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Viadotti e ponti a rischio in Italia, servono cure urgenti per 2mila. Ecco la lista nera

Ponti e viadotti a rischio in Italia: ora c’è bisogno di cure ed interventi per la rete stradale e autostradale italiana. Soprattutto dopo la tragedia del Ponte Morandi e il crollo del viadotto “Madonna del Monte” a Savona, lungo la A6. Il rischio è diffuso e distribuito tra le competenze parallele dei concessionari autostradali, dello Stato italiano e di enti formalmente definanziati come le Province.

Ponti e viadotti a rischio in Italia

Come se non bastasse, il caso di Savona racconta che l’eventuale tutela della circolazione e dell’incolumità pubblica non abbraccia solo il tema delle infrastrutture come ponti, viadotti o gallerie, ma incrocia anche le competenze sulla tutela del territorio che li circonda, e dunque gli interventi contro il dissesto idrogeologico, che a sua volta sono attribuiti allo Stato e alle regioni. Un ingorgo, nel quale cerchiamo di fare chiarezza.

La cabina di regia per la sicurezza: Ansfisa

La sigla Ansfisa nasconde l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali, ovvero la tanto attesa cabina di regia promessa ed istituita dal precedente governo per vigilare sulle 7.317 infrastrutture tra viadotti, ponti e gallerie che interessano la rete in concessione ai 19 gestori autostradali in Italia.

L’Ansfisa però è ancora bloccata, in attesa del parere del Consiglio di Stato sul regolamento attuativo, in sostanza la norma che regola i suoi poteri e consente di dotarla di personale competente. Ad oggi è una scatola vuota, che oltretutto perde i pezzi: la Camera dei Deputati le ha tolto il 18 novembre scorso qualsiasi funzione di garanzia, trasformandola in un organo destinato a proporre la cultura della vigilanza. Tristemente, ci ha pensato piuttosto l’inchiesta in corso sulla tragedia del Ponte Morandi a fornire qualche coordinata in più alla nostra mappa del rischio.

A sorpresa, infatti, Spea Engineering, la società che nel Gruppo Autostrade ha compiti di controllo delle infrastrutture delegata al monitoraggio, nelle scorse settimane ha dichiarato alcune opere a basso tasso di conservazione. Un eufemismo che nasconde il forte rischio.

Ponti e viadotti a rischio in Italia: la lista

Primo della lista, il viadotto Coppetta sulla A7 pochi chilometri fuori da Genova, giudicato in pessime condizioni, paragonate da molti a quelle del Ponte Morandi prima del crollo.

Dalle carte emergono altri poi viadotti, come quello Bormida sulla A26, il Gargassa sempre sulla stressa autostrada, e ancora il Busalla sulla A7, Ponte ad Archi sulla A10 e i viadotti Velino e Bisagno sulla A12. L’epicentro del rischio resta la Liguria, ma alla black list si aggiungono anche il viadotto Moro sulla A14 altezza di Pescara e quello Paolillo sulla A16 Napoli/ Canosa, a pochi chilometri dalla città pugliese.

Le priorità

In questi giorni torna poi brutta attualità il famigerato e trascurato rapporto stilato dall’istituto di tecnologia delle costruzioni del Cnr nel giugno del 2018, cioè poche settimane prima del crollo del Ponte Morandi. Il Cnr identificava una lista di viadotti stradali e autostradali che destavano seria preoccupazione, tra cui proprio quello sul Polcevera.

Ritroviamo senza sorprese tutti quelli indicati successivamente dalla Spea, a cui però se ne aggiungono altri. Destavano preoccupazione il Manna (SS90) in Campania , l’Akragas (SS115) in Sicilia , il Cannavino (SS107) in Calabria e quelli sulla Milano-Meda (SP35) in Lombardia, oltre ad una criticità generale sulla intera A10 in Liguria.

Ad aggiungere ulteriore pressione ad una situazione disorientante pensa un dossier dell’Unione province italiane. Escludendo le Città metropolitane, sono loro a gestire oltre 100 mila chilometri di strade sul territorio del nostro Paese, e dunque almeno 30 mila tra ponti, viadotti e gallerie. Di queste opere, il rapporto ne indica ben 1.918 opere a priorità 1, cioè che necessitano di interventi urgenti.

Il quadro è sconfortante, con 328 criticità in Piemonte, 334 in Lombardia, 171 in Campania, 174 in Calabria e 153 in Puglia. Lo stesso rapporto indica 14.089 opere come da sottoporre a indagini tecnico diagnostiche, per scongiurare quei rischi di tenuta strutturale che possono essere accelerati in modo esponenziale da fenomeni di dissesto idrogeologico. A schema libero, senza più coordinate di spazio e di tempo.

I viadotti considerati a rischio

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