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Vaccino Pfizer: efficace dopo 28 giorni, rischio di contagio tra le due dosi

Dopo l’autorizzazione in Regno Unito ed in Bahrain arrivano i primi chiarimenti sulla somministrazione del vaccino contro il Covid Pfizer-BioNTech. Mike Ryan, esperto dell’Oms, ha spiegato che “i dati ci dicono che la protezione potrebbe non durare per tutta la vita e quindi potrebbero verificarsi nuove infezioni, i vaccini non sono uguali a zero Covid”. Intanto, quello che emerge finora è che non sarà una passeggiata la somministrazione del vaccino.

Vaccino Covid: protezione totale dopo 28 giorni

Non ne basterà solo una, dopo 12 giorni dalla prima si svilupperà una parziale protezione dal virus, dopo altre tre settimane ci sarà la seconda dose, per poi arrivare al 28esimo giorno, quando, in teoria, il soggetto dovrebbe arrivare alla protezione totale. Almeno secondo quanto visto durante la sperimentazione.

Quindi, chi si sottoporrà alla prima vaccinazione dovrà mettere in conto che la protezione non sarà totale e quindi il rischio di infettarsi ci sarà ancora.

La conservazione delle dosi

C’è poi un secondo fattore che, come sottolineato da Il Messaggero, sta interessando molto gli scienziati. Non si tratta della conservazione a temperature inferiori ai -70 gradi, per quello l’Italia ha fatto sapere di essere prossima a organizzarsi con gli ultra frigoriferi. Il vaccino in questione dovrebbe, almeno secondo quanto dicono gli studi, avere una efficacia pari al 95%.

Quello che attira l’attenzione sembra essere proprio l’iniezione in sé. Il soggetto dovrà essere tenuto sotto controllo e, proprio per questo, la Regione Lazio ha comunicato che per il vaccino Pfizer la somministrazione avverrà solo in ospedale. Alcuni dei volontari che sono stati sottoposti alla fase 3 sono stati intervistati dalla Cnn. Tutti entusiasti, anche se hanno fatto capire che non è stata una passeggiata.

Gli effetti collaterali del vaccino

Per esempio, il 24enne canadese Yasir Batalavi, ha spiegato che “l‘iniezione vera e propria sembrava, all’inizio, proprio come un vaccino antinfluenzale, un piccolo pizzicotto sul braccio. Una volta uscito dall’ospedale la rigidità è peggiorata un po’. Era decisamente gestibile, ma in un certo senso non hai voglia di muovere il braccio troppo sopra la spalla. Gli effetti collaterali sono piuttosto localizzati”.

Con la seconda puntura è arrivata anche la febbre, bassa, e la stanchezza. Gli esperti hanno parlato di reazioni normali del sistema immunitario. Anzi, vuol dire che procede bene e che sta agendo. Sorge una domanda: coloro che non hanno proprio un sistema immunitario perfetto, magari perché soffrono di patologie neurodegenerative, cosa si devono aspettare? Sarebbe bello saperlo.

Italia: un sistema di vigilanza sanitaria”

Al di là di questo, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha comunque reso noto che per tutti i vaccini che l’Italia (insieme al resto dell’Unione europea) ha scelto, sarà previsto un sistema di vigilanza sanitaria per seguire gli sviluppi in coloro che sono stati vaccinati. Il professor Gianni Rezza, ha spiegato che “non c’è una evidenza che ci dica che chi è stato infetto o malato non possa essere vaccinato, quindi in teoria chiunque può fare il vaccino anti-Covid. È solo una questione di priorità. Se si dovessero decidere delle priorità, allora si potrebbe vaccinare prima chi non si è ammalato perché si presuppone che chi si è infettato abbia una certa protezione”.

Quindi, tutti sono vaccinabili, dipende solo dalle priorità. Anziani o giovani? I primi sono i più fragili, ma i secondi diffondono maggiormente il virus. “Nel caso di Sars-CoV-2 abbiamo bisogno di più dati, dobbiamo capire se i vaccini proteggeranno dalla malattia o anche dall’infezione”. In teoria quindi toccherebbe agli anziani. Ancora non si sa se anche in Italia ci saranno luoghi aperti solo a chi dimostra di essere stato vaccinato, prima si deve ancora capire il tipo di protezione che riesce a dare il vaccino.


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