“Se la variante indiana del Covid è stata trovata in Veneto, vuol dire che è già ampiamente diffusa anche altrove.” A dirlo è Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, dopo le dichiarazione del governatore Luca Zaia. “Il nostro Paese ha una bassissima capacità di sorveglianza, non ha la sensibilità necessaria per intercettare tempestivamente i mutanti“.
Covid: Crisanti “il nostro Paese ha una bassissima capacità di sorveglianza”
“Il problema è che – chiarisce all’Adnkronos Salute Crisanti – tutte queste nuove varianti rappresentano una minaccia sia alle riaperture, per le quali è già un problema la variante inglese, ma sono una minaccia anche al programma di vaccinazione. Vanno monitorate e noi ancora non abbiamo la capacità per farlo“. “Quella indiana – prosegue Crisanti – sembra una variante che ha un’elevata capacità di trasmissione e, sulla base delle mutazioni che la caratterizzano, potrebbe avere anche una certa resistenza al vaccino“. Se fosse confermato questo aspetto “si abbasserebbe la soglia di protezione. Ciò significa che se una persona vulnerabile è protetta dall’infezione da variante inglese/europea, con questa potrebbe non esserlo altrettanto e fare una malattia più grave“.
Il problema delle varianti
Il problema, però, per Crisanti è generale. Il dramma dell’India “non si può spiegare solo con carenze strutturali, non è questa e basta la questione. Al di là della situazione sanitaria particolare, può accadere ovunque e lo abbiamo visto: laddove c’è trasmissione elevata del virus, c’è più probabilità che emergano varianti e, se si aggiunge anche il vaccino, il rischio è che si creino varianti resistenti” alle iniezioni scudo. L’ideale quindi “sarebbe vaccinare in una situazione di chiusura – conclude il virologo – Invece noi stiamo facendo l’opposto. È impressionante. Incredibile“.