Cronaca

Salvatore Buzzi apre un pub: i nomi dei piatti ispirati alla malavita

Salvatore Buzzi apre un pub: polemiche per i nomi dei panini ispirati alla malavita. C'e il panino "Libanese", dal vecchio capo della Magliana

Salvatore Buzzi ha aperto un pub. In questo locale pagano tutti: amici, parenti e conoscenti, i pubblici ministeri pagano doppio e i giudici triplo. Hanno diritto allo sconto gli ex soci e i dipendenti del gruppo 29 giugno”. Le premesse sono già golose, il menù pure, tra Mix Buzzi’s burg’r, panini speciali Gomorra, Suburra, Samurai, Mondo di Mezzo e Agro Pontino o l’hot dog Er Terribile. Apre in via di Tor Vergata il Buzzi’s Burger.

Salvatore Buzzi apre un pub: polemiche per il menu

L’imprenditore-imputato di Mafia Capitale (Buzzi ha annunciato ricorso in Cassazione dopo la riderterminazione della pena in appello) si dà alla ristorazione. Salvatore Buzzi si prepara all’inaugurazione del suo pub (quattro vetrine a pochi passi da Ikea) preso in gestione dopo le accuse, le condanne, il carcere e i titoli in prima pagina. Nel menù fioccano anche i riferimenti ai personaggi della malavita romana e della Banda della Magliana abbinati a vari tipi di panini da 100, 250, 500 grammi.

I nomi dei panini ispirati alla malavita

C’e il panino “Libanese”, dal soprannome del vecchio capo della Magliana Franco Giuseppucci, al “Freddo” alias cinematografico dell’altro capo Maurizio Abbatino, e poi il “dandy”, “er Bufalo”. C’è perfino “Er Secco” Vegano o le insalate di “Genny” e “Scrocchiazzeppi”.

Chi è Salvatore Buzzi

Salvatore Buzzi è un criminale e imprenditore italiano. Figlio di una maestra elementare e di un grande invalido di guerra, ben presto inizia a lavorare in banca. Buzzi vive al di sopra delle sue possibilità: usa un’auto di lusso e abita in un discreto appartamento con la fidanzata, viceconsole brasiliana. Si finanzia questo tenore di vita rubando assegni della banca dove lavora, che un suo complice, Giovanni Gargano, un pregiudicato ventenne, s’incarica di incassare. Gargano comincia a ricattare Buzzi, che il 26 giugno 1980 lo uccide nelle campagne di Malagrotta con 34 coltellate dopo averlo rincorso e finito a seguito di una colluttazione selvaggia; prima di scappare lascia 9 banconote da 1000 lire sulla faccia della vittima e cosparge di benzina il corpo a causa del passaggio di una volante. Dopo tre giorni si scopre che il colpevole è l’insospettabile Buzzi: a inchiodarlo è una macchia di sangue nella sua auto. La sua fidanzata ammette che era rientrato a casa a tarda notte con un taglio su una mano e i vestiti sporchi e lui stesso cede dichiarando di aver ucciso Gargano dopo che questo aveva cercato di accoltellarlo.

Condannato a 30 anni per omicidio volontario il 26 maggio 1983, è un detenuto modello nel carcere di Rebibbia: due mesi dopo la condanna è il primo carcerato in Italia a laurearsi in cella, in Lettere e Filosofia, con la votazione di 110 e lode. Il quotidiano la Repubblica gli dedica un articolo.  Successivamente si mette a studiare Giurisprudenza e lavora come bibliotecario del penitenziario. Il 29 giugno 1984 Buzzi, con una trentina di detenuti – e davanti a Ugo Vetere (sindaco di Roma), Giuliano Vassalli (presidente della Commissione Giustizia), Aldo Bozzi (presidente della Commissione per la riforma costituzionale), Nicolò Amato (direttore generale degli istituti di pena) – organizza un convegno sulla condizione delle carceri in Italia che è il primo convegno in Europa su temi giuridici organizzati da un detenuto nelle carceri italiane: nel suo intervento chiede l’applicazione della legge di riforma carceraria, “completamente disattesa. Le misure alternative alla detenzione sono previste e vanno perciò applicate”.

Per queste dichiarazioni verrà elogiato dal deputato Stefano Rodotà e Luciano Violante (responsabile giustizia del Partito Comunista). Nel marzo del 1986 la condanna scende a 14 anni e 8 mesi e quattro mesi dopo tiene un altro incontro sulla detenzione dopo la fine degli anni di piombo. L’8 luglio 1987 presenta un libro che raccoglie gli atti dei due seminari contribuendo, secondo l’ANSA, a far nascere la riforma Gozzini in cui si afferma la prevalenza della funzione rieducativa della pena. Nel dicembre del 1987 la Cassazione rende definitiva la pena. Tra il 1989 e il 1991 spariscono 5 anni e 8 mesi di carcere: il Tribunale di sorveglianza ne sconta 2 per il condono del 1981, altrettanti spariscono per l’indulto del 1991 e 1 anno e 8 mesi se ne vanno grazie alla legge 353 sulla liberazione anticipata. Nel novembre del 1992 la pena è estinta. Quindi dopo 6 anni di carcere, 2 in semilibertà e 1 anno e mezzo in libertà condizionata, l’8 giugno 1994 il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro gli concede la grazia e quattro anni dopo arriva anche la riabilitazione.

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