Divorato dalle fiamme che gli hanno impedito di uscire dall’abitacolo dell’auto.
È morto così Matteo Vinci, dopo che una bomba, sistemata sotto la vettura, aveva fatto saltare in aria la Ford Fiesta alimentata a metano.
Vinci, 42 anni, era ex rappresentante di medicinali con alle spalle un tentativo di entrare in politica svanito sul nascere nel 2015, quando si era candidato per un posto di consigliere comunale nel suo paese, Limbadi, nell’entroterra di Vibo Valentia.
Bomba esplode in auto: i dettagli
Suo padre Francesco, 73 anni, che era seduto in macchina di fianco a lui, ha riportato diverse lesioni ed è rimasto ustionato gravemente. Ha fatto solo in tempo a chiamare aiuto e poi è svenuto.
L’evento, secondo quanto riporta Correre della Sera, si è verificato in una strada sterrata in località Cervolaro, nel comune di Limbadi, uno dei primi ad essere sciolto per «cattiva gestione» quando ancora non era entrata in vigore la legge sulle infiltrazioni mafiose negli Enti pubblici.
Non c’è al momento una pista precisa che porta gli inquirenti a ipotizzare possibili moventi sull’agguato. La vittima e il padre non erano persone che gravitavano in ambienti mafiosi.
Sul loro passato, però, c’è l’ombra di una carcerazione, sia pure per poco tempo. In galera a marzo del 2014 finirono infatti Francesco Vinci, suo figlio Matteo e la madre Rosaria Scarpulla.
La discussione con i Mancuso
Con loro hanno varcato le porte del carcere di Vibo anche Rosaria Mancuso, 67 anni, sorella dei capi cosca Pantaleone («Luni») e Giuseppe Mancuso, quest’ultimo ergastolano, il marito Domenico Di Grillo e la figlia Lucia.
I Mancuso possiedono dei terreni adiacenti a quelli della famiglia della vittima. Tra i Vinci e i Mancuso all’epoca ci fu una violenta discussione per problemi relativi a questioni di confini. O forse — come stanno accertando gli inquirenti — di richieste di acquisizione da parte dei Mancuso dei terreni dei Vinci. Che non volevano per nessuna ragione vendere i propri possedimenti.
L’ordigno
L’ordigno utilizzato per far saltare in aria l’auto di Matteo Vinci, hanno accertato gli artificieri, era ad alto potenziale. E probabilmente potrebbe essere stato azionato con un telecomando a distanza. In questo territorio non si era mai arrivati a tanto.