È il pallone che vola all’altezza della fantasia oppure è l’immaginazione che, grazie alla radio, prende il sopravvento? Prova a spiegarcelo con garbo, profondità e competenza una delle voci professioniste più note dello sport raccontato a chi in quel momento non può vederlo.Nel libro “Come quando ascoltiamo le partite alla radio. Storie di sport minuto per minuto” (Sei, Torino, pp. 210, Euro 12, scontato su Internet) Giovanni Scaramuzzino – da tempo nella squadra di “Tutto il calcio minuto per minuto” di Radio Rai nonché radiocronista delle partite del Mondiale 2014 – si mette alla prova come scrittore e va addirittura oltre, sorprendendoci nei panni di romanziere.
Dopo l’esordio con il particolare e avvincente “Fino all’ultimo chilometro. Il Giro d’Italia da una motocicletta” (Geo Edizioni), dedicato al grande ciclismo, qui Scaramuzzino spiazza l’ascoltatore, prima ancora del lettore, dando vita a una sorta di opera radiofonico-cartacea in più atti. È come se i protagonisti vivessero contemporaneamente le loro vicende e irrompessero sulla scena incontrandosi, sovrapponendosi, interrompendosi, completandosi e realizzandosi compiutamente proprio come il racconto in diretta di più partite alla radio.
Particolarmente indovinata la scelta di alcune figure portanti dell’opera: ecco un segretario scolastico (a suo tempo ammiratore di un giovane Nevio Scala, allenatore in rampa di lancio) che, grazie a una sciarpa a lungo tenuta riposta in un cassetto, riscopre, rivive e rielabora ricordi che si sublimano in un incontro che forse ha poco di casuale.
E poi il rapporto controverso, ma sempre speciale, tra genitore e figlio adolescente: entrambi sportivi, entrambi tifosi di calcio. Uno del Livorno; l’altro, il più giovane, nientemeno che del Bastìa. Una storia delicata, suggestiva che si snoda tra le impalpabili onde radio e quelle ben più visibili del Mar Tirreno sul traghetto tra Toscana e Corsica per assistere dal vivo alle partite di campionato dei “turchini”.
Ma probabilmente il personaggio più intenso, controverso e drammaticamente più vero è Fabio, portiere di successo, che in una serata nebbiosa perde la strada di casa alla guida del suo Suv rischiando – invano, purtroppo – di ritrovare quei valori di uomo che un tempo, grazie anche a una fondamentale presenza femminile, l’avevano accompagnato, saldi e sicuri, prima di essere sacrificati sul volatile altare dell’effimero.
Ecco, resta invece qualcosa di palpabile, di solido e concreto, dopo essere arrivati all’ultima pagina di quest’opera che pretende di non avere pretese, ma che sa raccontare con sensibilità e umiltà storie che in fondo sono un po’ anche le nostre. “Verba volant”, si dice, e a maggior ragione ciò vale per un radiocronista che con la voce deve saper correre dietro alla palla, alle volate, alle stoccate, al passante di rovescio, al tiro libero, al salto in lungo, al volteggio, sintetizzando l’azione al momento. In rilievo l’aspetto psicologico, la paura del dopo, la fine della carriera, l’addio agonistico: sensazioni, timori, a volte angosce che si affacciano in maniere e tempi diversi su chiunque fa dello sport la sua professione. Qui l’argomento è trattato dal punto di vista dell’atleta, finalmente, e in fondo a meravigliarci è soprattutto il fatto che tali considerazioni provengano da chi atleta professionista non è.
Ora però il merito maggiore di Scaramuzzino è quello di essere riuscito, scrivendo, a fermare l’attimo e a fermare anche noi. Una sosta che ci costringe a riflettere, ma non una frenata brusca: un dolce rallentamento dopo che l’autore ha avuto l’accortezza di bussare e chiedere permesso.