“Mentre mi toglievo la parrucca aprì la porta, mi guardò e disse “E’ un uomo! Non posso crederci”; raccontava così, in un’intervista di molti anni fa Adolfo Manzano Muñoz in arte Tito Le Duc, attore e e coreografo messicano, salito alla fama ed alla notorietà come una delle componenti del celebre trio delle “Sorelle Bandiera” lanciato da Renzo Arbore nel corso della Trasmissione “L’altra Domenica” nel 1976.
Lo stupore di Le Duc era comprensibile se si considera che nell’Italia perbenista degli anni settanta un’idea innovativa ma senza dubbio provocatoria di portare alle luci della ribalta tre uomini vestiti da donna come “Le sorelle Bandiera” sarebbe stata una scelta destinata comunque a far discutere.
L’ironia e l’intelligenza di Arbore, sempre famelico di esperienze nuove e di nuove sperimentazioni televisive legate al costume ed alla mutazione della società civile che, sopratutto durante il passaggio tra gli anni settanta e gli anni ottanta stava compiendo il cambiamento decisivo per il suo adattamento.
Il personaggio
Tito Le Duc, “Il Duca”, nasce a Verecruz, rinomato centro portuale nella baia di Campeche del Golfo del Messico il giorno di Natale del 1922. Dopo le sue prime esperienze cinematografiche sul finire degli anni cinquanta in film messicani come Musica de la noche e Musica de siempre per la regia di Tito Davison, decise di trasferirsi nel continente europeo e non tardi ottiene una parte in “La ragazza sotto il lenzuolo”, pellicola di Marino Girolami del 1961.
“Ho incominciato a ballare da giovane, volevo diventare un grande ballerino, ma, purtroppo ero troppo basso, non riuscivo a sollevare le ragazze. Sarei diventato un coreografo. Con Neil Hansen decidemmo di mettere in scena uno spettacolo tutto nostro”. Neil Hansen, australiano, sarebbe diventato un altro delle componenti delle Sorelle Bandiera assieme a Mauro Bronchi, scomparso lo scorso agosto all’età di settantacinque anni a Spoleto.
Il trio, esibendosi spesso en travesti nel rinomato locale l’Alibi, viene notato da Renzo Arbore, frequentatore del posto assieme a molti altri vip dell’epoca che confeziona ai tre il personaggio di tre sorelle eclettiche, divertenti, provocanti e sfacciate. “Le Sorelle Bandiera” (un nome che richiama una svirilizzazione dei fratelli Bandiera di risorgimentale memoria) fa il suo debutto nella trasmissione L’Altra Domenica e la sigla da loro cantata “Fatti più in là” diviene ottiene immediatamente un notevole successo di pubblico e di ascolti.
Fatti più in là viene pubblicato nel 1978 su un quarantotto giri quando ormai la notorietà delle Sorelle Bandiera è massima: i paparazzi impazziscono per loro, le trasmissioni e gli aneddoti sulle loro misteriose personalità si diffondono, la gente comune è piacevolmente stuzzicata per quella bonaria provocazione che tocca le corde intime di una sana rottura di schemi convenzionali a cui il Belpaese è avvezza data la rigida censura democristiana che aveva caratterizzato i costumi e la morale gli anni passati.
L’esordio cinematografico delle Sorelle Bandiera si deve al regista Romolo Guerrieri che nel film “L’importante è non farsi notare” realizzato nel 1979, assegna ai tre artisti il ruolo di tre spie americane che, travestite da donne, hanno il compito di boicottare i piani di tre agenti russe a loro volta travestite da uomini. La commedia è un misto di elementi tipici del film poliziottesco (genere che imperversava in quegli anni grazie a registi quali Enzo G. Castellari, Luciano Martino, Umberto Lenzi, Sergio Sollima) e numeri di rivista e di avanspettacolo oltre che una riproposizione dei successi che portarono in auge il trio. L’anno dopo, le Sorelle Bandiera partecipano al riuscitissimo film “Il Pap’occhio” di Renzo Arbore , film che propone allo spettatore tutte le genialate comiche del mattatore pugliese in una storia autobiografica tutta da gustare ambientata in Vaticano sotto il neopapato di Giovanni Paolo II intepretato da Manfred Freyberger e con un esordiente Roberto Benigni.
Il lento declino e la morte
A seguito di problemi cardiaci, Le Duc verrà sostituito nel gruppo da Franco Caracciolo, volto caro a Fellini che lo volle in 8 e mezzo e che morirà prematuramente nel 1992 a causa di complicazioni dovute all’Aids.
Senza la verve artistica di Tito Le Duc, sia Neil Hansen che Bronchi riconoscono che il trio non ha più molta strada avanti a sè e quando ai due amici giunse la notizia della sua scomparsa, avvenuta presso l’Ospedale San Giacomo, si resero conto che l’idillio immediato quanto fulmineo era davvero terminato.
Tito Le Duc negli ultimi anni risiedeva presso il Ristorante Otello alla Concordia; fu la proprietaria Gabriella Caporicci a darne la notizia della sua scomparsa. “Con la scomparsa di Tito Le Duc se ne va un pezzo dell’Altra domenica,del programma al quale sono sentimentalmente più legato, che mi ha fatto conoscere tanti amici, come era Tito”. fu il commento a caldo di Renzo Arbore.
Commosso e moderato, Neil Hansen ricorda :” Tito si era ritirato dalle scene, non lavorava più. Mauro ed io eravamo andati avanti nei rispettivi campi. Quella fu davvero la fine di un’epoca”. “Dopo tutti quegli anni insieme una parte di me se ne stava andando”, affermò Bronchi.
La memoria
Molto attiva, seppur frammentata negli anni, è stata l’attività di memoria dei due amici supersiti Neil Hansen (che, nel frattempo, era tornato in Australia) e Mauro Bronchi. Il documentario realizzato nel 2008 Le favolese Sorelle bandiera, realizzato dal regista Franco di Chiera, permette allo spettatore ed allo studioso di approfondire tramite immagini, pezzi filmati, interviste (tra gli altri, Vladimir Luxuria, prima estimatrice delle Sorelle) il fenomeno “Sorelle Bandiera” nel preciso contesto storico dell’epoca.
Una storia dello spettacolo al quale Le Sorelle Bandiera ed il caratterista Tito Le Duc, appartengono di diritto.