Inchiesta

Scarcerati 376 boss mafiosi a causa del coronavirus: la lista che scotta

Sono 376 i nomi di pericolosi detenuti e boss mafiosi, alcuni tristemente noti, scarcerati a causa del coronavirus. Tra loro ci sono camorristi e trafficanti di droga, personaggi come Pasquale Zagaria e Francesco Bonura.
La scarcerazione è avvenuta per motivi di salute: troppo alti i rischi legati ad un eventuale contagio da COVID-19, ed è per questo che 376 mafiosi sono stati mandati ai domiciliari nel giro di appena un mese e mezzo.

I 367 boss che hanno beneficiato della scarcerazione – ufficialmente per curarsi – sono 67 nella sola Napoli, 61 a Palermo, 44 a Roma, 41 a Catanzaro, 38 a Milano e infine 16 a Torino. Tutte persone che, a detta dei pm del Tribunale di Palermo durante un’udienza, hanno il “sacrosanto diritto alla salute”. Anche se per loro, come hanno dichiarato gli stessi magistrati, “i domiciliari sono assolutamente inidonei per soggetti ad alta pericolosità”. Per questo motivo si sta lavorando senza sosta per scoprire, attraverso questo lungo elenco, chi è effettivamente “meritevole” del provvedimento.

Scarcerati boss mafiosi e detenuti per il coronavirus

Vale la pena sottolineare che con la decisione di scarcerare 376 boss non c’entra direttamente il Governo, visto che la Magistratura è un organo a sé.

È pur vero che il Decreto Cura Italia – al fine di ridurre i rischi di epidemia nelle carceri – prevede la possibilità di scontare agli arresti domiciliari la pena detentiva residua (quando questa non supera i 18 mesi), ma allo stesso tempo da questa misura sono state escluse alcune categorie di condannati, tra cui appunto quelli che sono in carcere per reati mafiosi.


Scarcerati 376 boss mafiosi a causa del coronavirus: la lista che scotta


Chi è uscito dal carcere in questo periodo, quindi, lo ha fatto sulla base di leggi già esistenti, come precisato da diversi esponenti del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle. Esiste, infatti, una normativa ordinaria applicabile a tutti i detenuti, anche a quelli condannati per reati gravissimi come quelli di stampo mafioso, che va a tutelare i diritti costituzionali alla salute e all’umanità della pena.

Ecco perché, mentre per tutelare il diritto alla salute dei cittadini agli italiani veniva imposto di restare a casa, ad alcuni boss mafiosi che presentavano gravi problemi di salute e per i quali non era possibile garantire le misure di sicurezza utili per limitare un possibile contagio da coronavirus, sono stati concessi gli arresti domiciliari.

Ma attenzione, perché nella lista inviata dal DAP alla commissione antimafia viene svelata una verità molto importante: per 63 detenuti sono stati i direttori degli istituti penitenziari a sollecitare la Magistratura a prendere dei provvedimenti.

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Quali sono i boss mafiosi scarcerati

La lista che il DAP ha trasmesso alla commissione antimafia, nella quale si leggono i nomi di 376 tra mafiosi e trafficanti di droga (di cui 373 nel reparto di Alta Sicurezza 3, mentre altri 3 dal 41 bis), preoccupa il Governo.

Anche perché in questi giorni le Forze dell’Ordine stanno facendo un lavoro non indifferente per controllarli tutti nelle loro abitazioni.

D’altronde, come spiegato dai PM di Palermo, “è vero che il diritto alla salute è sacrosanto, ma allo stesso tempo i domiciliari sono assolutamente inidonei per soggetti ad alta pericolosità, in quanto c’è il rischio che questi continuino a comunicare con il proprio clan”.

Nel dettaglio, sono usciti dal carcere e mandati ai domiciliari ben 67 boss mafiosi a Napoli, 61 a Palermo e 44 a Roma. Segue Catanzaro con 41 scarcerazioni, Milano con 38 e Torino con 16.

Tra questi figura Francesco Bonura, uomo di fiducia di Bernardo Provenzano, ma anche Antonino Sacco, erede dei fratelli Graviano (autori delle stragi del 1992 e del 1993). Tra gli altri 376 nomi spicca Gino Bontempo, uno dei padrini della mafia dei pascoli che fino a pochi mesi fa dettava legge sui Nebrodi, e Francesco Ventrici, uno dei più importanti broker del traffico internazionale di cocaina.

E ovviamente non dimentichiamo Michele Zagaria, che così come Francesco Bonura e anche Vincenzo Iannazzo, stava scontando il regime di reclusione nel 41 bis.

Una lista che la commissione antimafia sta vagliando attentamente, anche perché molti uomini tornati a casa conservano dei segreti. E il ritorno a casa potrebbe essere un duro colpo a danno della lotta alla mafia, in quanto questi segreti potrebbero essere stimolo per una riorganizzazione dei clan.

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La lista che scotta

Un elenco dei boss di vario spessore che nell’ultimo mese e mezzo sono stati scarcerati dai giudici per il rischio Covid (o per altre patologie) e che oggi vivono ai domiciliari, nei loro territori. Si tratta di capi, gregari delle cosche, esattori del pizzo e narcotrafficanti. Il monitoraggio del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha fatto emergere un numero che non ha precedenti. Nei giorni scorsi la polemica era già scoppiata per la concessione dei domiciliari a quattro mafiosi al 41 bis: il camorrista Pasquale Zagaria, i siciliani Francesco Bonura e Vincenzo Di Piazza, lo ‘ndranghetista Vincenzo Iannazzo.

Quei nomi sono in cima alla lista. Ma ora il monitoraggio ne aggiunge un altro, l’ergastolano Antonino Sudato, detenuto nel reparto più rigido della cosiddetta Alta sorveglianza, quella etichettata con il numero 1. Nessun domiciliare per l’Alta sorveglianza 2, dove sono reclusi i terroristi. Tutti gli altri scarcerati erano nell’Alta sorveglianza 3, il circuito che ospita l’esercito di mafie e gang della droga, 9.000 detenuti in totale. Circa 200 dei 376 complessivi sono comunque ancora in attesa di giudizio, e su questi il ministero della Giustizia non ha alcuna competenza.

Le preoccupazioni dei pm

Per tutti, hanno comunque pesato le condizioni di salute precarie attestate da certificati e perizie. E il fatto che il Dap non sia riuscito ad attrezzare soluzioni alternative agli arresti domiciliari, per esempio nei centri medici penitenziari, come quelli di Roma, Viterbo, Milano. Così era stato chiesto dal tribunale di sorveglianza di Sassari per Zagaria, ma la risposta del Dap, sollecitata più volte, è arrivata solo il giorno dopo il provvedimento dei giudici che lo avevano già mandato a Brescia dalla moglie.

A preoccupare le procure antimafia è soprattutto il ritorno dei mafiosi nei loro territori. “Gli arresti domiciliari sono assolutamente inidonei per soggetti ad alta pericolosità” ribadiscono i pm della Dda di Palermo, ricordando che comunicano spesso anche dal carcere, figurarsi da casa. E per le forze dell’ordine scatta un superlavoro per controllare tutti i mafiosi ai domiciliari, per accertarsi che rispettino l’obbligo di non incontrare o telefonare a nessuno.

Il nuovo corso

In questo clima Bonafede dimissiona l’ex capo del Dap Francesco Basentini a cui si addebita la responsabilità di aver gestito male le rivolte di febbraio e ancora peggio la stagione del Covid, soprattutto per le scarcerazioni dei mafiosi. Arrivano al Dap il nuovo capo Petralia e il suo vice Tartaglia. Il primo arriva dalla procura generale di Reggio Calabria, il secondo dalla commissione parlamentare Antimafia e dopo una lunga stagione a Palermo come pm, dove ha lavorato anche con il procuratore aggiunto Petralia. Il quale, a parte una parentesi al Csm nella corrente che fu di Falcone, è stato in città di frontiera come Trapani, Sciacca e Marsala. Correva per la procura di Torino l’anno scorso quando seppe che Palamara e soci lo sponsorizzavano, ovviamente senza dirglielo, e ritirò subito la sua candidatura.

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