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Salta il tetto degli stipendi di 240mila euro per i dirigenti pubblici: perché e cos’è successo

Non mancano le polemiche per la decisione del governo di non fissare il tetto agli stipendi dei manager pubblici. Ma cosa significa e perché è successo? Il Senato, il 13 settembre, ha fatto saltare il tetto di 240mila euro di retribuzione massima per le figure apicali della Pubblica amministrazione, per via di un emendamento presentato in origine da Forza Italia al Dl Aiuti, approvato in fretta e furia in commissione e passato anche in Aula, sia pure con l’astensione di Fdi, Lega e M5s.
Viene quindi stabilito che “al capo della Polizia, al comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al comandante generale della Gdf, al capo del Dap, così come agli altri capi di Stato maggiore, nonché ai capi dipartimento ed al segretario generale della presidenza del Consiglio, ai capi dipartimento ed ai segretari generali dei ministeri è consentito, anche in deroga al tetto di 240 mila euro previsti per i manager pubblici, un trattamento economico accessorio“. Questo potrà avvenire nel limite massimo di un fondo che dovrà essere definito da un ulteriore decreto dal governo, su proposta del ministero dell’Economia.

Stipendi manager pubblici, perché è saltato il tetto e cosa significa

Ma come si è arrivati a far saltare il tetto?  “Non avevamo alternativa a votarlo per evitare che saltasse tutto e saltassero i 17 miliardi di aiuti alle famiglie” dice il leader di Iv, Matteo Renzi, che il tetto lo aveva rafforzato nel 2014 a tre anni dalla sua prima introduzione, nel 2011, per mano del governo Monti. La colpa, dice implicitamente il Pd, è del Mef che ha “riformulato” un emendamento presentato in origine da Forza Italia e che, stando ai racconti dei senatori, non era comparso nelle innumerevoli riunioni per trovare l’intesa sulle modifiche da approvare e portare a casa il decreto.


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Con i fari puntati sul Superbonus, dunque la proposta di sforare il tetto dei 240mila euro sarebbe passata in sordina, senza che di fatto nessuno, perlomeno nelle commissioni, fosse pienamente consapevole della portata della misura. Il Mef però si chiama fuori, perché avrebbe dato solo un contributo tecnico sulle coperture. e Simona Malpezzi, intervengono all’unisono per precisare che nonostante la “soddisfazione” per il primo ok al decreto Aiuti bis “purtroppo nel testo è passato anche un emendamento di Forza Italia riformulato dal Mef, come tutti gli emendamenti votati oggi con parere favorevole, che non condividiamo in alcun modo e che elimina il tetto dei 240mila euro agli stipendi di una parte della dirigenza apicale della pubblica amministrazione”.

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