Sul luogo della strage della funivia parte il turismo dell’orrore, con persone che si recano sul posto del dramma per vedere la cabina crollata. Lo ha raccontato al Mattino la proprietaria di un negozio di souvenir del centro: “Una famiglia di Saronno mi ha chiesto informazioni per arrivare in cima al Mottarone, sul luogo dell’incidente. È successo anche alla mia collega dall’altro lato della strada, eravamo sconvolte”.
Strage della funivia, parte il turismo dell’orrore
Marcella Severino, sindaca di Stresa, esprime la sua angoscia parlando del “nostro 11 settembre”. Le bandiere sono a mezz’asta, in chiesa sono state accese 14 candeline in memoria delle vittime della strage. “Non posso negare che ci sia perplessità, quasi sconcerto nella mia comunità dopo le decisioni delle ultime ore – riconosce la sindaca – tuttavia sono sicura che l’inchiesta porterà al risultato che tutti noi auspichiamo, vale a dire fare luce su una vicenda che ci ha toccato e sconvolto”.
Strage funivia Mottarone, le responsabilità del direttore in un documento
Strage funivia Mottarone: in un documento la prova delle responsabilità del direttore, l’ingegnere Enrico Perocchio, responsabile del registro per la manutenzione che andava compilato ogni giorno, dopo aver controllato l’impianto prima della riapertura. I controlli sarebbero stati necessari anche in virtù del violento nubifragio che si era abbattuto sul Mottarone 2 giorni prima dell’incidente, e che potrebbe aver danneggiato le funi dell’impianto.
Sul Mottarone il venerdì prima dell’incidente ci fu un violento nubifragio, una circostanza che avrebbe dovuto spingere i responsabili dell’impianto ad eseguire un accurato controllo delle funi, secondo quanto prevede un documento del Ministero dei Trasporti relativo alla manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico. Tale controllo, secondo il documento, sarebbe responsabilità del direttore dell’esercizio e del responsabile d’esercizio ovvero, nel caso dell’impianto del Mottarone, di Luigi Nerini ed Enrico Perocchio, entrambi scarcerati per ordine del gip.
Le decisioni sugli arrestati
Va agli arresti domiciliari il capo servizio Gabriele Tadini che ha ammesso di aver manomesso il sistema di frenata di sicurezza. Lo ha deciso il gip Donatella Bonci Buonamici al termine di una giornata di interrogatori. Per Tadini sono sufficienti i domiciliari, mentre nei confronti degli altri due indagati – tirati in ballo dal capo servizio – non sussisterebbe i gravi indizi necessari per una misura cautelare.
L’accusa
Il gip non ha convalidato il fermo per i tre indagati accusati di omicidio colposo plurimo per le 14 vittime di un incidente innescato dalla rottura della fune trainante (le cui cause sono ancora da accertare) che non avrebbe determinato lo schianto della cabina numero 3 se il sistema del freno di emergenza non fosse stato volontariamente disattivato.
Se per Tadini pesano le confessioni sul forchettone – rese ai magistrati – per lui è sufficiente la detenzione domiciliare, mentre Nerini e Perlocchio tornano a casa dopo il fermo scattato all’alba di mercoledì. Contro di loro gli elementi raccolti non risultato sufficientemente gravi per una misura cautelare