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Anche in Italia faremo la terza dose di vaccino anti Covid? Domande e risposte

Anche in Italia faremo la terza dose del vaccino anti Covid? Ecco tutte le domande e le risposte: cosa sappiamo finora

Anche l’Italia dovrebbe scegliere di somministrare la terza dose di vaccino per il Covid. Dopo la diffusione degli ultimi studi, in particolare quello condotto in Israele (che mostra un chiaro aumento dell’efficacia dopo la terza somministrazione), anche le autorità sanitarie italiane stanno ragionando sulla necessità di garantire un “booster” contro la variante Delta per la popolazione già vaccinata. Si comincerà molto probabilmente con gli immunodepressi, per poi passare a fragili per età anagrafica e per patologie, come ha spiegato il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli. Vediamo insieme tutto quello che c’è da sapere. Le domande e le risposte.

Faremo la terza dose del vaccino anti Covid in Italia? Cosa c’è da sapere

La campagna vaccinale nel nostro Paese procede velocemente. Sono state somministrate circa 74 milioni di dosi di vaccino. Quasi 35 milioni di italiani, ovvero oltre il 57% della popolazione , hanno completato il ciclo vaccinale. Siamo quindi sostanzialmente in linea con gli altri grandi paesi europei. Mentre si sta completando la campagna di vaccinazione, ci si interroga sulle prossime mosse da attuare, specialmente sulla necessità di una terza somministrazione del vaccino contro il Coronavirus. Ma quali sono le domande che dobbiamo porci?

Per sciogliere questo nodo è ora essenziale rispondere ad alcuni quesiti di tipo scientifico:

  • quanto dura l’immunità conferita dai vaccini;
  • quale ruolo giocano le varianti nel ridurre l’efficacia e la durata della protezione;
  • se sarà possibile raggiungere la cosiddetta immunità di gregge o di comunità.

Quanto dura la protezione data dal vaccino?

Al primo quesito non sappiamo ancora del tutto rispondere, visto che il follow-up delle persone vaccinate è ancora troppo breve. Sembra però che, anche se gli anticorpi neutralizzanti tendono a scendere nel corso del tempo, le risposte cellulari e la memoria dell’incontro con l’antigene virale persistano più a lungo di quanto si pensasse. Naturalmente, esiste una variabilità individuale e, soprattutto, persone immunodepresse potrebbero trovarsi per prime in difficoltà di fronte a un attacco virale.

Le varianti ci rendono più vulnerabili?

Il quesito relativo alle varianti è ancor più complesso. La variante beta (sudafricana) sembra essere la più resistente ai vaccini, ma per fortuna la sua circolazione da noi è estremamente limitata. Per quanto attiene alla variante delta (indiana), i vaccini conservano un’elevata efficacia nel proteggerci dalle forme gravi di malattia, ma non sempre sono in grado di evitare l’infezione. Ciò vuol dire che, in un certo numero di casi, il virus può continuare a circolare tra le persone vaccinate, pur non causando i danni gravi a cui ci aveva abituato in precedenza. Naturalmente, quanto esposto relativamente ai primi due quesiti ha delle ripercussioni sul terzo.

Serve una terza dose del vaccino anti Covid?

Considerato che è probabile che il virus continuerà a circolare, dobbiamo vaccinare il più possibile senza pensare al raggiungimento di un obiettivo ambizioso come quello dell’immunità di gregge, ma piuttosto per favorire un ritorno alla normalità, proteggendo la popolazione dalle conseguenze peggiori della malattia ed evitando la congestione delle strutture sanitarie. Quando poi avremo vaccinato gran parte della popolazione, continuando per un po’ a mantenere dei comportamenti prudenti, dovremmo vedere anche degli effetti sulla riduzione della circolazione del virus. Sulla terza dose, per ora, conviene astenersi dal solito dibattito fra pro e contro, iniziando a programmare gli eventuali richiami, da effettuare in maniera graduale, sulla base delle necessità e delle evidenze scientifiche.


Il sito del Ministero della Salute

 

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