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Usura a Scafati, 8 persone a processo

SCAFATI. Otto persone indagate per usura in concorso a Scafati. Due famiglie che guadagnavano con i soldi prestati a strozzo a chi versava in serie difficoltà economiche. Chi non pagava veniva minacciato di morte: «Sciolgo il cane» diceva al telefono donna Elvira, figura centrale dell’inchiesta. Ora andranno tutti a processo. La notizia è riportata da il Mattino, oggi in edicola.
Otto, per la precisione, le persone indagate per usura in concorso e raggiunte dalla richiesta di rito immediato della Procura di Nocera Inferiore. Sono Elvira De Maio, Francesco Rosario Civale, Maria Neve Perrotti, Gerardina Nastro, Antonietta Di Lauro, Antonio Davide e Raffaele Porpora.

L’inchiesta

Figura centrale dell’inchiesta condotta dal sostituto Giuseppe Cacciapuoti, culminata con un blitz lo scorso dicembre, è la 58enne Elvira De Maio. La donna – spiega il Mattino – gestiva i suoi affari con il figlio Raffaele Porpora, il cui padre Antonino fu ucciso nella guerra di camorra negli anni 80, e da Francesco Civale. Non solo: a darle supporto c’era anche la madre Gerardina Nastro, che riscuoteva gli interessi mensili che le vittime erano obbligate a versare nella cassa comune. L’anziana donna era finita agli arresti domiciliari.

A processo ci va anche una dipendente dell’Asl, Di Lauro, addetta all’ufficio esenzioni dell’ospedale di Scafati e accusata di aver fiancheggiato Elvira De Maio. L’inchiesta ribattezzata «Get a money» prese origine dalla denuncia di una delle vittime, che a giugno scorso – sull’orlo del tracollo finanziario e in rottura con la propria famiglia – si accorse di non poter pagare gli interessi pattuiti. Per lui l’unica soluzione fu di denunciare tutto alla polizia giudiziaria.

Gli arresti

Pochi mesi di indagine condussero poi ai primi arresti. Il primo fu Raffaele Porpora, beccato a giugno scorso mentre intascava dei soldi segnalati e fotocopiati dalla prima vittima, alla quale il figlio di Elvira De Maio continuava a rivolgere minacce molto pesanti, sia di persona che al telefono. Il motivo era il ritardo per il pagamento di due prestiti, di 2000 e 3500 euro. Soldi che fruttavano a quella famiglia 1100 euro mensili. Le ultime telefonate erano arrivate sul cellulare della vittima proprio mentre si trovava dai carabinieri a raccontare le sue difficoltà. Le vittime identificate dagli inquirenti furono sei. La Procura registrò anche delle minacce alle stesse, settimane dopo il blitz. Davanti al gip Levita, gli otto potranno chiedere anche il giudizio con rito alternativo.

 

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