Quali sono i clan di camorra più potenti della zona di San Vitaliano? L’organizzazione criminale più potente del mondo è la camorra. A dichiararlo è la Dia, il Reparto di Investigazione di massimo livello, la cui relazione 2023 aggiornata è stata di recente pubblicata dal Ministero dell’Interno. Le indagini svolte su oltre 200 famiglie di camorra hanno permesso di identificare migliaia di affiliati operanti in Campania, in altre regioni italiane e nazioni. Inoltre, la camorra, presente in diversi continenti, fattura annualmente centinaia di migliaia di milioni di euro. Il resoconto che segue riguarda il più potente clan della zona di San Vitaliano, il clan Cava
Camorra: il clan più potente della zona di San Vitaliano, il clan Cava, la storia
Il clan Cava ebbe la sua genesi tra gli anni ‘60 e gli anni ‘70. I fratelli, Salvatore e Vincenzo Cava, furono tra i boss più influenti ma a loro seguì una stirpe di camorristi, di leader e soldati consanguinei. Famiglie malavitose come i Cava, i Graziano e altre, originarie di Quindici (Av) e zone limitrofe, inizialmente erano strette in un’alleanza, un cartello criminale chiamato il clan dei “quindiciari”. A Quindici e nel Vallo, erano i Graziano a comandare, rispetto ai quali, altre famiglie camorriste locali come i Cava, erano subalterne. Per decenni, i boss del clan Graziano furono eletti sindaco, con il tacito assenso di una oppressa popolazione locale. Il primo di questi fu Fiore Graziano, detto “Ciore ‘i bomba”, un boss feroce e temuto. Fiore Graziano commise il suo primo omicidio a 14 anni.
La sorella aveva intrecciato una relazione con un rivale e per punirla, la uccise. Stessa sorte toccò ad un’altra sorella, che Fiore Graziano fece uccidere per lo stesso motivo. Nel settembre del 1972, Fiore Graziano si trovava nello stadio comunale di Quindici per assistere ad una partita di calcio. Un killer salì sugli spalti, lo raggiunse e lo ammazzò a colpi d’arma da fuoco. Passò poco tempo e il killer di “Ciore ‘i bomba” fu freddato a sua volta. Ad uccidere Fiore Graziano fu la famiglia Grasso, un’altra famiglia camorristica di Quindici che voleva spodestare i Graziano. Il conflitto tra i Grasso e i Graziano si concluse con la vittoria dei Graziano.
La faida tra i Cava e i Graziano
La famiglia Cava e la famiglia Graziano, un tempo alleate, entrarono in guerra a seguito del terremoto che nel 1980 colpì una vasta area del sud Italia ma soprattutto l’Irpinia. Un fiume di denaro fu stanziato per la ricostruzione e i Cava, sempre più potenti e dalle vedute differenti da quelle dei Graziano, non accettarono più di essere un’ombra di questi ultimi. Con l’adesione dei Cava alla Fratellanza napoletana e dei Graziano alla Nco, i rapporti tra le due famiglie si incrinarono ulteriormente. Poi, ci fu l’alluvione che travolse Sarno, Quindici, Siano e Bracigliano. Nel 1982, un commando del clan Cava, armi alla mano, fece irruzione nel comune di Quindici con l’intento di uccidere il sindaco, nonché anche boss, Raffaele Pasquale Graziano.
Raffaele Pasquale Graziano riuscì a fuggire, trovando rifugio in una soffitta ma il messaggio dei Cava fu forte e chiaro, Quindici non apparteneva ai Graziano. Dagli anni ‘70, ben cinque sindaci di Quindici erano della famiglia Graziano, due finirono uccisi e tre furono rimossi dall’incarico per rapporti con la camorra. La faida tra le due famiglie si protrasse per decenni, con vendette trasversali, sequestri e agguati. I componenti dei Cava e dei Graziano indossavano i giubbotti antiproiettile e utilizzavano auto blindate per scampare alla furia rivale, eppure, furono compiute diverse stragi.
La strage di Scisciano
Giovedì 21 novembre 1991, a Scisciano, un commando composto da elementi del clan Cava, compì una strage nella quale persero la vita Eugenio Graziano, 30 anni, ex sindaco di Quindici e all’epoca dei fatti latitante, il cugino Vincenzo Graziano, 22 anni e il loro guardaspalle, Gaetano Santaniello, 21 anni. La strage fu ideata e portata a termine dal clan Cava, allo scopo di eliminare le “nuove leve” del clan Graziano. Le tre vittime, tutte di Quindici, si erano recate a Scisciano, presso una carrozzeria, a causa di una loro autovettura blindata che aveva fuso il motore. Mentre l’auto veniva riparata, d’improvviso, una raffica di kalashnikov raggiunse Gaetano Santaniello che fu il primo a morire, ebbe a stento sentore di ciò che stava accadendo, i proiettili gli squarciarono la scatola cranica.
Vincenzo Graziano provò a fuggire ma la strategia dei killer, ben congegnata, gli permise di percorrere pochi metri, prima di essere falciato a colpi di mitra. Eugenio Graziano, cercò di fuggire attraverso le campagne circostanti ma un secondo commando lo inseguì e gli sparò. I killer gli resero irriconoscibile il volto, dopo avergli scaricato contro raffiche di kalashnikov. Vincenzo ed Eugenio erano nipoti del boss ed ex sindaco di Quindici Raffaele Pasquale Graziano. La mattanza fu conseguenza della faida che, già dai primi anni ’80, vedeva contrapposti i clan Cava e Graziano.
La strage delle donne
La sera del 26 maggio del 2002, a Lauro, un’automobile Audi con a bordo alcune donne del clan Cava fu inseguita e speronata da un’altra auto, un’Alfa romeo condotta dal boss Salvatore Luigi Graziano, che si trovava in compagnia di alcuni parenti. In direzione dell’auto nella quale viaggiava la famiglia Cava, partì una pioggia di proiettili che uccise tre parenti del boss Biagio Cava; Clarissa Cava, 16 anni, figlia del boss; Michelina Cava, 51 anni, sorella del boss e Maria Scibelli, 53 anni, cognata del boss. Un’altra figlia del boss Biagio Cava, Felicetta Cava, 19 anni, rimase paralizzata in modo permanente, costretta a stare su una sedia a rotelle.
Alla fine, si contarono 3 morti e 6 feriti. A compiere l’eccidio, fu un gruppo di donne del clan Graziano supportate da almeno due uomini, il boss Salvatore Luigi Graziano e Antonio Mazzocchi, cognato del boss Adriano Graziano. Tra le lady killer, c’erano Alba Scibelli, 41 anni, moglie di Eugenio Graziano, ex sindaco di Quindici, rimasto vittima della strage di Scisciano; Chiara Manzi, 62 anni, moglie di Salvatore Luigi Graziano, in dosso le fu trovato un fucile da 9 mm che la donna aveva infilato nel reggiseno e le due figlie di Alba Scibelli, Stefania e Chiara Graziano, di 19 e 20 anni. Della strage diede notizia e scrisse anche la BBC News.
La struttura del clan Cava
Il clan Cava, presenta una struttura analoga a quella di una ‘ndrina calabrese, pur mantenendo le altre caratteristiche di un clan di camorra. L’organizzazione criminale Cava, è da sempre a “conduzione familiare” e molti dei suoi membri sono consanguinei, o legati da rapporti di parentela. Come le ‘ndrine calabresi, il clan Cava è quasi impermeabile al fenomeno del pentitismo. Difatti, gli unici ad aver collaborato con la giustizia, sono stati esponenti di secondo piano. Come spesso accade in un clan di camorra, invece, all’interno dell’organizzazione criminale Cava, le donne hanno un ruolo attivo.
Il clan Cava: la guerra tra la Nco e l’Onorata fratellanza
Durante la guerra di camorra tra la Nuova camorra organizzata, o Nco, di Raffaele Cutolo, detto ‘o professore vesuviano e la fazione antagonista chiamata Onorata fratellanza, o anche Fratellanza napoletana, il clan Cava rientrava nella federazione di famiglie e gruppi di fuoco associati al potente clan Alfieri, imperante nella zona del nolano-vesuviano. Il clan Cava, mantenne solidi i rapporti e le alleanze con diverse famiglie di quello schieramento. Nell’agro nolano con il clan Russo di Nola e con i Fabbrocino della zona compresa tra Palma Campania, San Gennaro Vesuviano e Ottaviano.
Il clan Cava e il clan Sangermano
La famiglia Sangermano, originaria di San Paolo Bel Sito, per molto tempo è stata una estensione del clan Cava ed operava per conto di quest’ultimo nei territori del nolano. I Sangermano, in seguito, scelsero l’indipendenza ma i rapporti con il clan Cava rimasero pressoché invariati, dati gli affari e le zone in comune. Traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, cemento e calcestruzzo imposto alle aziende edili, rimasero solo una parte degli affari illeciti che il clan Cava e il clan Sangermano continuarono a svolgere spesso insieme.
San Vitaliano: crocevia del crimine e feudo dei Cava
Nel comune di San Vitaliano sono presenti diverse organizzazioni criminali come i Fabbrocino di San Giuseppe Vesuviano, i Sangermano di San Paolo Bel Sito, i “mariglianesi” dei Mazzarella di Marigliano e i Cava di Quindici. San Vitaliano è un luogo strategico per diverse organizzazioni criminali che hanno stretto alleanza e fatto accordi molto vantaggiosi per il clan Cava, data la posizione dominante di quest’ultimo a San Vitaliano. Solo affari e non belligeranza, nessuno scontro tra clan sul territorio.
Clan Cava: personaggi di spicco
- Biagio Cava, (Quindici, 16 ottobre 1955 – Napoli, 29 novembre 2017) – figlio di Vincenzo Cava, era considerato il numero uno del clan. Giovedì 28 aprile 1983 fu vittima di un agguato. Giuseppe Fabi, affiliato del clan, perse la vita, Biagio Cava, si salvò poiché indossava un corpetto antiproiettile. Biagio Cava, fu sospettato di essere l’ideatore ed uno degli esecutori materiali della strage di Scisciano, avvenuta nel novembre del ’91. Biagio Cava, mentre era recluso nel carcere di Nizza, nel maggio del 2002, riuscì ad entrare in possesso di un cellulare e via telefono fu informato del fatto che i Graziano gli avevano ammazzato una figlia, la sorella, la cognata e che un’altra figlia, la primogenita, versava in condizioni gravissime
- Antonio Cava, detto Ndo’ Ndo’, (Quindici, 18 novembre 1956) – figlio di Raffaele Cava e Assunta Santaniello. Antonio Cava, commise il primo omicidio a 15 anni, in Germania. Uccise un italiano, anch’egli di origini meridionali, il quale aveva offeso sua madre. Antonio Cava era considerato il numero 2 del clan, secondo solo al cugino Biagio Cava. Antonio Cava, giovedì 17 gennaio 1991, si trovava nella piazza di Quindici, dove stava assistendo alla festa patronale. Nei pressi della stessa piazza, in una casa diroccata, c’erano appostati due affiliati del clan Graziano che con un fucile di precisione, spararono al boss. Antonio Cava, fu colpito al mento da un proiettile, non perse la vita ma il suo volto rimase permanentemente deturpato
- Salvatore Cava, detto “Tore ‘e Clelia”, uno dei primi leader del clan. A Salvatore Cava, i Graziano uccisero due figli, Vincenzo Cava, affetto da disabilità intellettiva, assolutamente estraneo alle attività del clan e Fiore Cava
- Vincenzo Cava (Quindici, 1920 – Quindici, 14 ottobre 1995) – padre di Biagio Cava, fu barbaramente ucciso nel 1995, dopo essere stato sequestrato e portato in una zona isolata di montagna. Felice Graziano, detto Felicione e Antonio Graziano, detto ‘o sanguinario, gli esplosero 50 colpi di pistola e fucile al volto. I Graziano, probabilmente, assassinarono Vincenzo Cava in quel modo per vendicare Eugenio Graziano, una delle vittime della strage di Scisciano, verificatasi nel novembre del 1991, ucciso con le medesime modalità
- Agostino Sangermano, originario di San Paolo Bel Sito – capo del clan Sangermano, attivo in alcuni comuni del nolano e un tempo propaggine dei Cava
- Aniello Grasso
- Arduino Siniscalchi
- Aurelio Pacia
- Bernardo Cava – cugino di Biagio Cava e fratello di Antonio Cava. È stato scarcerato nel dicembre 2019, dopo aver espiato 11 anni e 6 mesi in regime di carcere duro
- Bruno Giugliano – luogotenente del boss Biagio Cava
- Carmine Giugliano – referente del clan Cava a Piazzolla di Nola e cognato di Biagio Cava
- Fiore Cava – ammazzato nel giugno 1993, figlio di Salvatore Cava, detto “Tore ‘e Clelia”, nonché cugino di Antonio e Biagio Cava
- Giulio Maffettone – considerato il reggente del clan e molto vicino ad esponenti politici del Vallo di Lauro, soprattutto di Pago del Vallo di Lauro. Fu ucciso nel marzo 2016
- Giuseppe Giugliano
- Giuseppe Menna
- Giuseppe Pacia
- Luigi Ferraro
- Mario Giugliano – ritenuto un luogotenente di Biagio Cava ed operante nel Nolano
- Michelangelo Angieri
- Michele Palmese, detto “don Linetti”, uomo di fiducia di Biagio Cava. Si recava spesso negli Stati Uniti, e più precisamente a Springfield, dove aveva tessuto rapporti con Adolfo Bruno, boss della famiglia Genovese e con i figli di questo
- Palma Bossone – moglie del boss Antonio Ndo’ Ndo’ Cava
- Pasquale Galdieri – un tempo ritenuto elemento di spicco del clan e oggi considerato a capo di un gruppo camorristico operante in Avellino e nell’hinterland avellinese
- Sabato Guerriero, affiliato di spicco, attivo nel mandamento baianese
- Salvatore Cava, fratello del boss Biagio Cava
- Salvatore Cava, capo clan e figlio del boss Biagio Cava
- Santolo Fabi, ex braccio destro di Biagio Cava
Gli interventi delle Interforze dello Stato nei confronti del clan Cava
Attività di indagine svolte dalle Interforze dello Stato, hanno portato all’arresto di oltre 50 membri affiliati e boss dell’associazione criminale Cava, attraverso l’esecuzione di oltre trecento operazioni di intercettazioni telefoniche ed ambientali in auto ed abitazioni e di videosorveglianza. Gli investigatori ritengono di aver individuato beni riconducibili alle illecite attività del clan. Per detti beni, l’autorità giudiziaria ha emesso due distinti provvedimenti consistenti in un decreto di sequestro preventivo e in un sequestro preventivo d’urgenza. Sono stati sequestrati beni immobili e società commerciali nelle province di Napoli, Avellino, Frosinone, Latina, L’Aquila, Piacenza e Parma, per un valore di 180 milioni di euro.
Relazione Dia
Dai risultati delle indagini svolte sul campo, riportate nella relazione Dia 2023 aggiornata e pubblicata dal Ministero dell’Interno, si evince che il clan Cava è egemone nel comune di San Vitaliano, in zone dell’agro nolano, del vesuviano, aree del salernitano, del beneventano e in altre regioni. Nel Vallo di Lauro, sono presenti i clan Cava e Graziano i cui capi storici sono deceduti per cause naturali. Le due famiglie, da lungo tempo in contrapposizione, sono state protagoniste in passato di sanguinosi scontri che hanno coinvolto anche le donne. La famiglia Cava, originaria di Quindici (AV), è attualmente rappresentata dai familiari del defunto capo storico e da alcuni sodali. In tale contesto, si inserisce la scarcerazione di un esponente di spicco del clan Cava, per avvenuta revoca della misura cautelare a suo tempo disposta.
Il clan Graziano, anch’esso originario di Quindici, risulta fortemente indebolito in ragione della scomparsa del suo capo storico e del perdurante stato di detenzione dei suoi prossimi congiunti. Con riferimento ai territori del Vallo di Lauro e della limitrofa area dell’agro nolano, si richiama l’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare messe in atto dalla Dia e dai Carabinieri nei confronti di 25 persone, alcune delle quali ritenute esponenti del clan Sangermano operante nell’agro nolano, accusate di associazione mafiosa, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza, autoriciclaggio, nonché porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo, quest’ultimi reati aggravati dalle finalità e modalità mafiose. Tra gli arrestati vi sono soggetti riconducibili alla criminalità organizzata irpina e, in particolare, al clan Cava.
Il clan Cava oggi
Il clan Cava, nonostante i duri colpi subiti dalle Interforze dello Stato, diverse faide affrontate e all’arresto e il decesso di elementi apicali, non si è disarticolato. Una nuova generazione di ras e affiliati garantisce la continuità del clan. Estorsione, gestione degli appalti e usura permangono le attività principali dell’organizzazione criminale. Il traffico di sostanze stupefacenti, pur non costituendo la principale attività, rimane una importante fonte di guadagno. Centinaia di milioni di euro, vengono reinvestiti in molte altre attività, anche lecite. Avamposti del clan Cava sono presenti a Napoli, nel vesuviano, a San Vitaliano, nel nolano, nel mandamento baianese, altre province di Avellino, Benevento, Salerno, zone del basso Lazio, altre regioni e nazioni, compresi Stati Uniti.
Nelle aree dove anche altre organizzazioni criminali sono presenti, i Cava operano grazie ad accordi con dette organizzazioni e mediante propri referenti, affiliati e fiancheggiatori. Inoltre, la famiglia Cava ha realizzato una articolata organizzazione delinquenziale in grado di inserirsi attivamente nel circuito del cemento. Il clan Cava si è assicurato, in forma monopolistica, alcuni settori fondamentali dell’edilizia come movimento terra, produzione e distribuzione di cemento e calcestruzzo. Con tali caratteristiche di resistenza e rigenerazione, nonché di evoluzione, il clan di camorra più potente della zona di San Vitaliano, è il clan Cava.