Sanremo, vigile in mutande assolto, le motivazioni: “Timbrare in slip non è un reato, errori nell’indagine”

Era diventato un simbolo mediatico dell’assenteismo e le immagini del vigile di Sanremo immortalato in mutande mentre timbrava il cartellino erano diventate virali. Alberto Muraglia, questo il nome del vigile, è stato assolto. Era finito sotto inchiesta nell’indagine della Gdf sui furbetti del cartellino, poi assolto con rito abbreviato.

Il giudice ritiene per quel che riguarda l’oramai ex vigile che “la timbratura in abiti succinti non costituisce neppure un indizio di illiceità penale e ha una sua spiegazione logica”.

Esisteva, infatti, una disposizione del comandante della polizia locale secondo cui Muraglia, in funzione di custode, doveva timbrare dopo aver aperto il mercato municipale e in abiti borghesi, il cosiddetto “tempo tuta”.

Le motivazioni, con le quali il giudice ha spiegato perché a gennaio ha deciso di assolvere dieci impiegati del Comune di Sanremo, tra cui Muraglia, smontano la tesi accusatoria, dando atto al pm di aver fatto del suo meglio sulla base, però, di un impianto viziato da errori di interpretazione e clamorose sviste investigative.

Vigile di Sanremo in mutande: assolto

Le 319 pagine di motivazioni con le quali il giudice Paolo Luppi ha spiegato perché, a gennaio, decise di assolvere dieci impiegati del


Exit mobile version