San Giovanni apostolo ed evangelista, nato a Betsaida il 10 (circa) e morto ad Efeso il 98 (o anni immediatamente successivi) è stato un apostolo di Gesù. La tradizione cristiana lo identifica con l’autore del quarto vangelo e per questo gli viene attribuito anche l’epiteto di evangelista. La sua ricorrenza ricade il 27 dicembre.
San Giovanni apostolo ed evangelista, il Santo del giorno
Secondo le narrazioni dei vangeli canonici era il figlio di Zebedeo e Salome e fratello dell’apostolo Giacomo il Maggiore. Prima di seguire Gesù era discepolo di Giovanni Battista.
La tradizione gli attribuisce un ruolo speciale all’interno della cerchia dei dodici apostoli: compreso nel ristretto gruppo includente anche Pietro e Giacomo il Maggiore, lo identifica, per quanto attualmente tale ipotesi non sia condivisa, con «il discepolo che Gesù amava», partecipe dei principali eventi della vita e del ministero del maestro e unico degli apostoli presente alla sua morte in croce. Secondo antiche tradizioni cristiane Giovanni sarebbe morto in tarda età ad Efeso, ultimo sopravvissuto dei dodici apostoli.
A lui la tradizione cristiana ha attribuito cinque testi neotestamentari: il Vangelo secondo Giovanni, le tre Lettere di Giovanni e l’Apocalisse di Giovanni; molti critici contemporanei, anche cristiani, ritengono invece che questi testi non siano probabilmente attribuibili all’apostolo Giovanni.
Altra opera a lui attribuita è l’Apocrifo di Giovanni (non riconosciuto come testo divinamente ispirato dalla Chiesa Cattolica e Ortodossa).
Per la profondità speculativa dei suoi scritti è stato tradizionalmente indicato come “il teologo” per antonomasia, raffigurato artisticamente col simbolo dell’aquila, attribuitogli in quanto, con la sua visione descritta nell’Apocalisse, avrebbe contemplato la Vera Luce del Verbo, come descritto nel Prologo del quarto vangelo, così come l’aquila, si riteneva, può fissare direttamente la luce solare.
Fonti storiche
Non esistono riferimenti archeologici diretti (come epigrafi) riferibili alla vita e all’operato di Giovanni, e nemmeno riferimenti diretti in opere di autori antichi non cristiani. Le fonti testuali conservatesi sono di tre tipi:
- i quattro vangeli canonici e gli Atti degli apostoli, redatti in greco tra il I secolo e la prima metà del II, contengono gli unici riferimenti diretti alla vita di Giovanni (gli altri scritti neotestamentari a lui attribuiti dalla tradizione, le tre Lettere di Giovanni e l’Apocalisse di Giovanni, non forniscono informazioni dirette sulla sua vita);
- alcuni scritti non canonici a lui attribuiti o riferiti – Atti di Giovanni, Apocrifo di Giovanni, Interrogatio Johannis – che per la datazione tardiva e per il contenuto leggendario non sono considerati come vere e proprie fonti storiche, sebbene sia possibile che il più antico di questi, gli Atti, abbia raccolto alcuni dettagli storicamente fondati;
- alcuni accenni contenuti negli scritti di alcuni Padri della Chiesa, in particolare Tertulliano, Ireneo di Lione, Eusebio di Cesarea e Girolamo.
Nome ed epiteti
Giovanni è noto con diversi nomi ed epiteti, riferiti a lui sia nei vangeli, sia nelle opere a lui attribuite, sia nella tradizione cristiana.
- Giovanni. È il nome proprio usato nei testi neotestamentari (ad esclusione del quarto vangelo) e nella tradizione cristiana. Il termine corrisponde all’ebraico יוחנן (Yehohanàn), letteralmente “YH fece grazia”, traslitterato in greco Ιωάννης (Ioànnes) e in latino Ioànnes. Si tratta di un nome comune nell’onomastica ebraica e portato da altri personaggi del Nuovo Testamento, in particolare Giovanni Battista e Giovanni Marco discepolo di Pietro.
- Boanerghes (Βοανηργες). È il soprannome aramaico che Gesù stesso avrebbe dato a Giovanni e suo fratello Giacomo. Secondo lo stesso passo evangelico significa «figli del tuono». In realtà il significato del termine non è immediato, in quanto la resa greca dell’aramaico non è perfetta. La prima parte (βοανη, boanè) può corrispondere al plurale aramaico-ebraico בני (b enè), «figli di» (al singolare sarebbe bar, vedi Barabba). Per la seconda parte (ργες) è stata ipotizzata un’errata lettura da un manoscritto aramaico, precedente alla redazione evangelica in greco, del termine r’m («tuono») nell’evangelico r’s (ργες), data la somiglianza tra la mem finale ם (quadrata) e la samech ס (tondeggiante). In questo caso l’epiteto viene collegato al temperamento focoso dei due fratelli, oppure può riferirsi al fatto che, nelle teofanie dell’Antico Testamento il tuono indica la voce di Dio: in tal senso «figli del tuono» indicherebbe la missione dei due fratelli di annunciatori della parola di Dio. Un’interpretazione diversa ipotizza altre radici semitiche come רגש (ragàsh), «tumulto», oppure רגז (ragàz), «ira», «turbamento»; in tal senso, è stato ipotizzato che il nome fosse riferito ai fratelli per una ipotetica loro appartenenza al movimento nazionalista zelota.
- Figlio di Zebedeo o fratello di Giacomo.
- Discepolo che Gesù amava. Come sopra indicato il quarto vangelo non nomina mai l’apostolo Giovanni. Di contro è presente in esso un personaggio assente negli altri testi neotestamentari, il «discepolo che Gesù amava». La tradizione cristiana ha identificato questo anonimo discepolo, indicato anche genericamente come «l’altro discepolo», con lo stesso Giovanni. In caso contrario sarebbe totalmente assente nel quarto vangelo un personaggio che è descritto come di primo piano negli altri tre vangeli e negli Atti degli apostoli. Tale interpretazione non è, comunque, condivisa e gli esegeti del cattolico “Nuovo Grande Commentario Biblico” osservano che “l’autore di Gv21 chiaramente non identifica il discepolo prediletto, che sta all’origine della tradizione giovannea, con Giovanni figlio di Zebedeo. Gv21,2 parla de «i (figli) di Zebedeo», mentre 21,7.20 parla del discepolo prediletto. Altrove, il vangelo pare separare i Dodici dagli altri discepoli del Signore, nei quali sarebbe compreso il discepolo prediletto”.
- Apostolo. Sebbene non sia chiamato mai direttamente «apostolo» (traslitterazione del greco ἀπόστολος, «inviato»), Giovanni è presente in tutti e quattro gli elenchi apostolici del Nuovo Testamento.
- Colonna. In un solo passo del Nuovo Testamento (Gal2,9) Paolo di Tarso chiama Giovanni, assieme a Pietro e Giacomo il Giusto, «colonna» della Chiesa, per sottolinearne l’importante ruolo rivestito nella Chiesa di Gerusalemme dopo la morte di Gesù.
- Evangelista. L’apostolo Giovanni viene dalla tradizione anche detto evangelista in quanto ritenuto autore del quarto vangelo. Le più antiche indicazioni a proposito risalgono alla prima metà del II secolo.
- Presbitero. Deriva dall’identificazione di Giovanni, da parte della tradizione cristiana, con l’anonimo «presbitero» (letteralmente «anziano») che nell’incipit della Seconda lettera di Giovanni e della Terza lettera di Giovanni (2Gv1;3Gv1) è definito come autore. La critica testuale contemporanea, però, ritiene che l’autore di queste due lettere non fosse Giovanni, considerandole dunque pseudoepigrafe) e le data all’anno 100.
- Di Patmo. L’autore dell’Apocalisse di Giovanni si presenta col nome di Giovanni (Ap1,1;1,4;1,9;22,8) e si dice residente nell’isola di Patmo (Ap1,9). La successiva tradizione cristiana, a partire da inizio II secolo, lo ha identificato con certezza con l’apostolo ed evangelista.
- Teologo. Il titolo, caro in particolare alla tradizione orientale greca, deriva dal fatto che tra i quattro vangeli quello di Giovanni è caratterizzato da numerose speculazioni teologiche.
- Epistèthios, aggettivo neologistico plasmato dall’espressione ἐπὶ τὸ στῆθος (epì to stèthos, «sopra il petto») di Gv13,25;21,20: durante l’ultima cena Giovanni appoggiò il capo sul petto di Gesù per chiedergli chi l’avrebbe tradito. L’epiteto è proprio della tradizione patristica greca.
- Vergine (parthènos in greco).
- Sacerdote. Nella tradizione cristiana il solo Eusebio di Cesarea riporta un’affermazione che attribuisce a Policrate di Efeso (fine II secolo), secondo la quale Giovanni, il quale poggiò il capo sul petto del Signore (durante l’ultima cena), indossava la placca sacerdotale (petalon), cioè apparteneva a una delle classi sacerdotali che gestivano il culto del tempio di Gerusalemme. Il valore storico dell’affermazione è controverso.
- È l’unico dei dodici apostoli a non essere venerato con il titolo di martire, in quanto la tradizione lo dice morto per anzianità e non in modo violento.
Chiamata
La vocazione di Giovanni da parte di Gesù è esplicitamente narrata dai tre vangeli sinottici. Matteo (4,21-22) e Marco (1,19-20) ne forniscono un sobrio resoconto: i due fratelli Giovanni e Giacomo vengono chiamati da Gesù “presso il Mare di Galilea” mentre sono sulla barca col padre Zebedeo, intenti a riparare le reti da pesca. Questa chiamata viene narrata subito dopo quella di Andrea e Pietro, avvenuta in simile contesto lavorativo.
Luca invece inserisce la chiamata all’interno del miracolo della cosiddetta pesca miracolosa (taciuta da Mt e Mc, riportata da Gv21,1-13 dopo la risurrezione di Gesù), e tace la presenza di Andrea. Il Vangelo di Giovanni invece, assumendo la tradizionale identificazione dell'”altro discepolo” con lo stesso evangelista, ambienta la chiamata (Gv1,35-40) a Betania, presso il fiume Giordano (Gv1,28).
Qui Giovanni e Andrea, discepoli di Giovanni Battista, furono da lui invitati a seguire Gesù con la frase “Ecco l’Agnello di Dio”. Particolarmente vivo appare il dettaglio per cui l’apostolo, futuro evangelista narratore, ricorda con precisione il momento della sua vocazione: “l’ora decima”, cioè le quattro del pomeriggio.
Una possibile armonizzazione delle narrazioni evangeliche ipotizza una prima chiamata di Giovanni e degli altri futuri apostoli presso Betania, quindi il loro ritorno in Galilea, quindi la definitiva chiamata presso il Mare di Galilea.
L’esegesi contemporanea, meno interessata a compiere armonizzazioni cronologiche-cronachistiche (intento propriamente assente nei vangeli) e più attenta ai dati positivi contenuti nelle narrazioni evangeliche, si limita a riconoscere per Giovanni un passato di pescatore e un possibile discepolato verso il Battista prima della sequela di Gesù.
Apostolo di Gesù
Dopo la sua vocazione, durante gli anni del ministero itinerante di Gesù (probabilmente 28-30), Giovanni sembra rivestire un ruolo importante all’interno della cerchia dei dodici apostoli, secondo solo a Pietro e seguito da suo fratello Giacomo. I tre sono presenti durante alcuni dei principali eventi della vita del maestro, quando sono preferiti in maniera esclusiva agli altri apostoli:
- la risurrezione della figlia di Giairo;
- la trasfigurazione di Gesù;
- la preghiera nel Getsemani, dopo l’ultima cena e prima dell’arresto di Gesù.
Con Pietro riceve l’incarico di preparare l’ultima cena (Lc22,8).
Il solo Luca (9,51-56) riporta un episodio che sottolinea il carattere focoso dei fratelli Giacomo e Giovanni. Un villaggio samaritano (ebrei considerati scismatici) aveva rifiutato ospitalità a Gesù e i figli di Zebedeo propongono la sua distruzione tramite un “fuoco discendente dal cielo” (vedi l’omologo episodio di Elia in 2Re1,2-15), attirandosi il rimprovero del maestro.
Sia Matteo (20,20-23, che introduce l’intermediazione della madre Salome, una probabile finanziatrice del gruppo, v. sopra) che Marco (10,35-40) riportano un episodio che indica il carattere ambizioso dei due fratelli. Questi avevano probabilmente una visione terrena del Regno predicato da Gesù e si aspettavano, in quanto particolarmente favoriti tra i suoi seguaci, un ruolo privilegiato in esso. Alla richiesta Gesù risponde evasivamente con l’assicurazione che “berranno il suo calice”, cioè che gli saranno associati nella sofferenza e nel martirio. Giacomo verrà effettivamente martirizzato attorno al 44 (At12,1-2).
Nel quarto vangelo, come sopra indicato, Giovanni viene tradizionalmente identificato col “discepolo che Gesù amava”. Durante l’ultima cena riveste un ruolo particolare a fianco del maestro (Gv13,23-25), interrogandolo sull’identità del traditore. È testimone privilegiato del processo di Gesù (Gv18,15). Nonostante fosse scappato con gli altri apostoli durante l’arresto nel Getsemani, è l’unico dei discepoli presenti durante la crocifissione di Gesù, il quale gli affida sua madre Maria (Gv19,26-27).[28] Dopo la risurrezione di Gesù corre con Pietro al sepolcro (Gv20,3-8). Durante l’apparizione in Galilea è il primo a riconoscere il maestro risorto (Gv21,7).
Compagno di Pietro
Negli Atti degli apostoli, che descrivono le vicende della Chiesa apostolica in un periodo compreso all’incirca tra il 30 e il 60, Giovanni gioca ancora un ruolo di primo piano, specialmente nella prima sezione (la seconda è focalizzata sull’operato di Paolo). In At1,13 Giovanni è nominato dopo Pietro al secondo posto nella lista degli apostoli, davanti al fratello Giacomo che nelle liste contenute nei Vangeli lo precedeva.
In At3,1-11 (inizio anni trenta?) viene descritto un miracolo, la guarigione di un uomo storpio dalla nascita, compiuto da Pietro e Giovanni presso la porta “bella” del tempio di Gerusalemme. La grande risonanza dell’evento portò all’arresto dei due apostoli, che furono fatti comparire davanti al Sinedrio. Il consiglio però non li punì e li lasciò liberi (At4,1-21).
In At5,17-42 (metà anni trenta?) viene descritta l’incarcerazione da parte del sommo sacerdote degli “apostoli” (senza farne i nomi con l’eccezione di Pietro). Tradizionalmente Giovanni viene inserito nell’episodio, inclusione non sicura ma resa verosimile dal suddetto episodio analogo.
Secondo il testo biblico l’incarcerazione si concluse nella notte stessa con una miracolosa liberazione. Seguì l’indomani un nuovo arresto e un secondo processo, con l’inatteso intervento in loro favore da parte del rabbino Gamaliele. Il Sinedrio li fece fustigare e poi li liberò.
Durante la prima persecuzione contro i seguaci del Nazareno (attorno al 35-37?), che vide la morte di Stefano e l’attivo operato di Saulo, gli apostoli (e Giovanni) sembrano non essere coinvolti (At8,1).
L’ultimo accenno esplicito di Atti a Giovanni è in At8,14-25, quando l’apostolo viene inviato assieme a Pietro in Samaria dove avvenne l’incontro con Simon Mago. Questa missione evangelizzatrice non sembra comunque aver troncato i legami con la chiesa madre di Gerusalemme.
In occasione degli eventi del Concilio di Gerusalemme (circa 49-50, At15,1-35), che lasciò liberi i pagani convertiti di non osservare i precetti della Torah, il ruolo svolto da Giovanni viene taciuto dagli Atti, che mettono in primo piano Pietro e Giacomo (non il “Maggiore” fratello di Giovanni, ucciso attorno al 44, ma il “fratello” di Gesù). Tuttavia nel resoconto paolino di Gal2,1-9 Giovanni viene collocato sullo stesso piano degli altri due discepoli: entrambi sono chiamati “colonne”.
Morte
Giovanni rappresenta un caso particolare tra i dodici apostoli poiché la tradizione lo indica come l’unico morto per cause naturali e non per martirio, tanto che i paramenti liturgici per la sua festa sono bianchi e non rossi.
Oltre agli Atti di Giovanni, alcune indicazioni patristiche sono concordi nel datare la morte a Efeso sotto l’impero di Traiano (98-117) e Girolamo specifica la data con precisione al 68º anno dopo la passione del Signore, cioè nel 98-99.
Esiste comunque una secolare tradizione, riportata anche nella Legenda Aurea, secondo cui Giovanni fu martirizzato a Roma, presso porta Latina, durante la persecuzione di Domiziano; constatato che l’olio bollente non riusciva a bruciare il corpo dell’apostolo, Domiziano lo accecò e lo rimandò ad Efeso, dove poi morì.
Come racconta il quarto vangelo (Gv21,20-23), c’era tra le comunità cristiane la curiosa leggenda per cui Giovanni, l’apostolo prediletto, non sarebbe morto prima della parusia di Gesù. La leggenda traeva ispirazione dalla longevità dell’apostolo: un’età di 90-100 anni rappresentava per l’epoca un elevato traguardo.
Assumendo inoltre l’autenticità giovannea dell’Apocalisse, testo che rivela la fine del mondo e il ritorno del Signore, poteva essere logico ipotizzare che all’apostolo sarebbe stato concesso di vivere quello che aveva visto estaticamente. Alla morte di Giovanni alcuni suoi discepoli hanno inserito in appendice il racconto per chiarire che la leggenda non aveva fondamento nella predicazione di Gesù.
L’apocrifo Atti di Giovanni descrive una sua lunga preghiera d’addio e varie versioni (considerate tutte leggende tardive) divergono circa la sua fine:
- muore dicendo «La pace sia con voi, fratelli»
- viene avvolto da una luce abbagliante e muore, e dalla sua tomba ne esce della manna;
- il mattino seguente alla sepoltura i discepoli non ne trovano più il corpo (o ne trovano solo i sandali), lasciando ipotizzare un’assunzione al cielo. Questo particolare, sebbene abbia goduto di una certa fortuna artistica, non è stato accolto dalla tradizione teologica cristiana che riconosce l'”assunzione” solo a Elia e a Maria (per il caso di Gesù si parla propriamente di “ascensione”).