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La storia del comandante partigiano Michelangelo Sarnicola, di Agropoli

eroi guerra agropoli
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Qualche settimana fa presentai,  novità assoluta, l’elenco dei Partigiani Agropolesi, certificati dalle “Commissioni Regionali per l’accertamento delle qualifiche partigiane”, che parteciparono alla liberazione dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale: Benincasa Giuseppe, Campanile Giuseppe, Caruccio Ernesto, Del Giudice Giacinto, Garofalo Brillante, Gorga Mario, Liguori Franco, Nigro Nicola, Sarnicola Michelangelo.

Nel 2022, vi raccontai la storia del Partigiano Giuseppe Campanile e oggi, proseguendo la narrazione sul filo della esile e flebile memoria storica agropolese, vi narrerò la storia del Comandante Partigiano Michelangelo Sarnicola, nome di battaglia “Bob”. La ricostruzione della sua vita partigiana, non essendoci un storia già scritta, è stata fatta grazie a notizie che mi sono state fornite dai familiari e alle testimonianze storiche che ho acquisito in ricerche, non semplici, effettuate su documenti, libri e foto provenienti  dagli archivi nazionali dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), dai Musei Partigiani e da archivi privati.

A raccontarci alcuni momenti della vita di Michelangelo Sarnicola  è il figlio Nicola, medico in pensione, con l’hobby della vela, dell’arte presepiale e della campagna, che ha raccolto i ricordi della madre Livenza e dalla zia Carmelina (Lina). Il padre, ci dice Nicola: “Era una  persona schiva e riservata, delle sue azioni di guerra ne parlava pochissimo, senza scendere mai nei particolari. L’unica azione di cui parlava volentieri e ne andava fiero, era la presa di Savona, avvenuta il 25 aprile 1945, di cui conservo una foto bellissima, scattata in piazza Mentana, dove compare lui con il suo plotone”.

Michelangelo Sarnicola nacque ad Agropoli, in via Torrione (oggi via Ten. Gino Landolfi) il 2 dicembre 1918, da Nunziato e Vienna Signorelli. Una bella coppia agropolese con sette figli: tre uomini, Nicola, Michelangelo e Pasquale; quattro donne, Orsola, Giovanna, Teresa e Carmelina. Michelangelo conseguì la licenza della Quarta Elementare, un buon risultato all’epoca, e iniziò l’apprendistato, nelle botteghe del falegname e del calzolaio, e sui cantieri edili, da manovale e da cementista.

 Il 5 aprile 1939, Michelangelo iniziò la sua avventura da militare nel 44° Reggimento Fanteria Brigata “Forlì” e a luglio 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia, fu aggregato al 43° Reggimento “Forlì” acquartierato nell’area della Certosa di Pesio (CN), per frequentare un corso di sciatori, che superò brillantemente.

Ritornato nel 44° Reggimento “Forlì”, prima partecipò alle operazioni svoltesi sulla frontiera Alpina occidentale e, dal 1° febbraio 1941 all’8 settembre 1943, alternando ai combattimenti in prima linea, alcuni periodi di ospedale e di convalescenza, partecipò con il grado di Sergente alle operazioni di guerra in Albania e in Grecia. Il suo Reggimento fu sciolto in Grecia, a causa dell’armistizio dell’8 settembre 1945 e Michelangelo Sarnicola preferì essere internato in un campo di prigionia militare, anziché entrare a far parte dell’esercito tedesco.

Michelangelo fu deportato e rinchiuso nel campo di prigionia denominato “STALAG 1B”, situato a 2 km da Hohenstein, nella Prussia orientale, ora Polonia.

Lo “STALAG 1B” costruito nel 1939 per i soldati polacchi, durante la seconda guerra mondiale accolse anche soldati belgi, francesi, italiani, serbi e sovietici. Si stima che i prigionieri presenti nello  “STALAG 1B” e nei suoi campi di lavoro periferici, siano stati circa 650 mila. Condizioni dure, malnutrizione, maltrattamenti e ricorrenti epidemie di tifo, causarono il decesso di migliaia di prigionieri.

Dal 20 settembre 1943, poco prima della nascita ufficiale della RSI, i militari italiani che avevano rifiutato qualsiasi forma di collaborazione con i tedeschi, passarono dallo status di prigionieri a quello di Internati Militari Italiani (IMI). Ma la motivazione più importante era di carattere economico: gli IMI, a differenza dei prigionieri di guerra, che erano tutelati dalle convenzioni internazionali, potevano essere sfruttati senza riserve come forza lavoro.

Per Michelangelo furono mesi di prigionia tragici, patendo sofferenze indicibili tra stenti, vessazioni e malattie. Per cui nel febbraio 1944, progettò, insieme ad alcuni compagni di prigionia, un astuto e ardito piano di fuga.

Si presentarono al comandante dello “STALAG 1B” e chiesero di arruolarsi nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana, costituito nell’ottobre 1943, dichiarando che il loro intento era di difendere l’Italia dalla vile aggressione dell’esercito anglo-americano.

Arruolati, furono inviati in Piemonte. Nei primi giorni dell’ottobre 1944, quando s’intensificarono gli scontri tra i tedeschi e i partigiani, Michelangelo Sarnicola e cinque commilitoni, colsero l’occasione tanto attesa e disertarono dall’esercito della R.S.I., per unirsi ai partigiani.

I rastrellamenti in atto per stanare i gruppi partigiani presenti in zona, li costrinsero per tre giorni a rifugiarsi in anguste grotte e isolati casolari di montagna. Purtroppo, in uno dei rastrellamenti, tre di loro furono catturati, subendo una triste sorte. Il 9 ottobre 1944, appena la morsa tedesca si allentò, i tre rimasti, si misero in marcia per arruolarsi nella Formazione Autonoma “Brigata Savona”, che il 2 ottobre 1944, avendo subito un forte rastrellamento in Val Bormida (Savona) dove operava, era stata costretta a ripiegare nelle Langhe, insediando il comando a Pezzolo Valle Uzzone (CN).

In Val Bormida (Savona), da dove proveniva la “Brigata Savona”, operavano varie formazioni partigiane: le Bande Garibaldine, fazzoletto rosso, rappresentavano il Partito Comunista; i gruppi di Giustizia e Libertà, fazzoletto verde, si ispiravano agli ideali del Partito d’Azione e al movimento antifascista di Carlo Rosselli;    le Formazioni Autonome, fazzoletto azzurro, erano fedeli al neo governo del Regno del Sud, con a capo il Maresciallo Pietro Badoglio. Inizialmente le “Formazioni Autonome” chiamate anche badogliani o azzurri, erano formate da militari del Regno Esercito Italiano rientrati dalla Russia, da rimpatriati dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, da militari che si erano opposti al disarmo imposto dai tedeschi e ai bandi di reclutamento della neocostituita Repubblica Sociale Italiana. Dalla banda di “ribelli” di Giuseppe Dotta, nome di battaglia “Bacchetta”, aveva preso vita la formazione autonoma “Brigata Savona”, costituitasi ufficialmente il 15 settembre 1943.

Da Pezzolo Valle Uzzone, i partigiani della “Brigata Savona”, tra le cui fila militava Michelangelo Sarnicola, ingaggiarono tra l’11 ottobre e il 18 novembre 1944, una serie di scontri con i marò del Battaglione “San Marco”. Il 19 novembre, l’esercito nazi-fascista intraprese un violenta controffensiva nelle Langhe. Gli autonomi della “Savona” si batterono energicamente per tre giorni, perdendo cinque uomini e infliggendo gravi danni militari al nemico. Il 22 novembre, mentre la Brigata era schierata sulla linea di difesa Pezzolo-Belbo, a causa dell’insostenibilità delle posizioni, il comandante Giuseppe Dotta, “Bacchetta”, ricevette l’ordine di “sbandarsi”, cioè disperdere momentaneamente gli uomini della “Savona” sulle montagne piemontesi e liguri. L’inverno del 1944 – 1945 fu molto duro per Michelangelo Sarnicola e per i partigiani nascosti sulle montagne.

Temperature polari e scarsi viveri resero difficile la loro esistenza. Dormivano spesso all’addiaccio e, quando le temperature raggiungevano livelli proibitivi, si rifugiavano in ruderi o cascine abbandonate. Il 1° febbraio 1945, la “Brigata Savona” si riorganizzò e, con l’arrivo di altri volontari, furono costituite quattro brigate, tra le quali la “Furio Sguerso” composta da 426 volontari, con il Comandante Rinaldo Giribone “Flamer” e il Vice Comandante Pietro Agrebbe “Gibuti”. Michelangelo Sarnicola, nome di battaglia “Bob”, fu nominato Comandante del distaccamento “Fiamma”, composto da 103 uomini. Il loro motto era: “Morti si, vivi mai

Il 25 aprile 1945, Michelangelo Sarnicola entrò con il suo battaglione a Savona. Sul retro di una foto, che lo ritrae con i suoi uomini in piazza Mentana, il Partigiano “Bob” annotava:  “La mia azione più grande occupare Savona con il mio reparto. Solo 103 uomini di fegato. Io Comandante del Distaccamento “Fiamma”, Bob, nome di battaglia. Comandante di Distaccamento Michelangelo Sarnicola, 25 aprile 1945”.

Lo stesso giorno fu costituita la Divisione “Eugenio Fumagalli”, medico partigiano milanese morto nel gennaio 1945, Comandata da Giuseppe Dotta “Bacchetta”, che opererà nelle zone della Val Bormida e dalle Langhe.
Michelangelo concluse la sua azione di Partigiano nella “Fumagalli” il 30 Aprile 1945, giorno del suicido di Hitler. L’8 maggio 1945 la Germania firmò la resa incondizionata. Dopo un lungo viaggio di ritorno, il 17 maggio si presentò al Distretto Militare di Salerno che gli concesse una licenza straordinaria. Narra il figlio Nicola: “Mia zia Lina mi ha diverse volte descritto il giorno del suo arrivo, quando tutti i parenti andarono alla stazione ferroviaria a salutarlo, ad abbracciarlo, a festeggiarlo. La gioia era tanta, giacché per tutto il periodo della sua prigionia nel campo di concentramento “STALAG 1B” e della lotta partigiana, non avevano avuto sue notizie, preoccupandosi ogni giorno per le sue condizioni e per la sua sorte”. Il 28 settembre 1945, Michelangelo Sarnicola fu collocato in congedo illimitato.

Il 16 dicembre 1948, Michelangelo sposò Livenza Di Luccio. La giovane coppia aprì un Alimentari, nell’allora via Torrione, a pochi metri dall’edificio della Scuola di Avviamento Professionale, poi diventata Seconda Scuola Media. La loro unione fu coronata dalla nascita di Nunziato e Nicola. “Mi raccontava mia madre “rivela Nicola” che agli inizi degli anni sessanta vennero a fargli visita due amici partigiani, che non vedeva dalla fine della guerra. Mi è rimasta impressa la storia di uno di loro. Questo amico era di etnia ROM, ma di questo non ne aveva mai parlato con nessuno, forse un po’ per vergogna  e un po’ per paura. Sotto il regime fascista i ROM rischiavano la deportazione e quindi la vita. L’unico con cui si era confidato e conosceva il suo segreto, era mio padre, il comandante Bob”.     In quegli anni, Michelangelo si dedicava al lavoro e alla famiglia, partecipando anche alle celebrazioni dei tanti caduti agropolesi in guerra, tra cui molti suoi amici, onorando con dedizione la loro memoria. Ma la perfida sorte lo colpì giovanissimo. Era il 4 ottobre 1966, Michelangelo aveva 48 anni, e quella tragica mattina come al solito era al lavoro. Una banale caduta da uno scaletto di un metro spense per sempre l’esistenza di un eroe di mille battaglie. Ricorda il figlio Nicola: “Per noi familiari seguirono anni bui. Mia madre Livenza rimase sola con due bambini e fece salti mortali per assicurarci un giusto futuro. Ci fece studiare e noi ricambiammo conseguendo, Nunziato, che purtroppo ci ha lasciato qualche anno fa, la laurea in Scienze Biologiche e io, in Medicina e Chirurgia. Concludo dicendo che ho due figli, una ragazza di nome Francesca e un ragazzo che non poteva non chiamarsi che Michelangelo, in ricordo di un grande uomo”.

A sua memoria fu rilasciato il “Certificato di Patriota” firmato dal Generale Harold Alexander, Feldmaresciallo e Comandante Supremo delle Forze Alleate del Mediterraneo, che recita: “Nel nome dei Governi e dei Popoli delle Nazioni Unite, ringraziamo Sarnicola Michelangelo di avere combattuto il nemico sui campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti, tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà, svolgendo operazioni offensive, compiendo atti eroici, fornendo informazioni militari. Col loro coraggio e la loro dedizione, i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla grande causa di tutti gli uomini liberi. Nell’Italia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come patrioti che hanno combattuto per l’onore e per la libertà”.

(Ricerca Storica di Ernesto Apicella)

Nota dell’Autore: L’approfondimento storico degli eroi partigiani agropolesi, comprendente schede, foto e notizie, sarà presentato su un libro. Naturalmente proseguirò le mie ricerche per documentare, qualora ci fossero, altre figure eroiche della nostra cittadina che si sacrificarono per liberare l’Italia dal Nazismo.

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