La richiesta di citazione a giudizio è stata presentata nei giorni scorsi dall’Ufficio del Promotore di Giustizia, nelle persone del Promotore Gian Piero Milano, dell’Aggiunto Alessandro Diddi e dell’Applicato Gianluca Perone e riguarda personale ecclesiastico e laico della Segreteria di Stato e figure apicali dell’allora Autorità di Informazione Finanziaria, nonché personaggi esterni, attivi nel mondo della finanza internazionale.
Scandalo Vaticano, 9 indagati: tutti i nomi
Nella nota si spiega che dalle indagini “sono emersi elementi anche a carico del Cardinale Giovanni Angelo Becciu, nei cui confronti si procede, come normativamente previsto per i reati di peculato ed abuso d’ufficio anche in concorso, nonché di subornazione”.
La citazione a giudizio riguarda poi l’ex presidente dell’Aif, René Brülhart, al quale l’accusa contesta il reato di abuso d’ufficio; Mons. Mauro Carlino, ex segretario prima di Becciu e poi del nuovo Sostituto Edgar Pena Parra, al quale l’accusa contesta i reati di estorsione e abuso di ufficio; l’ex gestore delle finanze vaticane Enrico Crasso, al quale l’accusa contesta i reati di peculato, corruzione, estorsione, riciclaggio ed autoriciclaggio, truffa, abuso d’ufficio, falso materiale di atto pubblico commesso dal privato e falso in scrittura privata; l’ex direttore dell’Aif, Tommaso Di Ruzza, al quale l’accusa contesta i reati di peculato, abuso d’ufficio e violazione del segreto d’ufficio; l’imprenditrice cagliaritana nota come la ‘dama di Becciu’ Cecilia Marogna, alla quale l’accusa contesta il reato di peculato; il rider Raffaele Mincione, al quale l’accusa contesta i reati di peculato, truffa, abuso d’ufficio, appropriazione indebita e autoriciclaggio; l’avvocato Nicola Squillace, al quale l’accusa contesta i reati di truffa, appropriazione indebita, riciclaggio ed autoriciclaggio; l’ex funzionario laico della Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi, al quale l’accusa contesta i reati di corruzione, estorsione, peculato, truffa e abuso d’ufficio; il banker molisano Gianluigi Torzi, al quale l’accusa contesta i reati di estorsione, peculato, truffa, appropriazione indebita, riciclaggio ed autoriciclaggio.
Le società a processo
Le quattro società a processo sono la HP Finance LLC, riferibile ad Enrico Crasso, alla quale l’accusa contesta il reato di truffa; la Logsic Humanitarne Dejavnosti, D.O.O., riferibile a Cecilia Marogna, alla quale l’accusa contesta il reato di peculato; la Prestige Family Office SA, riferibile ad Enrico Crasso, alla quale l’accusa contesta il reato di truffa; la Sogenel Capital Investment, riferibile ad Enrico Crasso, alla quale l’accusa contesta il reato di truffa. Taluni dei reati sopracitati – si precisa nella nota vaticana – vengono contestanti anche “in concorso”.
“Le indagini, avviate nel luglio 2019 su denuncia dell’Istituto per le Opere di Religione e dell’Ufficio del Revisore Generale, hanno visto piena sinergia tra l’Ufficio del Promotore e la sezione di Polizia giudiziaria del Corpo della Gendarmeria – si legge nella nota della Santa Sede – Le attività istruttorie sono state compiute altresì in stretta e proficua collaborazione con la Procura di Roma ed il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria – Gicef della Guardia di Finanza di Roma. Apprezzabile anche la cooperazione con le Procure di Milano, Bari, Trento, Cagliari e Sassari e le rispettive sezioni di polizia giudiziaria”.
“Le attività istruttorie, svolte anche con commissioni rogatoriali in numerosi altri paesi stranieri (Emirati Arabi Uniti, Gran Bretagna, Jersey, Lussemburgo Slovenia, Svizzera), hanno consentito di portare alla luce una vasta rete di relazioni con operatori dei mercati finanziari che hanno generato consistenti perdite per le finanze vaticane, avendo attinto anche alle risorse, destinate alle opere di carità personale del Santo Padre. L’iniziativa giudiziaria è direttamente collegabile alle indicazioni e alle riforme di Sua Santità Papa Francesco, nell’opera di trasparenza e risanamento delle finanze vaticane; opera che, secondo l’ipotesi accusatoria, è stata contrastata da attività speculative illecite e pregiudizievoli sul piano reputazionale nei termini indicati nella richiesta di rinvio a giudizio”, conclude la nota.