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Tumori alle ovaie: nel 2024 oltre 5.400 nuovi casi, decifit genetici nel 50% delle pazienti

Tumori alle ovaie: nel 2024 5.400 nuovi casi
Tumori alle ovaie

Tumori alle ovaie: nel 2024 registrati oltre 5.400 nuovi casi, deficit genetici nel 50% delle pazienti. “Per il 2024, in Italia, si stimano circa 5.400 nuove diagnosi di tumore ovarico. La metà di queste pazienti presenta alterazioni nei geni responsabili della riparazione del DNA”. Tuttavia, esiste un esame, il test HRD, che “permette di identificare anche le mutazioni BRC1 e BRC2”. La sua esecuzione “dovrebbe rappresentare il primo passo in un approccio di medicina di precisione per determinare la terapia più adeguata e deve essere effettuata su tutte le pazienti al momento della diagnosi”. Queste affermazioni provengono da Anna Fagotti, presidente dell’ESGO, docente di Ostetricia e Ginecologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità Operativa Complessa per il tumore ovarico presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma, durante il 26° congresso della Società Europea di Oncologia Ginecologica in corso a Roma.

Tumori alle ovaie: nel 2024 5.400 nuovi casi

Secondo gli oncologi, l’esecuzione del test Hrd consente di personalizzare le terapie per ogni singola paziente. Tuttavia, in Italia la situazione attuale è disomogenea. Per questo motivo, durante il congresso Esgo 2025 è stata presentata la richiesta dell’Ovarian Cancer Commitment (Occ), che mira a garantire la rimborsabilità e un accesso uniforme al test Hrd al momento della diagnosi. Occ è un’iniziativa promossa da Esgo, dalla Rete europea dei gruppi di advocacy per il cancro ginecologico (Engage) e da AstraZeneca, con l’intento di aumentare la consapevolezza sulla malattia, migliorare la qualità della vita e la sopravvivenza delle donne affette da carcinoma ovarico.

Durante il Congresso Esgo, Occ ha presentato, in collaborazione con Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia), la versione italiana del sito Olivia (ovarian.gynecancer.org/it). Questa piattaforma digitale offre informazioni e supporto alle pazienti che stanno affrontando il percorso di cura, risultando utile anche per familiari, caregiver e professionisti del settore. Olivia si distingue per il suo ‘percorso del tumore ovarico’, un’interfaccia interattiva progettata per rispondere alle esigenze delle pazienti in ogni fase della malattia, dalla diagnosi ai trattamenti, fino all’assistenza continua e alla gestione di eventuali recidive. Oggi a Roma si terrà una conferenza stampa dedicata alle iniziative di Occ.

Che cos’è il tumore ovarico

Il tumore ovarico è considerato una delle “neoplasie ginecologiche più gravi”, come sottolinea Fagotti. “La sopravvivenza a cinque anni – prosegue – rimane bassa, attestandosi al 43%, anche perché circa l’80% delle donne scopre la malattia in fase avanzata. A differenza di quanto accade per i tumori del colon-retto, della mammella e della cervice uterina, in questo caso mancano strumenti di screening efficaci. Inoltre, il 70% delle pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato presenta una recidiva entro due anni. L’oncologia di precisione ha rivoluzionato la pratica clinica. Oggi sono disponibili terapie mirate, in particolare gli inibitori di Parp, che possono essere utilizzati in combinazione con farmaci anti-angiogenici come terapia di mantenimento di prima linea, capaci di indurre una remissione a lungo termine, contribuendo a prolungare la vita e a ritardare la progressione della malattia.”

“Il difetto di ricombinazione omologa costituisce un ‘errore’ nel processo di riparazione della doppia elica del DNA, riscontrato in circa il 50% dei casi di carcinoma ovarico”, spiega Fagotti. Da qui l’importanza del test HRD, “che dovrebbe essere effettuato su tutte le pazienti al momento della diagnosi – sottolinea Fagotti – e la cui realizzazione richiede piattaforme tecnologiche dotate di software in grado di generare algoritmi specifici, attualmente disponibili solo in pochi centri specializzati. Questo crea una significativa barriera all’accesso a queste analisi genetiche fondamentali e, di conseguenza, limita l’impiego delle terapie innovative. Pertanto, l’Occ richiede che vengano definiti i requisiti per i laboratori capaci di eseguire tali analisi e che vengano istituite reti laboratoristiche a livello regionale.”

“La proposta di rimborsabilità che non si limita più al singolo gene, come nel caso del Brca, ma si estende a pannelli multigenici, offre nuove speranze – afferma Nicoletta Cerana, presidente di Acto Italia (Alleanza contro il tumore ovarico Ets). Questa rappresenta una nuova visione per affrontare le mutazioni, evidenziando l’importanza della complementarità tra test genomici e genetici. Tuttavia, l’accesso equo a test molecolari che consentano di personalizzare le terapie per ogni paziente e la possibilità di ricevere cure nei centri di alta specialità, che effettuano un numero significativo di interventi chirurgici all’ovaio, non sono ancora una realtà in Italia. Come evidenziato nel policy paper di Occ, nel nostro Paese solo 3 centri superano i 100 interventi all’anno, mentre la maggior parte non raggiunge nemmeno i 20 casi annuali e non può ottenere la certificazione Esgo. Inoltre, solo 7 Regioni hanno identificato i centri di riferimento regionali e le loro specifiche.”

I centri di riferimento

“Attraverso Occ, sollecitiamo le Istituzioni a implementare rapidamente un Pdta nazionale che stabilisca i requisiti per i centri di riferimento – afferma Manuela Bignami, direttore di Loto OdV. Esgo ha individuato gli standard fondamentali, che includono, in particolare, la presenza di un chirurgo specializzato, un volume minimo di almeno 30 interventi all’anno, la disponibilità di team multidisciplinari e competenze oncologiche, oltre alla possibilità di partecipare a studi clinici. Anche il sito Olivia sottolinea l’importanza dei team multidisciplinari, l’unico approccio in grado di garantire un elevato standard qualitativo delle cure.” Occ ha creato Olivia con l’obiettivo di offrire a pazienti e caregiver un insieme completo di informazioni attraverso un percorso interattivo. Questo percorso copre vari aspetti, dalla diagnosi ai test genetici, dai trattamenti al follow-up. Include anche le testimonianze di donne che hanno affrontato la malattia, un glossario di termini medici tradotti in un linguaggio comprensibile, un elenco delle associazioni di pazienti e schede informative su argomenti come nutrizione, esercizio fisico, recidiva e supporto psico-oncologico.

“Tutte le informazioni presenti in Olivia sono state verificate da professionisti della salute e pazienti – evidenzia Fagotti -. Il periodo che segue la diagnosi è particolarmente complesso per le pazienti, che devono cercare di bilanciare le esigenze cliniche, comprese quelle legate al trattamento, con la necessità di mantenere una vita il più normale possibile. La versione inglese di Olivia è stata lanciata nel 2022 per affrontare le difficoltà che pazienti e familiari incontrano nella ricerca di informazioni affidabili. Negli anni successivi, sono state sviluppate versioni in altre lingue, ottenendo un ottimo riscontro, e da oggi la piattaforma è disponibile anche in italiano. Olivia ha il potenziale di cambiare l’esperienza della malattia, supportando non solo le pazienti e i caregiver, ma anche i professionisti della salute.”

Le problematiche

“Due ulteriori problematiche riguardano l’assenza di Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) specifici per la gestione delle persone ad alto rischio in 12 Regioni italiane e il mancato riconoscimento uniforme dell’esenzione D99 a livello nazionale – sottolinea Ornella Campanella, presidente di aBRCAdabra. Questa esenzione è rivolta a coloro che risultano positivi al test Brca, sia uomini che donne, e che presentano un elevato rischio di sviluppare tumori al seno, all’ovaio, al pancreas e alla prostata. È fondamentale che queste persone, siano esse portatrici sane o meno, vengano incluse in programmi di sorveglianza specifici, mirati alla diagnosi precoce di tali neoplasie. Attualmente, l’esenzione D99 è stata approvata solo in 10 Regioni. È quindi essenziale che venga riconosciuta in modo omogeneo su tutto il territorio, per ridurre le disparità nell’accesso alla prevenzione e il rischio di diagnosi tardive.”

“Richiediamo inoltre che entrambe le procedure chirurgiche di riduzione del rischio, sia per la salute mammaria che ginecologica, vengano incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea). Come sottolinea Campanella, è ampiamente dimostrato che, nelle donne portatrici della variante patogenetica Brca, la rimozione chirurgica del seno, delle tube e delle ovaie riduce significativamente il rischio di sviluppare, rispettivamente, il tumore al seno e quello ovarico.

La mortalità per carcinoma ovarico rimane elevata, ma la ricerca sta fornendo strumenti efficaci per affrontare e gestire la malattia – conclude Elena Murelli, membro della Commissione Sanità e Lavoro del Senato.” “È responsabilità delle Istituzioni assicurare un’assistenza completa per le pazienti, che comprenda ogni fase, dalla diagnosi ai test, dalle cure al supporto psico-oncologico, quest’ultimo di fondamentale importanza. Il policy paper di Occ, che riunisce società scientifiche, Istituzioni e associazioni di pazienti, rappresenta un documento che deve spingere il legislatore a risolvere le problematiche legate alla definizione del percorso diagnostico e terapeutico. Le Istituzioni devono seguire il ritmo della ricerca scientifica, che avanza sempre più rapidamente.

In Italia, i tempi di approvazione delle nuove molecole sono leggermente migliori rispetto alla media europea, ma è necessario ridurli ulteriormente, poiché i pazienti non possono permettersi di attendere. Un’altra criticità da affrontare è che nel nostro Paese l’approvazione del farmaco e quella del test corrispondente non avvengono simultaneamente – conclude Mirelli – il che spesso causa ritardi nell’accesso effettivo alle terapie innovative che richiedono l’esecuzione di analisi molecolari.” Pertanto, è fondamentale assicurare la rimborsabilità e un accesso uniforme al test Hrd al momento della diagnosi, in modo da permettere una pianificazione terapeutica su misura e l’implementazione di strategie di monitoraggio e/o riduzione del rischio, attraverso l’inclusione nei Livelli essenziali di assistenza (Lea).

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