo come suo protettore e ne conserva un pezzetto di cuore) ed estere.
Biografia
Nacque probabilmente a Pàtara di Licia, intorno al 270 dopo Cristo. Non si hanno dati sulla sua infanzia. Quelli che si leggono spesso nelle sue vite, come il nome dei genitori Epifanio e Nonna, oppure il suo tenersi in piedi in preghiera da neonato, si riferiscono alla Vita di un monaco Nicola vissuto tra il 500 e il 564 nella stessa regione e che fu vescovo di Pinara.
In seguito lasciò la sua città natale e si trasferì a Myra dove venne ordinato sacerdote. Alla morte del vescovo metropolita di Myra, venne acclamato dal popolo come nuovo vescovo. Imprigionato ed esiliato nel 305 durante la persecuzione di Diocleziano, fu poi liberato da Costantino nel 313 e riprese l’attività apostolica.
Non è certo che sia stato uno dei 318 partecipanti al Concilio di Nicea del 325: secondo la tradizione, comunque, durante il concilio avrebbe condannato duramente l’Arianesimo, difendendo l’ortodossia, e in un momento d’impeto avrebbe preso a schiaffi Ario. Gli scritti di Andrea di Creta e di Giovanni Damasceno confermerebbero la sua fede radicata nei principi dell’ortodossia cattolica. Ottenne dei rifornimenti durante una carestia a Myra e la riduzione delle imposte dall’Imperatore.
Morì a Myra il 6 dicembre, presumibilmente dell’anno 343, forse nel monastero di Sion.
Culto
Il culto si diffuse dapprima in Asia Minore (nel VI secolo 25 chiese a Costantinopoli erano a lui dedicate), con pellegrinaggi alla sua tomba, posta fuori dell’abitato di Myra. Numerosi scritti in greco e in latino ne fecero progressivamente diffondere la venerazione verso il mondo bizantino-slavo e in Occidente, a partire da Roma e dal Meridione d’Italia, allora soggetto a Bisanzio.
San Nicola è così diventato già nel Medioevo uno dei santi più popolari del cristianesimo e protagonista di molte leggende riguardanti miracoli a favore di poveri e defraudati.
Si narra che Nicola, venuto a conoscenza di un ricco uomo decaduto che voleva avviare le sue tre figlie alla prostituzione perché non poteva farle maritare decorosamente, abbia preso una buona quantità di denaro, lo abbia avvolto in un panno e, di notte, l’abbia gettato nella casa dell’uomo in tre notti consecutive, in modo che le tre figlie avessero la dote per il matrimonio.
Un’altra leggenda narra che Nicola, già vescovo, resuscitò tre bambini che un macellaio malvagio aveva ucciso e messo sotto sale per venderne la carne. Per questi episodi san Nicola è ritenuto un santo benefattore e protettore, specialmente dei bambini.
La Chiesa cattolica lo ricorda il 6 dicembre come memoria facoltativa nel calendario romano generale; in Italia dal 2017 la celebrazione è invece una memoria obbligatoria. Localmente il santo è ricordato anche l’8 maggio.
Le reliquie
Le reliquie di San Nicola si trovavano originariamente a Myra, nella cattedrale della città. Furono trasportate a Bari e a Venezia nell’undicesimo secolo, a seguito di due distinte traslazioni. La città era infatti caduta in mano mussulmana e da questo scaturì la volontà di portarle “in salvo”.
Traslazione barese
La prima traslazione fu eseguita da 62 marinai baresi, tra i quali i sacerdoti Lupo e Grimoldo, partita con tre navi di proprietà degli armatori Dottula, che raggiunse Myra recuperando le reliquie di Nicola, che giunsero a Bari l’8 maggio 1087.
Secondo la leggenda, le reliquie furono depositate là dove i buoi che trainavano il carico dalla barca si fermarono. Alcune colonne del tempio, poi, seguirono la nave dei marinai baresi fino a Bari.
Si trattava in realtà della chiesa dei benedettini (oggi chiesa di San Michele Arcangelo) sotto la custodia dell’abate Elia, che in seguito sarebbe diventato vescovo di Bari. L’abate promosse tuttavia l’edificazione di una nuova chiesa dedicata al santo, che fu consacrata due anni dopo da Papa Urbano II in occasione della definitiva collocazione delle reliquie sotto l’altare della cripta.
Da allora san Nicola divenne compatrono di Bari assieme a San Sabino e le date del 6 dicembre (giorno della morte del santo) e 8 maggio (giorno dell’arrivo delle reliquie) furono dichiarate festive per la città. Il santo era anche presente, fino al XIX secolo, sullo stemma della città tramite un cimiero.
Traslazione veneziana
Un’accurata cronaca dell’epoca, basata su testimonianze oculari (la “Translatio sancti Nicolai”) afferma che una seconda traslazione delle reliquie fu effettuata pochi anni dopo quella barese. I veneziani nel 1099-1100, durante la prima crociata, approdarono infatti a Myra dove fu loro indicato il sepolcro vuoto dal quale i baresi avrebbero prelevato le ossa.
Tuttavia qualcuno rammentò di aver visto celebrare le cerimonie più importanti, non sull’altare maggiore, ma in un ambiente secondario. Fu in tale ambiente che i veneziani rinvennero una gran quantità di minuti frammenti ossei, che vennero trasportati nell’abbazia di San Nicolò del Lido.
San Nicolò venne quindi proclamato protettore della flotta della Serenissima e la chiesa divenne un importante luogo di culto. San Nicolò era infatti venerato come protettore dei marinai: non a caso la chiesa era collocata sul Porto del Lido, dove finiva la laguna e cominciava il mare aperto. A San Nicolò del Lido terminava l’annuale rito dello sposalizio del Mare.
Ricognizioni sulle reliquie di Bari e Venezia. A seguito di due ricognizioni effettuate nel 1954 a Bari e nel 1992 a Venezia, il prof. Luigi Martino, docente di anatomia umana e normale all’Università di Bari, ha sostenuto che le reliquie sono divise fra le due città: Bari possiederebbe i frammenti ossei di maggiori dimensioni, mentre Venezia i frammenti più minuti (circa la metà dello scheletro), e che questi ultimi sono “complementari con le ossa conservate a Bari”.
È stato ipotizzato che i baresi, nella fretta di asportare le reliquie, si siano impossessati solo dei frammenti ossei più grandi, lasciando sul posto quelli più minuti. Sono questi ultimi che oggigiorno si troverebbero a Venezia.
Iconografia
Il suo emblema è il bastone pastorale (simbolo del vescovato) e tre sacchetti di monete (o anche tre palle d’oro) queste in relazione alla leggenda della dote concessa alle tre fanciulle. Nello stemma di Collescipoli (Terni) è rappresentato a cavallo con un fanciullo alle sue spalle.
Negli affreschi dell’Abbazia di Novalesa (XI secolo), tra i primi conosciuti in occidente, porta il pastorale e indossa una casula blu e una raffinata stola a motivi geometrici. Tradizionalmente viene quindi rappresentato vestito da vescovo con mitra e pastorale.
L’attuale rappresentazione in abito rosso bordato di bianco origina dal poema A Visit from St. Nicholas del 1821 di Clement C. Moore, che lo descrisse come un signore allegro e paffutello, contribuendo alla diffusione della figura mitica, folkloristica, di Babbo Natale.
Nella Chiesa ortodossa russa san Nicola è spesso la terza icona insieme a Cristo e a Maria col Bambino nell’iconostasi delle chiese.