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Le frasi più belle per celebrare San Francesco

Quali sono le frasi più belle profonde per fare gli auguri in occasione della giornata di San Francesco d’Assisi, celebrato il 4 ottobre? San Francesco nacque ad Assisi l’anno 1182 da Pietro Bernardone e da madonna Pica, ricchi commercianti. La sua nascita fu circondata da avvenimenti misteriosi: un mendicante, presentatosi a madonna Giovanna Pica, pochi giorni prima della nascita di Francesco, le disse:

“Fra queste mura spunterà presto un sole…”; il giorno stesso della nascita, essendo la madre oltremodo accasciata per i dolori del parto, un altro pellegrino le disse: “Tutto andrà bene, purchè la madre sia condotta nella stalla”, e così avvenne…

San Francesco d’Assisi: le frasi di auguri più belle e profonde

Di seguito una selezione di frasi ed immagini da inviare in occasione della giornata di San Francesco:



Il 4 ottobre è San Francesco: frasi su animali, morte e matrimonio







La storia di San Francesco d’Assisi

Un altro giorno fu udito par le vie di Assisi un romito che gridava:“Pace e bene, pace e bene!”… il futuro motto di Francesco. La dolce madonna Pica taceva e pregava, pensando: cosa mai sarà di questo fanciullo così prediletto da Dio?  Intanto Francesco cresceva vivace, allegro, amante delle spensierate brigate, delle laute cene, dei suoni e dei canti. Siccome gli affari andavano bene, il padre lo avviò alla mercatura.

Di ingegno vivace, riusciva a meraviglia; combattè anche contro Perugia e sostenne lunga prigionia. La grazia di Dio intanto lavorava. Un giorno gli amici, vedendolo assorto, gli domandarono:“Pensi a prendere moglie?”. “Sì”, rispose Francesco,”e sposerò la donna più bella e più amabile del mondo”… si riferiva a “madonna povertà!”.

Una mattina, è colpito, in una chiesetta di campagna, da un brano del Vangelo, che diceva: “Non tenere né oro né argento né altra moneta; non borse, non sacchi, non due vesti, non scarpe, non bastone”. Si spogliò di tutto, diede quanto aveva in elemosina, e a suo padre che l’aveva citato davanti al Vescovo, diceva rendendogli anche i vestiti:

“Finora ho chiamato Pietro di Bernardone mio padre, d’ora in poi a maggior ragione dirò: Padre mio che sei nei cieli”.

Esce all’aperto e, immediatamente. mette in pratica il consiglio evangelico. Si scalza, s’infila una tunica contadinesca, getta la cintura di cuoio e al suo posto s’annoda sui fianchi una corda. (La cintura di cuoio era nel medioevo la parte più importante dell’abito, tanto importante che Dante. quando vorrà lodare la rude semplicità dei vecchi fiorentini, li dirà “cinti di cuoio e d’osso”).

Da quel giorno l’eroismo di Francesco non ebbe più limiti: i poveri, i lebbrosi, gli ammalati di ogni specie furono la sua parte életta. Fu trattato da pazzo, percosso, vilipeso, maledetto, ed egli ricambiava tutto con preghiere, carità, amore. Ai suoi seguaci, che volle chiamare “Frati Minori“, insegnava il lavoro, l’elemosina, la preghiera e la povertà più assoluta.

Dove passò portò la benedizione di Dio: la pace fra le fazioni e l’amore fra i nemici: convertì peccatori, salvò miserabili, protesse oppressi. I tre voti francescani, obbedienza, povertà e castità, non erano pesi che il figlio di Pietro Bernardone prendeva sulle sue grame spalle e che imponeva ai compagni d’avventura.

Al contrario, quei voti rendevano lui e i suoi seguaci più presti e leggeri. L’obbedienza scioglieva da ogni dubbio; la povertà liberava da ogni cupidigia; la castità sollevava da ogni impegno carnale. I vizi contrari a quei voti, cioè la superbia, l’avarizia e la lussuria, erano tre mostruose fibbie, che imbrigliavano l’uomo mondano.

Benedetto dal Papa, estese ovunque ed a tutti la sua opera: istituì le Clarisse; fondò e diffuse il Terz’Ordine; andò fra i Turchi: mandò apostoli dappertutto a portare “pace e bene”. Alla Verna, Dio impresse sul suo servo fedele il segno del suo amore: le sacre stimmate.

Compose laudi in onore del suo Dio perché esclamava: “L’amore non è amato, l’amore non è amato!”. Morì, benedicendo i suoi figliuoli e la sua cara città di Assisi, il 4 ottobre 1226. Fu chiamato il più santo degli Italiani, e il più Italiano dei santi; assieme a Santa Caterina da Siena è il grande protettore della nostra amata patria.

Pratica, preghiera e martirologio romano

Ad onore di S. Francesco facciamo oggi una mortificazione ed una elemosina.

O Dio, che per i meriti di S. Francesco accrescesti la tua Chiesa di una nuova famiglia, concedici di disprezzare a suo esempio le cose terrene, e di poter partecipare alla gioia dei doni celesti.

Ad Assisi, in Umbria, il natale di San Francésco, Levita e Confessore. Fondatore di tre Ordini, cioè dei Frati Minori, delle Povere Donne, e dei Fratelli e delle Sorelle della Penitenza. La sua vita, piena di santità e di miracoli, fu scritta da san Bonaventura.

San Francesco e il Natale

La natura fantastica del “giullare di Dio” e insieme la sua intuizione didattica si manifestarono specialmente nella più poetica rappresentazione ideata in un bosco, cioè nel Presepio di Greccio.

Per Francesco il Natale era la festa delle feste, appunto perché Dio stesso, con la sua adorabile incarnazione, scendeva in terra, e si faceva fratello degli uomini. Frate, non monaco. L’eterno entrava nel tempo; l’immobile diventava viandante. Dal Natale in poi, tutte le strade sarebbero state come quella d’Emmaus.

Il santo dell’umiltà si commuoveva all’idea dell’infinita umiliazione di Dio che si fa uomo. Il santo della povertà piangeva al pensiero dell’estrema indigenza di Gesù, nato in una stalla. E finalmente, il santo della perfetta letizia si rallegrava al ricordo dell’Alleluia celeste.

Il Natale era dunque la festa più francescana dell’anno liturgico. Vi si celebrava l’umiltà, la povertà e l’innocenza. I tre voti francescani brillavano, con meraviglioso fulgore, nel cielo natalizio.

“Se io potessi parlare all’imperatore”, diceva Francesco, “vorrei pregarlo di emanare un comando generale, perché tutti coloro che lo possono, spargano per le vie frumento e granaglie nel giorno di Natale, sicché in quel giorno di tanta solennità gli uccelli abbiano cibo in abbondanza”. Anche questo sarebbe stato un modo di rendere evidente la gioia natalizia, comunicandola, attraverso il cibo, anche agli abitanti dell’aria.

Un anno, il Natale cadeva di venerdì e fra’ Monco, il cuciniere, fu in dubbio se fare, in quel giorno, di grasso o di magro. “Faresti peccato, o fratello”, gli gridò Francesco, “chiamando venerdì il giorno in cui è nato Gesù. Vorrei che in un giorno come questo mangiassero carne anche le pareti e, non potendo, ne fossero almeno unte di fuori!” Soltanto la fantasia d’un uomo sobrio e continente come lui poteva immaginare qualcosa di simile.

Nell’inverno del 1223 ebbe finalmente l’idea della prima sacra rappresentazione. Mandò a chiamare il signore di Greccio, Giovanni Velita, e gli disse:

“È mio pensiero rievocare al vivo la memoria di quel Bambino celeste che è nato laggiù in Betlem, e suscitare davanti al suo sguardo e al mio cuore gl’incomodi delle sue infantili necessità: vederlo proprio giacere su poca paglia, reclinato in un presepio, riscaldato dal fiato di un bue e di un asinello”.

Così, la notte di Natale del 1223, nel bosco di Greccio, avvenne la prima rappresentazione natalizia inventata da San Francesco: il Presepio.

Un sacerdote celebrò la Messa di mezzanotte sopra una mangiatoia. San Francesco, non essendo sacerdote, ma soltanto diacono, cantò il Vangelo della Nascita, e lo spiegò al popolo, accorso nel bosco di Greccio con fiaccole accese.

Chiamava Gesù “il bambino di Betlem“, e nel pronunziare queste parole, narra il suo primo biografo, sembrava una pecora che belasse “talmente la sua bocca era ripiena, non tanto di voce, quanto di dolce affetto. E nominando il Bambino di Betlem, oppure dicendo Gesù, lambivasi con la lingua le labbra, quasi a gustare e deglutire la dolcezza di quel nome.”

San Francesco e gli animali

San Francesco chiamava gli animali “i nostri fratelli più piccoli”. Per loro aveva le attenzioni più delicate. Voleva scrivere a Federico II perché con un editto stabilisse che a Natale le strade fossero cosparse di granaglie e di grano per gli uccelli: anch’essi dovevano gioire per la nascita del Redentore. Perché non fossero calpestati, scansava dai sentieri i vermi. A Sant’Angelo in Pantanelli, presso Orvieto, viene mostrato tuttora uno scoglio sul Tevere, dal quale avrebbe gettato nel fiume dei pesci che gli erano stati regalati.

Un giorno S.Francesco andò alla elemosina assieme a frate Massèo e i due si imbatterono in un uomo che portava al mercato due agnelli da vendere, legati, belanti e penzolanti dalla spalle.

All’udire quei belati, il servo di Dio, vivamente commosso, si accostò, accarezzandoli, come suol fare una madre con i figlioletti che piangono, con tanta compassione e disse al padrone:

“Perché tormenti i miei fratelli agnelli, tenendoli così legati e penzolanti?”.

Rispose: “Li porto al mercato e li vendo: ho bisogno di denaro”.

E Francesco: “Che ne avverrà?”.

E quello: “I compratori li uccideranno e li mangeranno”.

Nell’udire questo il santo esclamò: “Non sia mai! Prendi come compenso il mio mantello e dammi gli agnelli”.

Quell’uomo fu ben felice di un simile baratto, perché il mantello, che Francesco aveva ricevuto a prestito da un uomo proprio quel giorno per ripararsi dal freddo, valeva molto di più delle bestiole. Infatti ogni creatura dice:

“Dio mi ha creato per te, o uomo! Noi che siamo vissuti con lui, lo vedevamo rallegrarsi interiormente ed esteriormente di quasi tutte le creature, così che, toccandole o mirandole, il suo spirito sembrava essere in cielo, non in terra. E per le grandi gioie che aveva ricevuto e riceveva dalle creature, egli compose, poco prima della sua morte, alcune Lodi del Signore per le sue creature, per incitare alla lode di Dio i cuori di coloro che le udissero, e così il Signore fosse lodato dagli uomini nelle sue creature”.

Dai “Fioretti” di San Francesco

Come Santo Francesco convertì tre ladroni micidiali, e fecionsi frati; e della nobilissima visione che vide l’uno di loro,il quale fu santissimo frate.

Santo Francesco andò una volta per lo distretto del Borgo a Santo Sipolcro, e passando per uno castello che si chiama Monte Casale, venne a lui uno giovane nobile e molto dilicato, e dissegli:

“Padre, io vorrei molto volentieri essere de’ vostri frati”.

Rispose Santo Francesco: “Figliuolo, tu se’ giovane, dilicato e nobile: forse che tu non potresti sostenere la povertà e l’asprezza nostra”.

Ed egli: “Padre, non sete voi uomini come io? dunque, come la sostenete voi, così potrò io colla grazia di Cristo”.

Piacque molto a Santo Francesco quella risposta; di che benedicendolo, immantinente lo ricevette all’ordine e puosegli nome frate Agnolo. E portassi questo giovane sì graziosamente che ivi a poco tempo santo Francesco il fece guardiano nel luogo detto di Monte Casale.

Testamento di San Francesco (1226)

Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza cosi: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.

Preghiera semplice

Oh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace:

dove è odio, fa ch’io porti amore,
dove è offesa, ch’io porti il perdono,
dove è discordia, ch’io porti la fede,
dove è l’errore, ch’io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch’io porti la speranza.

Dove è tristezza, ch’io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.

Oh! Maestro, fa che io non cerchi tanto:
Ad essere compreso, quanto a comprendere.
Ad essere amato, quanto ad amare
Poichè:

Sì è: Dando, che si riceve:
Perdonando che si è perdonati;
Morendo che si risuscita a Vita Eterna.

Amen.

Benedizione a Frate Leone

Il Signore ti benedica e ti custodisca.Mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te.Volga a te il suo sguardo e ti dia pace.Il Signore ti dia la sua grande benedizione.Benedicat tibi Dominus et custodiat te,
ostendat faciem suam tibi et misereatur
tui convertat vultum suum ad te
et det tibi pacem
Dominus benedicat frater Leo, te
Benedicat, benedicat,
benedicat tibi Dominus
et custodiat te Frater Leo, te

Fratello Sole e Sorella Luna

Dolce è sentire
Come nel mio cuore
Ora umilmente
Sta nascendo amore
Dolce è capire
Che non son più solo
Ma che son parte di una immensa vita
Che generosa
Risplende intorno a me
Dono di Lui
Del Suo immenso amore
Ci ha dato il Cielo
E le chiare Stelle
Fratello Sole
E Sorella Luna
La Madre Terra
Con Frutti, Prati e Fiori
Il Fuoco, il Vento
L’Aria e l’Acqua pura
Fonte di Vita
Per le Sue Creature
Dono di Lui
Del suo immenso amore
Dono di Lui
Del suo immenso amore

 

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