È corsa al vaccino contro il coronavirus. E, nell’ultima settimana, in Russia, negli Stati Uniti, in Europa si registra una potente accelerazione nelle sperimentazioni.
Vaccino contro il coronavirus: quando arriverà?
Ma l’Organizzazione mondiale della sanità, attraverso la portavoce Margaret Harris, frena. E gli esperti consultati dal Mattino ribadiscono: l’antidoto al nuovo virus potrebbe essere disponibile non prima di marzo o aprile 2021. E il motivo è chiaro, indicato tra le righe dei primi dati scientifici pubblicati proprio in relazione agli studi più avanzati.
Si parte dallo “Sputnik”, il vaccino Russo
Si parte dallo “Sputnik”, il vaccino annunciato da Vladimir Putin. I risultati preliminari sono al centro di un articolo su Lancet e mostrano che il 100 per cento dei partecipanti ai test ha sviluppato anticorpi contro il SarsCov2, senza gravi effetti collaterali. Per l’esattezza, indicano la produzione di una risposta immunitaria in tutti i 76 volontari, adulti sani tra i 18 e 60 anni.
«Si tratta di un campione limitato, insufficiente per ritenere un prodotto efficace e sicuro», chiarisce Giovanni Maga, virologo e direttore dell’Istituto di genetica molecolare Cnr Igm, impegnato a sviluppare molecole in grado di spegnere l’infezione. Del resto, gli stessi autori della ricerca precisano che l’iter è in corso: sono state completate le fasi 1 e 2. «Resta da dimostrare che il farmaco effettivamente riduce le probabilità di ammalarsi», sintetizza Maga, citando il protocollo internazionale. Mancano, infatti, i dati scientifici «fondamentali della fase 3, quella cioè condotta su migliaia di persone, invece di un centinaio, che serve a verificare anche se il contagio avviene più spesso tra chi è stato vaccinato e chi no», aggiunge Maga, in linea con le dichiarazioni di Carlo Federico Perno, direttore dell’unità di Microbiologia dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.
Il virologo Giorgio Palù, dell’università di Padova, osserva che, in base a queste considerazioni, il vaccino russo sembra così «al livello degli altri in sperimentazione nel mondo». Difatti, il governo del Paranà, nel Brasile meridionale, ha annunciato che i test dovrebbero iniziare tra un mese. Con 10 mila operatori sanitari volontari e dopo il via libera dell’Agenzia nazionale di sorveglianza sanitaria.
Il Paese sudamericano è il primo a firmare una partnership per sviluppare lo “Sputnik”. Ciò rende improbabile che il prodotto sia disponibile per novembre. «Considerando i tempi tecnici di verifica, non inferiori al semestre, la fase 3 avrebbe dovuto iniziare già a gennaio», calcola Maga.
Sono 164 i “candidati”
Sono complessivamente 164 i “candidati” al vaglio, di cui 25 si stanno sperimentando sull’uomo, e 5 arrivati alla fase 3, l’ultima. Tra questi, c’è la Cina che ne ha sviluppati quattro, quello americano di Moderna e quello dell’università di Oxford. «Tutti i principali utilizzano una tecnologia nuova, diversa da quella applicata per il farmaco contro l’influenza», afferma Maga. Viene infatti usato un adenovirus, che causa il raffreddore, modificato in laboratorio per trasportare il gene della proteina Spike, quella che al SarsCov2 permette di entrare nelle cellule umane.
«L’obiettivo è indurre così la produzione di anticorpi in grandi quantità e in grado di resistere non solo sul breve periodo». Anche per questo «la fase 3 richiede più tempo, perché dobbiamo vedere quanto il vaccino sia veramente protettivo e quanto sia sicuro», è l’indicazione di Harris, dunque, condivisa nei laboratori. Anche il direttore della rivista Lancet, Richard Horton, ribadisce: «Nonostante ci siano molti candidati, possiamo aspettarci almeno un vaccino nei primi mesi del 2021». E «non subito per tutti».