Dopo l’hackeraggio di giugno ai danni dell’Università degli Studi di Salerno, alcuni dati sarebbero stati rubati e messi in vendita. Sul caso sono in corso le indagini della Polizia che, con la denuncia presentata tra fine luglio e inizio agosto, arricchisce il fascicolo sul quale si stava già lavorando. Lo riporta il Mattino.
Università di Salerno, dati rubati e messi in vendita
A presentare la denuncia sarebbero stati alcuni genitori di universitari che si sarebbero ritrovati con i propri dati sensibili pubblicati in rete. Dati che, secondo quanto ipotizzato, potrebbero essere stati rubati dai server dell’Ateneo il 30 giugno scorso quando ci fu l’attacco hacker. In quel caso furono gli studenti a lanciare l’allarme ma nel giro di poche ore il problema fu risolto e secondo una note dell’Ateneo nessun dato era stato compromessa.
Qualcosa però non sarebbe andata nel verso giusto e, da esperienze dirette dei ragazzi e qualche passaparola tra gruppi social, sta emergendo che quei dati rubati dall’archivio sarebbero andati all’asta con un prezzo di partenza di 300mila euro. Scaduti i termini, e non essendovi alcun acquirente, sarebbero stati messi gratuitamente in rete attraverso un link ransom.insicurezzapostale visionabile da tutti.
Insomma, al 3 agosto scorso erano stati pubblicati 656.000 files (208GB) nei quali si vedono documenti d’identità di molti studenti stranieri in Erasmus all’Unisa, dati su borse di studio, richieste di maternità, documenti di laureati (anche del 2015), lista iscritti dei frequentanti dell’asilo nido, contratti di lavoro a tempo determinato ed altri dati ma non quelli degli studenti italiani. Nei giorni scorsi, però, quegli studenti “salvati” dalla pubblicazione dei dati si sono lamentati tutti di ricevere messaggi spam da numeri whatsapp inusuali e molti associano questi eventi al furto dei dati all’UniSa. Alcuni addirittura hanno ricevuto messaggi inviati da numeri di persone iscritti a siti d’incontri.