La Regione Campania scrive al Ministero della Salute sulle regole per la somministrazione dei vaccini anti Covid. L’Unità di Crisi ha inviato una comunicazione al Ministero dopo le vicende degli ultimi giorni, in particolar modo quella relativa all’inoculazione del vaccino Astrazeneca agli under 60 ed i problemi legai alla seconda dose per milioni di italiani.
Vaccino Covid, la Campania scrive al Ministero della Salute
“Nel corso di una riunione dell’Unità di crisi convocata in data odierna sulla specifica tematica, e nel medesimo spirito di collaborazione già proficuamente sperimentato in occasione degli approfondimenti svolti, a suo tempo, sul complesso tema della vaccinazione dei pregressi contagiati Covid, si ritiene doveroso sottoporre alla riflessione di Codesto Ministero le valutazioni tecniche svolte dagli specialisti componenti dell’Unità di crisi sul tema oggetto della circolare e degli allegati pareri, che involgono tematiche di evidente complessità, rilevanza ed urgenza, in ragione dei diritti ed interessi coinvolti” si legge nella nota.
“Invero, sussistono ancora dubbi in merito a potenziali rischi connessi all’uso dei vaccini da adenovirus virale
in qualsiasi fascia di età – peraltro già legittimi tenuto conto dell’oscillante orientamento registrato in ordine
ai casi di eventi avversi connessi alla indicata tipologia di vaccini – e si rafforza l’esigenza di maggiore chiarezza dei pareri del CTS, nei quali, allo stato, si rinvengono mere “raccomandazioni” sull’uso dei vaccini.
Non sembra, inoltre, ancora sufficientemente chiaro, in termini di rispetto del principio di precauzione, l’effettiva ricorribilità, in condizioni di sicurezza, alla cd. “vaccinazione combinata”, che pure viene prospettata nella circolare in riscontro, la quale porrebbe comunque problemi di attuazione in sede di somministrazione della terza dose, la cui necessità è oggi data come probabile dalle stesse case produttrici”.
Il mix di vaccini
Sul tema dell’approccio “mixed-eterologo” dei vaccini contro il Covid, stato rilevato, in particolare, che l’attuale letteratura scientifica non appare aver ancora assunto una posizione univoca. Nel dettaglio, sono attualmente disponibili 2 studi in termini di dati in tal senso:
- lo studio spagnolo CombivacS trial, che ha arruolato 663 persone (18-59) che dopo una prima dose di vaccino Oxford-Vaxzevria, hanno ricevuto una seconda dose a 8 settimane con il vaccino ad mRNA di Pfizer-Biontech riscontrando buoni risultati in termini di efficacia e sicurezza con una tipologia di eventi avversi di grado non severo e gestibili ambulatorialmente.
- lo studio britannico based Combi-CoV (Pfizer-Biontech boost dopo prima dose Vaxzevria), che ha dimostrato, in un’analisi ad interim che su una popolazione over 50, un aumento della reattogenicità sistemica dopo la dose boost riportata dai partecipanti ai programmi vaccinali eterologhi rispetto ai programmi vaccinali omologhi, e questo è stato accompagnato da un aumento dell’uso di paracetamolo. Da notare che questi dati sono stati ottenuti in partecipanti di età pari o superiore a 50 anni e che gli autori affermano che la reattogenicità potrebbe essere maggiore nei gruppi di età più giovani suggerendo di fatto cautela in tale categoria, per la quale viene raccomandato un programma di vaccinazione misto in Germania, Francia, Svezia, Norvegia e Danimarca tra coloro che hanno ricevuto una dose primaria di ChAd, alla luce delle preoccupazioni relative alla trombocitopenia trombotica dopo la prima dose di ChAd.
I dati riferiti, oggettivamente discordanti in merito alla reattogenicità di un tale strategia combinata, in un
contesto in cui appare sempre più probabile una terza dose di vaccino (Moderna Boost Trial Fase 2
https://www.clinicaltrialsarena.com/news/moderna-vaccine-booster-antibody/) sembrano deporre per una
certa cautela nell’approcciarsi troppo velocemente ad una strategia di vaccinazione eterologa.
In particolare, somministrare alle persone la prima e la seconda dose di vaccini diversi probabilmente
potrebbe avere un senso, ma sulla base dei dati ad oggi disponibili non sembrano sussistere margini idonei
di affidabilità e sicurezza per la cittadinanza.
La richiesta della Regione
Per scongiurare nuove imprudenze – come nel caso degli eventi avversi rilevati in post-marketing con i vaccini
Vaxzevria e Johnson&Johnson – sembra inoltre necessario interrogarsi su che cosa accadrà se le persone dovessero aver bisogno di una terza dose per prolungare l’immunità o proteggersi contro le varianti emergenti del coronavirus. E’ noto, infatti, che dosi ripetute di vaccini a base di virus come l’Oxford-Vaxzevria tendono ad essere sempre meno efficaci, perché il sistema immunitario aumenta la risposta contro l’adenovirus; e che i vaccini a RNA, al contrario, tendono a innescare effetti collaterali più forti con dosi aggiunte.
È stato, altresì, rilevato che recentemente in Gran Bretagna sono stati presentati interessanti dati su una casistica piuttosto significativa di soggetti in sorveglianza post vaccinale. In particolare, l’Università di Oxford, in collaborazione con l’Office for National Statistics e il Department of Health and Social Care for England, ha
finalizzato uno studio in cui aveva incluso i dati di 1,7 milioni di risultati di tamponi auto-riferiti prelevati da
370.000 adulti britannici tra il 1 dicembre 2020 e il 3 aprile 2021.