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Totò Riina: vita, carriera criminale e morte del boss più sanguinario di Cosa Nostra

Salvatore Riina, detto “Totò u curtu”, per via della sua bassa statura e anche “La belva”, per via della spietata ferocia mostrata sia durante la Seconda Guerra di Mafia sia durante l’attacco frontale allo Stato, è stato boss del Clan dei Corleonesi e “Capo dei capi” di Cosa Nostra dal 1982 fino al suo arresto.

Totò Riina, il boss più sanguinario di Cosa Nostra

Salvatore Riina, detto Totò nacque a Corleone, 16 novembre 1930 è stato un mafioso italiano, boss di Cosa Nostra e considerato il capo dal 1982 fino al suo arresto, avvenuto il 15 gennaio 1993. Secondo molti, fu il boss più potente, pericoloso e sanguinario di tutta Cosa Nostra.

La sua prima grande pena da scontare risale al 1949 quando, a soli diciannove anni, deve scontare un periodo di detenzione lungo sei anni: la pena viene inflitta a causa dell’uccisione di un coetaneo durante una rissa; dopo la morte del rivale Riina sarebbe tornato a Corleone per assumere un ruolo di rilievo ai servizi del boss Luciano Liggio.

In questi anni il clan di Liggio si sarebbe scontrato con quello di Michele Navarra per il predominio nel paese, scatenando quella che sarebbe stata poi definita “guerra di Mafia”.



La latitanza

Totò Riina viene arrestato nuovamente nel 1963; sconta alcuni anni di prigione poi viene assolto nei due processi a suo carico, che si svolgono rispettivamente a Bari e Catanzaro. Il mafioso viene assegnato al soggiorno obbligato ma da subito riesce a risultare latitante.

E’ in questo periodo che Liggio viene arrestato; Riina prende il suo posto e al comando del clan cosiddetto “dei corleonesi”, accresce notevolmente il suo potere economico e finanziario grazie allo spaccio di droga e alla sistematica vittoria nelle gare d’appalto nelle opere edilizie.

Successivamente toglie di mezzo il boss Stefano Bontate e riesce a conquistare il potere su tutta l’organizzazione di “Cosa Nostra”: ordina diversi omicidi e realizza di fatto in questo periodo storico una campagna aggressiva contro lo Stato.



La cattura

È il 15 gennaio 1993 quando Riina viene catturato dal ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) dei Carabinieri; il boss ha già alle spalle due condanne con l’ergastolo come pena. Il suo arresto avviene nel centro di Palermo, al primo incrocio di fronte alla sua villa in via Bernini, dove Riina aveva trascorso 25 anni di latitanza.

Viene rinchiuso nel carcere speciale dell’Asinara, in Sardegna, dove rimane fino al mese di luglio del 1997. In seguito è trasferito al carcere di Marino del Tronto ad Ascoli dove, per circa tre anni, è sottoposto al “carcere duro” previsto per chi commette reati di mafia.

Il 12 marzo del 2001 viene revocato l’isolamento, consentendogli così la possibilità di vedere altre persone nell’ora di libertà.



I 26 ergastoli e la morte

Negli anni successivi si susseguono diversi processi per altri crimini commessi, per i quali vengono previsti altri ergastoli. Arriva a totalizzarne 26. Malato da tempo, il «capo dei capi» Totò Riina muore il 17 novembre 2017, il giorno dopo aver compiuto 87 anni. In coma da giorni dopo due interventi chirurgici, si spegne nel Reparto detenuti dell‘ospedale di Parma.

Nonostante l’isolamento, l’età e le condizioni precarie di salute, era ancora considerato dagli inquirenti il capo indiscusso di Cosa nostra.