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«Voglio sapere come è morto mio figlio»: il caso Nastri appassiona l’Italia

Riaperto ed archiviato per la seconda volta, nel giro di otto mesi, il caso di Mario Nastri, 37enne deceduto nel 2006 per motivi ancora sconosciuti e protagonista di uno dei misteri più oscuri degli ultimi anni in Italia. Dopo vari incontri con l’allora procuratore generale di Salerno Franco Roberti, la signora Anna Carbone, 69enne madre di Nastri, era riuscita ad ottenere la riapertura del caso. Malgrado una lettera strappalacrime, in cui la donna aveva raccontato per l’ennesima volta l’intera vicenda, inviata lo scorso 25 marzo, il caso è stato archiviato per la seconda volta il 16 settembre scorso dalla dottoressa Fittipaldi del Tribunale di Salerno, su richiesta del giudice per le indagini preliminari giunta due giorni prima. La donna ha saputo dell’archiviazione solo mercoledì scorso, recandosi personalmente presso gli uffici del Tribunale. «Non sono stata nemmeno avvisata», si è lamentata la signora Carbone, che aveva inviato apposita richiesta, il 12 aprile, di avere comunicazione in merito ad eventuali archiviazioni.

La questione risale al 2006 ed è un caso dalle tinte fosche. La vicenda ha inizio il 10 marzo 2006, quando Mario Nastri, 37 anni, esce di casa alle ore 17:30 per svolgere alcuni servizi. Dopo un paio d’ore, vedendo che il figlio non è tornato a casa, la signora inizia a telefonare, senza ottenere risposte. Il giorno successivo, la donna, accompagnata dagli altri due figli, si reca presso la compagnia dei Carabinieri di Battipaglia per denunciare la scomparsa di Mario. «Mi risposero che dovevano passare 48 ore prima di iniziare le ricerche», ricorda la donna. Il 14 marzo dei poliziotti provenienti da Eboli si recano a casa della famiglia Nastri per cercare Mario. «Risposi che era sparito – ricorda ancora la signora Carbone – mi dissero che aveva avuto un incidente all’ingresso dell’area di servizio di Campagna, in autostrada, con un camion. Il camionista, proveniente da Catania, avrebbe chiamato la Polizia e all’arrivo dei poliziotti avrebbe detto che mio figlio si era buttato dal cavalcavia». I poliziotti lasciano andare il camionista e non avviano ricerche sotto il cavalcavia. «Iniziammo le ricerche da soli, aiutati da amici e parenti, mentre le forze dell’ordine si erano limitate solo ad un giro presso ospedali e altri luoghi e ad un volo in elicottero. Girammo Campania e Basilicata, facemmo appelli in tv, senza ottenere risposte». La donna viene anche contattata dalla trasmissione “Chi l’ha visto?”, che si trova sul posto il giorno del ritrovamento. Il 23 marzo, 14 giorni dopo la scomparsa, il corpo di Mario viene trovato presso la diga di Persano, tra Campagna e Serre, dal figlio del custode che era andato a pescare. Il corpo si presume che sia stato portato lì dalle piogge incessanti di quei giorni. Sulla salma ci sono tre segni di colpi provocati da un corpo contundente, ma i risultati dell’autopsia sono vaghi e l’inchiesta viene chiusa ad ottobre: per la procura, si trattò di suicidio.

Da allora la madre si batte per ottenere la verità, con lettere, appelli, incontri. Ha scritto negli anni a Napolitano, Prodi, Berlusconi, Amato, Alfano, ai vari prefetti che si sono susseguiti a Salerno, all’arcivescovo Moretti che pure ha risposto invitando la donna a recarsi presso il parroco del rione Belvedere, dove la famiglia Nastri vive.

Lo scorso gennaio aveva ottenuto la riapertura del caso. Ma è stato tutto inutile, almeno finora.

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