SASSANO. Con la deposizione degli otto testimoni di parte civile è ripreso, questa mattina, presso il Tribunale di Lagonegro il processo contro Gianni Paciello, il 22enne che lo scorso 28 settembre uccise davanti al bar “New Club 2000″ nella frazione Silla di Sassano quattro giovanissimi del posto: Giovanni e Nicola Femminella, Daniele e Luigi Paciello, quest’ultimo fratello di Gianni.
Paciello, anche oggi non era presente in aula, per lui c’era solo sua mamma Pina. Questa mattina, oltre ai quattro testimoni presenti il giorno dell’incidente, è stato ascoltato anche il consulente tecnico della parte civile, l’ingegnere Giuseppe Pisano.
L’accusa a carico del 22enne che era stata inizialmente ipotizzata era quella di omicidio volontario poi derubricata a quella di omicidio colposo. A febbraio il GUP aveva respinto sia la richiesta di rito alternativo presentata dagli avvocati Alfonso Giuliano e Gennaro Lavitola, difensori di Gianni Paciello, sia la richiesta di chiamata in causa dell’assicurazione, quest’ultima perché la polizza non era intestata all’imputato. In aula erano presenti i genitori di Nicola e Giovanni Femminella e di Daniele Paciello, insieme ad alcuni parenti e amici.
La prossima udienza si terrà tra 21 giorni, il 26 giugno. In questa data verranno ascoltati 7 testi da parte dell’accusa. Durante l’udienza è stata più volte messa in evidenza l’alta velocità della BMW alla cui guida c’era il 22enne.
L’ingegnere Pisano, davanti al giudice Salvatore Bloise, ha proferito che l’auto è partita a tutta velocità ma che ad un certo punto, nei pressi della rotonda, ha iniziato a rallentare probabilmente perché il conducente si era reso conto di quello che di lì a poco sarebbe successo.
“Ho sentito un forte rumore, il rombo potente della Bmw”, ha detto uno dei testimoni, un altro invece ha sentito il forte tonfo dell’auto schiantarsi sulla vetrina del bar.
Tutti e quattro i testimoni hanno messo in evidenza il rumore assordante prodotto dall’auto e l’alta velocità.
Attualmente il 22enne si trova agli arresti domiciliari in una struttura protetta messa a disposizione dalla Caritas.
(Fonte: ondanews)